martedì 18 ottobre 2016

La tragedia del Baron Gautsch ricordata a Opatija



Non potevo concludere il mio taccuino croato di quest'estate 2016 senza sostare nuovamente ad Opatija (Abbazia), ultima tappa del nostro periplo, come del resto ho fatto con altri luoghi che mi hanno particolarmente colpito durante il viaggio.  (http://www.saranathan.it/2016/06/abbazia-sulla-tratta-ferroviaria-vienna.html). Niente a che vedere con le isole dalmate, con le vestigia romane, con i borghi medievali, con le fortificazioni, con i fiori che spuntano spontanei dagli anfratti delle vecchie pietre, con quel mare assoluto che lungo tutta la costa sembra essere l'unico protagonista del paesaggio. 
Nell'elegante Opatija si respira aria diversa, meno croata e più Mittel Europa, un'aria fatta certamente di brezza marina, ma anche di ville belle époque, di palazzi gran standing, di balconi in ferro battuto, di caffè e ristoranti eleganti e rétro, di un bellissimo lungomare che si chiama "Francesco Giuseppe", di giardini e passeggiate curatissimi, come una Merano sull'Adriatico o Baden Baden. Per forza, Abbazia era la località balneare preferita dall'aristocrazia viennese dell'impero austro-ungarico e poi del bel mondo europeo tout court, quello stesso  che ha dato il via al turismo d'élite nella seconda metà dell' '800.  Leggo che in tre soli momenti storici Abbazia ha messo da parte la sua vocazione turistica d'alto bordo: durante la prima guerra mondiale, quando le sue ville si sono trasformate in centri di accoglienza e ospedali per i soldati feriti, nel secondo conflitto mondiale, quando i nazisti hanno occupato hotel e case e la cittadina si è poi vista pesantemente distrutta (la ricostruzione inizierà negli anni '50) e infine negli anni 1991-95 durante la guerra d'Indipendenza croata, quando urgeva dare ospitalità a intere famiglie di rifugiati in cerca di riparo dal conflitto.
Il Museo Croato del Turismo, la  restaurata Villa Angiolina con i suoi magnifici trompe l'oeil, ospita una collezione permanente di vecchie fotografie, cartoline, opuscoli e poster che ripercorrono la storia del turismo (anche a Merano c'è un interessante museo similare) e, vista quest'estate, la mostra temporanea sulla tragedia del Baron Gautsch. Sapevo certo del Titanic, ma nulla dell'affondamento di questo piroscafo. Dunque, nell'agosto del 1914 la nave Baron Gautsch (così chiamata in onore del Barone Paul Gautsch von Frankethurn, ministro dell'Educazione e poi ministro degli Affari Interni dell'impero austro-ungarico) aveva il compito di trasportare i profughi della Bosnia ed Erzegovina e i villeggianti delle isole verso Trieste.

 Malgrado le indicazioni di rotta fornite al capitano, magari non sufficientemente precise, per evitare un campo minato allestito per difendere il porto di Pola, il piroscafo urta una mina che scoppia e nel giro di pochi minuti viene completamente inghiottito dal mare. Moriranno 177 persone fra cui numerose donne e bambini mentre cacciatorpedinieri provenienti da Pola riusciranno a soccorrere e trarre in salvo 159 persone. La ricerca delle responsabilità è stata lunga e complessa e credo di aver capito senza risultato, si sa delle vittime, ma a quanto pare non ci sono colpevoli «Per il Lloyd, per Trieste, per infinite famiglie dell’Adriatico, il lutto è assai grave, ma — come risultò nel corso di una serie di cause giudiziarie, che si può ben dire di eccezione (84 sentenze) intestate alla compagnia dalle famiglie delle vittime — nessuna responsabilità del disastro può essere attribuita nè al comandante della nave, capitano Winter, nè al Lloyd» ......".  Il caso rimane irrisolto" sintetizza laconicamente  una scheda informativa nella mostra del museo. Quel che è certo invece è che il Baron Gautsch si trova attualmente su un fondale a 40 metri di profondità. E' stato completamente colonizzato dalla fauna marina e centri diving vi organizzano immersioni per i subacquei. 
Sul porticciolo del lungomare invece c'è il punto di partenza dei leggendari barcaioli locali cui viene dedicata una scultura. Dediti dapprima al trasporto delle merci, col tempo hanno affinato le loro modeste barche, le hanno tenute linde e pulite, hanno messo dei cuscini per renderle più comode, hanno imparato le lingue e si sono dedicati alle gite in mare della facoltosa clientela. Prima a remi, poi a motore e adesso con la scritta "Taxi boat", l'attività turistica certamente meno faticosa e più redditizia dei barcaioli abbaziani col loro " Barke faren" pare faccia parte della storia cittadina.



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