martedì 22 ottobre 2019

dintorni bordolesi

Per alcuni mesi non ho scritto e ho già avuto modo di dirne le ragioni, ma questo non significa che come al solito non sia andata in giro, in particolare più volte a Bordeaux a visitare il mio amatissimo nipote. Nei vari soggiorni abbiamo sempre fatto almeno una gita fuori porta e sono alcune di queste escursioni che desidero oggi condividere, a conferma che l'Aquitania è magnifica e riserva sorprese a tutte le stagioni. Di Bordeaux città mostro solo un flash di gilet gialli nello scorso dicembre pacificamente seduti al ristorante con tanto di cappuccio rosso natalizio in testa, niente a che vedere con le violenze e i vandalismi di cui, in varie città di Francia, si sono drammaticamente resi responsabili altri loro compagni di dissenso e poi via, verso il bacino di Arcachon, il delta del fiume Eyre e Bigornos.
Pieno di fascino il delta del fiume Eyre dov'è difficile fare la differenza fra la terra e il mare. Per via dell'influenza delle maree oceaniche il fiume si ramifica in più corsi torrentizi che formeranno il delta, mosaico stupendo di aree selvatiche, luoghi prescelti da una fauna ricca e varia;  pare che ogni anno transitino da queste parti più di 260 specie di uccelli, fra cui aironi, martin pescatori, cicogne e beccaccini. Per la verità tutta questa popolazione con le ali non l'abbiamo vista, ma la natura era stupenda e il silenzio pressoché assoluto e magico. A pochi chilometri di distanza, proprio sulla punta estrema della baia, il porticciolo di Bigornos con le sue coloratissime capanne di pescatori.  Nuovamente un paesaggio idilliaco, capanne, pontili di legno, e le "pinasses", le piccole tradizionali barche a vela o a motore usate nel bacino di Arcachon per la pesca e l'ostricoltura, attraccate immobili  o che ondeggiano sull'acqua secondo ritmi e capricci delle maree.
Qualche chilometro di strada ancora e si resta muti a guardare la maestosità della Dune du Pilat, la più grande d'Europa, una duna mobile, sempre in movimento. Fra oceano e foresta e sotto l'influenza di venti e maree la Dune du Pilat si sposta infatti da uno a cinque metri all'anno verso est. E' la storia di infiniti granelli di sabbia provenienti dall'erosione dei massicci montagnosi dei Pirenei e del Massiccio Centrale accumulatisi in milioni di anni.
Di Arcachon avevo già scritto in un precedente post di svariati anni fa, ma è una cittadina talmente bella che è sempre un piacere ritornarci, particolarmente in una giornata invernale col sole (http://www.saranathan.it/2009/05/ostriche-ed-oceano.html). Si fanno ammirare le ville del "quartier d'hiver" in collina, ma anche le costruzioni sul mare non sono da meno. Scendendo a piedi verso il lungomare, mi ha sorpreso la vista di una sinagoga, il tempio Osiris, fatto costruire nel 1877 da Daniel Ifla Osiris per il matrimonio di una sua nipote. Il mecenate bordolese  ha in seguito fatto dono dell'edificio al Concistoro regionale israelita di Bordeaux che l'ha ufficialmente inaugurato nel 1891. Non so a quante persone ammonti la comunità ebraica locale, ma leggo che la sinagoga è aperta e operativa tutto l'anno. 

Bellissima scoperta del recente settembre invece  il Domaine des lacs d'Hostens nelle Lande girondine, un'area  naturale di 600 ettari e 5 laghi dalle numerose possibilità sportive fra nuotate, passeggiate, gite in canoa, a cavallo o in bici. Si può pescare in tutti i laghi, ma nuotare solo in quello di Lamothe e noi ne abbiamo approfittato alla grande, con successivo picnic serale sulla bella rena bianca. Quest'area era precedentemente un sito di estrazione di lignite,  un carbone fossile originatosi da foreste del secondario e del terziario, ma cessato lo sfruttamento industriale, a partire dal 1970 è iniziata la sua trasformazione  in area naturalistica per lo sport e lo svago. Davvero un buon esempio di riconversione a quante pare poco conosciuto dagli abitanti di Bordeaux, ma meglio così, eravamo in pochi e si stava proprio bene. 
Termino questo post con una lapidaria intuizione di Ben. Il "cogito ergo sum" di cartesiana memoria ha quasi quattro secoli di vita e risulta ormai datato, ecco perché l'artista Ben propone la sua rivisitazione adattata ai giorni nostri. E' vero che non l'ho trovata sui gabinetti pubblici di Bordeaux, bensì su quelli di Nizza, ma ho pensato che la riflessione filosofica non conosce geografie. 




sabato 12 ottobre 2019

ogni problema ha una soluzione

Lo stesso giorno mi sono trovata l'annuncio del Maestro Kouba nella cassetta delle lettere e quello del Prof. Oumar sotto il tergicristallo dell'automobile. Trattandosi di due biglietti pressoché identici, consegnati nello stesso giorno e che oltre tutto propongono gli stessi esiti  miracolistici, ho perfino pensato che forse si trattava della stessa persona che per allargare il raggio d'azione si è data due nomi e due diversi numeri telefonici. Magari sono solo diffidente e maligna, una o due ? il saperlo non ha nessuna importanza in fondo. Credo comunque nel significato delle coincidenze e mi sono chiesta quale fosse il messaggio subliminale per me.  Qualcosa non va? Devo darmi una regolata? Le stelle mi suggeriscono di fermarmi e riflettere?

Se nei secoli ci sono state più personalità dai poliedrici interessi, non certo il solo e solito Leonardo, perché non ammettere l'idea che anche nella contemporaneità c'è chi riassume in se doti e competenze di una fitta schiera di specialisti?? Avvocati, commercialisti, esperti del lavoro, medici, sessuologi, psicanalisti, psicologi, che sia amore, business, corpo o spirito in fondo questa pletora di "addetti ai lavori"se ne intendono di una cosa sola e oltretutto quando vai a consultarli spendi una consistente parcella e non ti offrono nessuna garanzia, mentre con il Maestro Kouba e il Prof. Oumar sei in una botte di ferro, saggiamente riconoscono che ogni problema ha una soluzione, lo scibile umano apre per loro lo scrigno di tutti i suoi segreti e c'è la certezza di risultati rapidi, efficaci e garantiti. Semplicemente fantastico!!

Riconosco di essere doppiamente stupita: in primis dalle straordinarie performances di questi tuttologi del duemila e in seconda istanza da tutte quelle persone che credono nei miracoli e con fiducia e portafoglio generoso si affidano a chi li sa compiere.




giovedì 3 ottobre 2019

A Palo Duro Canyon non solo guerra, anche Scuola d'Arte

Di primo mattino lasciamo San Antonio e attraversiamo a volo d'uccello il centro di Austin, giusto il tempo, japanese tourist style, di lasciarmi scattare una foto al suo Campidoglio in mattoni rossi di fine '800, il più vasto degli Stati Uniti, ulteriore dimostrazione che se in America tutto è grande, in Texas ancora di più. Troppo di corsa, ma il fatto è che abbiamo circa 1500 chilometri da fare per raggiungere casa a Denver in serata, prevista una breve sosta a Waco  dove i novelli sposi recupereranno tutti i regali di nozze e soprattutto un'altra al canyon di Palo Duro, all'estremità nord del Texas in una zona chiamata Panhandle Plains. Leggo che, anche se meno conosciuto, quello di Palo Duro è il secondo più grande degli Stati Uniti dopo il famosissimo Grand Canyon dell'Arizona e  che si sarebbe formato circa un milione di anni fa. Stupendi i colori delle diverse stratificazioni rocciose. ( http://www.saranathan.it/2013/05/loves-grand-canyon-state.html)
Non è certo questa la sede per parlare delle innumerevoli campagne militari, le guerre, i sanguinosi conflitti che hanno segnato i rapporti fra i colonizzatori bianchi e in seguito gli americani con le diverse e plurime tribù dei nativi,  uomini liberi in territori liberi senza padroni e si sa com'è andata a finire, con una loro totale sottomissione alla sovranità statunitense. Resta il fatto che in particolare nella seconda metà dell'800 sono stati stipulati vari trattati (Reservation Treatys) fra le parti per regolamentare le nuove divisioni territoriali e le sfere di competenza. Trattati a volte firmati per coercizione, trattati non sempre rispettati dai "bianchi" e non sempre inizialmente accettati dagli indiani. E' quest'ultimo il caso dell'area di Palo Duro dove nel settembre 1874 Apache, Comanches, Cheyennes, Kiowa e Arapahos si ritrovano a combattere contro le truppe comandate da Ranald S. Mackenzie, un ufficiale di carriera diplomatosi nella prestigiosa accademia militare di West Point che non esiterà  a requisire tutti i cavalli, bruciare i loro  accampamenti e disperdere gli andiani  che si vedranno costretti a ritornare a piedi nella riserva di Fort Sill.  La Red River War (dal nome del fiume che attraversa il canyon ) degli anni 1874-75 è la campagna finale per la definitiva conquista statunitense delle pianure indiane del sud.
                                                             
Oltre che di scontri e di battaglie fa piacere  leggere, nel Visitor Center, della Scuola d'Arte che dal 1936 al 1941 in particolare ha visto giovani artisti alla tavolozza per tradurre con i pennelli la selvaggia e maestosa bellezza che il luogo sapeva ispirare. Direttrice del dipartimento d'arte del West Texas, sarà Miss Isabel Robinson a fondare la scuola d'arte di Palo Duro incoraggiando i giovani a riunirsi nel vicino villaggio, osservare e lavorare insieme. ( senza titolo-1940- Isabel Robinson // senza titolo-1938- Harold D. Bugbee)

Immortalo i giovani sposi che si avventurano a piedi  su una collina del pianoro mentre noi pigramente li stiamo a guardare e poi via, di nuovo in macchina verso il Colorado e Denver. All'altezza di Amarillo, e siamo ancora in Texas, la macchina sbanda, abbiamo bucato una gomma. E va bene, ci sta, avventure di viaggio, ma mi chiedo se questo Amarillo non porti sfiga, all'andata nei suoi dintorni l'allerta tornado, al ritorno la gomma bucata e soprattutto un cielo diventato improvvisamente scuro, vento, pioggia e persino grandine tanto che non possiamo uscire subito dalla macchina per cambiare la ruota. Se non altro ho il piacere di constatare finalmente una cosa piccola perfino in Texas, le minuscole palline di grandine!!!
Pochi giorni dopo, all'alba, vengo accompagnata all'aeroporto di Denver per il rientro in Italia. Grazie a tutta la famiglia e all'amica Rita, è stata davvero una bella esperienza. All'esterno, nell'area aeroportuale mi colpisce vedere un immenso, inquietante cavallo blu dagli  occhi di fuoco, per fortuna all'interno ci sono anche delle belle fotografie. Ultima istantanea da condividere di questo viaggio americano, la sala fumatori di Washington dove ho sostato due ore in attesa di attraversare l'Atlantico. Solo due persone, enorme e vuota, incredibilmente vuota, non mi era mai capitato; in Europa succede il contrario, quando ci sono, sono piccole e affollatissime. I due superstiti si sono sparati tre sigarette di fila e io pure, fra impenitenti peccatori ci si capisce!!!






mercoledì 2 ottobre 2019

San Antonio: Alamo, "Davy" Crockett e River Walk

Primo insediamento civile istituito in Texas e dunque il comune più antico dello stato, San Antonio viene fondata come missione spagnola e avamposto coloniale nel 1718. Ci arriviamo nel primo pomeriggio con tutto il tempo a disposizione per la visita a Fort Alamo e un giro del fiume, la River Walk,  che attraversa  downtown,  i due must di cui la città va fiera, entrambi in pieno centro. Bella la prima impressione, una metropoli di più di un milione e mezzo di abitanti ma con quel mix di passato e di modernità che mi piace tanto, la scultura di acciaio che sfida il cielo e la carrozza rosa bonbon inghirlandata, lo skyline dei grattacieli e l'autobus dal sapore antico che percorre uno stradone  lungo e dritto da far west che sembra non finire mai.
Conflitti a mai finire, guerre, battaglie immane spargimento di sangue, un gran casino il tortuoso percorso di questi stati americani prima di raggiungere l'indipendenza; se col bastone di comando in Louisiana si sono alternati spagnoli, francesi e inglesi, in Texas si è aggiunta la longa manu dei messicani e le vicende di Alamo esemplificano questa storia così complessa. Con la denominazione iniziale di San Antonio de Valero,  si deve a missionari spagnoli col supporto di indigeni locali convertiti l'edificazione di Alamo, primo nucleo civile organizzato in questa area immensa e disabitata (1718-1835). Da missione religiosa diventerà fortezza e campo della famosa omonima battaglia del 6 marzo 1836, dopo un breve assedio di 12 giorni. Battaglia che rappresenta l'eroica fine di poche centinaia di rivoluzionari, per difendere senza successo il forte dall'assalto di migliaia di soldati messicani (1835-36).  Dopo l'annessione del Texas agli Stati Uniti nel 1845, Alamo verrà utilizzato come deposito militare e nel 1883 lo stato del Texas comprerà la missione trasformandola in monumento commemorativo in onore dei suoi strenui difensori. Più che una semplice visita al sito, quello dei milioni di americani che vi si recano, è piuttosto un pellegrinaggio, perché,  come per la battaglia di New Orleans, il luogo ha un alto valore simbolico, un'imprescindibile pagina di fierezza nazionale.   
Nei giardini della missione, oltre a numerosi scoiattoli ci troviamo anche e soprattutto una statua di "Davy" (David) Crockett che è morto proprio qui durante la battaglia. Con somma ignoranza lo credevo solo un mito dell'immaginario collettivo, lo credevo un eroe di cinema e fumetti,  con la sua immancabile giubba di renna a frange, un trapper delle cause giuste, sempre in giro a cavallo fra sterminate praterie. E invece altro che boscaiolo, cacciatore e scout, documentandomi scopro che è stato  militare di alto grado e uomo politico eletto più volte al Congresso degli Stati Uniti come rappresentante del Tennessee, suo stato natale. In una stanza della missione adibita a museo che riunisce foto, cimeli e documenti  della battaglia, ho visto un monile che racchiudeva una ciocca di capelli di Crockett. A proposito di reliquie, numerose pagode in Myanmar sostenevano di conservare
un frammento del Buddha Shakyamuni e ho pensato: paese che vai, capello che trovi.
Bellissimo poi l'altro must della città, la River Walk, non un solito lungofiume, ma una via pedonale lunga 24 chilometri che costeggia un suggestivo canale, il Rio San Antonio. Una curatissima oasi di verde lungo l'acqua che si insinua fra ristoranti, caffè e case in pieno centro città. 
Molto piacevole anche la passeggiata all'Hemisfair Park, una grande area che comprende suggestivi giardini e cascate, un centro congressi, l'Istituto di cultura texana ed una altissima torre con vista a 360 gradi su tutta la città; ci abbiamo preso un ricco aperitivo, io la solita spremuta di arancio e limone e Jacob il solito margarita, i due fratelli non brillano certo per originalità. Mostro da ultimo la hall dell'hotel Drury Plaza dove abbiamo dormito un'unica notte. La stanza condivisa con l'amica Rita l'ho trovata obsoleta e tristanzuola, ma la reception scenograficamente art déco anche se l'albergo è degli anni '70.