martedì 31 maggio 2016

Trieste

Il viaggio non finisce mai. ....
Bisogna vedere quello che non si è visto,
vedere di nuovo quel che si è già visto,
vedere in primavera quel che si è visto in estate,
vedere di giorno quel che si è visto di notte,
con il sole dove la prima volta pioveva,
vedere le messi verdi, il frutto maturo,
la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era.
Bisogna ritornare sui passi già dati,
per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.

(José Saramago: “Viaggio in Portogallo”  Bompiani 1996)

Rivedere i posti ha un fascino speciale. Ricordi e confronti aiutano la mente e scaldano il cuore. C’è chi, arrivato a una certa età, fa solo questo: non vuole vedere, preferisce rivedere. Il ritorno è un’arte, ma non tutti sono artisti.

(Beppe Severgnini:  "La vita è un viaggio"  RCS libri 2014) 

mercoledì 18 maggio 2016

Vienna-Budapest-Berlino- Weimar

Non ne ricordo precisamente il nome, Saul Bellow credo, ma ho letto tempo fa una frase di uno scrittore che ha fatto tilt nella mente: "dopo i 60 anni non ci si può più permettere il lusso di fare ciò che non piace". L'età purtroppo ce l'ho e condivido pienamente l'affermazione, ho così iniziato un processo lento ma inesorabile di pulizia e smaltimento. Via un sacco di paccottiglia, "la roba" come la chiamava Verga, oggetti accumulati o ricevuti in dono che non servono a niente se non come ricettacolo di polvere. Via serate mondane in cui si parla di tutto e di niente e nessuno ascolta, tanto inutile bla bla e quando torni a casa ti fa pure male la pancia perché hai mangiato troppo.Via frequentazioni fasulle che magari hai scambiato per amici da coltivare e invece non era il caso. Via rapporti complicati. Via la voglia di controllare tutto, di fare la prima della classe, gli ultimi, nei banchi in fondo, magari vengono rimandati a settembre, ma si divertono senz'altro molto di più.
Insomma, come si usava fare un tempo a Natale e a Pasqua un gran ripulisti dentro la casa dove abiti, ma anche in quella interiore alla ricerca dell'autentico e dell'essenziale, quello che piace veramente, che ha senso. E' salutare una maggiore attenzione a ciò che resta dopo la cernita, forse non molto, ma è quel che c'è di buono e che vale la pena conservare. In proposito mi viene in mente la tazzina di caffè che si beve a Napoli o a Palermo: è quasi vuota, solo in fondo più che caffè, schiuma di caffè, essenza di caffè, poco poco, ma è nettare degli dei. In questa bisaccia diventata più leggera, i libri, i viaggi e la scrittura hanno superato la selezione alla grande, sono dei valori sicuri, ci si può fidare; quando è possibile viaggi lunghi, mi è capitato anche sei settimane come in Cile, in Birmania o a Cuba, altre volte solo un fine settimana, pochissimi giorni per una capitale o semplicemente una città, comunque è sempre interessante e va bene così.

Mi piace viaggiare perché è un modo per interrogarsi, conoscere e comunicare, sono curiosa del mio prossimo, di come se la passa e di quel che combina; anche scrivere è un modo di comunicazione, diverso e più silente, ma pur sempre apertura e confronto verso l'altro da se. 
Beato Montaigne che ha fatto il giro del mondo e dell'animo umano restandosene comodamente seduto nella sua stanza. A me, per lungo tempo è dispiaciuto constatare che da sola producevo poco o niente, black out totale della mente, senza viaggiare-vedere-incontrare non si profila nessuna idea all'orizzonte, il bisogno costante di uno stimolo, di un'occasione esterni per riempire di nero il foglio bianco, ma poi in un'intervista sul Corriere ho letto che a Tiziano Terzani succedeva parimenti ed è stata una grande consolazione: se si doveva confrontare con questa impasse uno che oltre a fare il brillante giornalista ha scritto non so quanti libri, figuriamoci la sottoscritta, semplice blogger amatoriale....





Ecco, ho fatto outing che va tanto di moda e ringrazio l'editore Simonelli che mi ha dato spazio e fiducia, pubblicando gli ebook dei viaggi e ora quelli  delle "mie città". Io mi sono divertita viaggiando e scrivendone, spero che trovi piacere anche chi li vorrà leggere.

domenica 8 maggio 2016

Un'utopia urbana: la Cité Frugès a Pessac

Per questa mia venuta in Aquitania avevo chiesto all'amica Brigitte di organizzare una visita a Pessac, a una decina di chilometri da Bordeaux per visitare questo quartiere di periferia operaia interamente concepito da Le Corbusier e lei mi ha subito accontentata, la ringrazio di cuore. Attraversata la campagna bordelese ricca di castelli e tenute a vocazione vinicola e i prestigiosi cru della regione non hanno certo bisogno di presentazione, attraversato il centro di Pessac, comune di 60.000 anime con la sua bella piazza, eccoci in periferia, alla Cité Frugès, un angolo di modernità ante litteram, dove ci aspetta il gentilissimo Cyril Zozor con le sue spiegazioni e la visita di un modulo abitativo, purtroppo senza l'arredamento. (Tel. 0033 556365646- E-mail: lecorbusier.fruges@mairie-pessac.fr)

Da noi in Italia si cita sempre Adriano Olivetti come esempio di "imprenditore illuminato" e nella stessa direzione ho avuto modo di visitare il bellissimo Villaggio Crespi a Vaprio d'Adda , da queste parti si tratta di fare la conoscenza di Henry Frugès, industriale zuccheriero girondino che per fortuna non pensa solo al business, ma è anche un erudito, un curioso e un grande estimatore d'arte. Il Signor Frugès scopre le idee di Le Corbusier attraverso la lettura dell'opera "Verso un'architettura" pubblicata dall'architetto nel 1923 e ne sollecita la collaborazione. (http://www.saranathan.it/2011/03/bellitalia.html)
Il committente dapprima chiederà la realizzazione a Lège, vicino a Cap Ferret, del primo ridotto quartiere per i lavoratori realizzato dall'architetto e poi, immaginando una più corposa "città-giardino operaia", acquista una vasta radura fra i pini a Pessac, a sud-ovest di Bordeaux, cittadina ricca di verde, rinomata all'epoca come stazione climatica per la sua aria salubre ( non a caso vi si trovava un sanatorio) e facilmente raggiungibile grazie alla ferrovia proprio accanto. L'ambizione è quella di  edificarvi un agglomerato modello e di favorire così l'accesso alla proprietà delle classi meno favorite, nelle intenzioni, infatti, una casa non deve costare più di un anno di salario. Il Signor Fugès sogna in grande circa 200 moduli abitativi, ne vengono progettati 127 e ne saranno concretamente realizzati 51. 
Frutto dell'incontro fra un architetto urbanista audace, quel Charles-Eduard Jeanneret detto Le Corbusier e Henry Frugès, un industriale bordelese lungimirante, nasce così, fra il 1924 e il 1926 la Cité Frugès a Pessac che all'epoca rappresenta una vera rivoluzione sia sul piano dell'habitat sociale che su quello dell'architettura. Le Corbusier ha finalmente l'occasione di passare dalla teoria alla pratica, di applicare i suoi principi costruttivi base, di sperimentare la produzione in serie e il prefabbricato, la sua "filosofia del vivere" che rispetta l'uomo e le sue esigenze non resterà più solo sulla carta. Da parte loro gli abitanti godranno di ben 75 metri quadri di appartamento, di comodità moderne inimmaginabili all'epoca persino nelle ricche case borghesi di Bordeaux come ripostiglio-lavanderia, stanza da bagno con doccia, riscaldamento centralizzato, garage o tetti- terrazza, luminosi spazi individuali e collettivi per i diversi momenti del vivere quotidiano. 
Cinque tipologie di case, "la maison Gratte- Ciel", "la maison Arcade", "la maison Jumelle", "la maison Zig-Zag" e "la maison Quinconce", come un gioco del lego con i pezzi rispondenti a caratteristiche comuni che vengono assemblati ogni volta diversamente e la policromia quale protagonista. Il colore è un fattore determinante nella composizione della Cité Frugès, giochi cromatici non solo sulle pareti all'interno, ma anche negli esterni. Previste inizialmente bianche, strada facendo ci si accorgerà che il colore ha il potere di valorizzare gli elementi architettonici, da la sensazione di uniformità a certi gruppe di case o viceversa può creare alternanze, variazioni fra le diverse costruzioni. "J'ai toujours attaché la plus grande importance à la polychromie et j'ai cherché depuis des années à découvrir les fonctions naturelles de la couleur" ha avuto occasione di dire l'architetto Le Corbusier che però, non a caso, era anche pittore.
Ho chiesto a Cyril Zozor  se alla Cité Frugès si respira la stessa atmosfera comunitaria e associativa che ho riscontrato a Marsiglia alla Cité Radieuse  e la sua risposta è stata in parte negativa, ma bisogna tener conto delle differenze strutturali poiché a Marsiglia si tratta di un grande condominio mentre qui sono diverse unità immobiliari separate da giardini e strade alberate. L'esperto mi conferma comunque che presso gli abitanti c'è la consapevolezza di vivere in un luogo particolare che rappresenta una pagina di storia dell'architettura moderna del XX° secolo e la volontà di procedere alla salvaguardia delle unità nel rispetto dei piani originali anche se la ristrutturazione è molto più lunga e costosa se paragonata a una casa comune, vige infatti una severa normativa rispetto questa Zona di Protezione del Patrimonio Architettonico. Interessante leggere, sul prospetto informativo fornito, le affermazioni di alcuni inquilini: "On essaie de rester à l'essentiel. C'est une nouvelle façon de voir les choses et de vivre. C'est une philosophie de vie dictée par la qualité spéciale de la maison " oppure "Il est nécessaire d'habiter le lieu pour le comprendre" o ancora "Ces maisons correspondent à une date dans l'histoire de l'architecture moderne. Pour nous, elles appartiennent à tout le monde. Il faut le vivre comme une chance et avec la volonté d'ouvrir sa maison".  (http://www.saranathan.it/2013/10/la-casa-del-matto.html
Non c'entra niente con Pessac, ma con Bordeaux si e la strada del ritorno in città dopo l'interessante visita alla Cité Frugès ha fornito l'occasione per vedere la grande Place de la Victoire con la Porta d'Aquitania e soprattutto l'antica Università di Medicina che adesso ospita le facoltà di Scienze Umane. L'Università di Bordeaux ha una lunga storia di più di cinque secoli e la periferia della città brulica di modernissimi istituti e campus universitari certamente più avveniristici e attrezzati, ma ho trovato pieno di charme questo avamposto del sapere con le sue vecchie costruzioni e il moderno arredo verde.