giovedì 27 febbraio 2020

Capodimonte: Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica

Complice il sole che non guasta mai, il primo stupore visivo è la reggia di Capodimonte e il suo favoloso parco, storica residenza napoletana  dei Borbone, ma non solo, hanno avuto il privilegio di abitare questi luoghi anche i Bonaparte, Gioacchino Murat e i Savoia. Il palazzo, costruito a inizio '700 per volere di Carlo di Borbone per accogliere la collezione Farnese, è stato poi utilizzato come reggia e dal 1957 è sede del Museo Nazionale di Capodimonte. Il secondo stupore che ha incantato tutto i  sensi è stata la visita alla mostra "Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica" che si prolunga fino a giugno e merita davvero anche una breve scappata nella città partenopea solo per essere vista. In questi anni ho avuto il privilegio di vedere diverse esposizioni di altissimo livello e penso per esempio a quella su Fornasetti alla Triennale di Milano,  a quella di Sonia Delaunay a Parigi o a "Révolution des avant-gardes" a Montecarlo, ma "Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica" forse le batte tutte, perché oltre ai tesori delle collezioni museali e al loro favoloso allestimento, con indovinata sinergia fra le arti, rende protagonista anche la musica, quella delle grandi opere dei compositori napoletani  le cui settecentesche note risuonavano al teatro San Carlo, tempio indiscusso del pentagramma.
http://www.saranathan.it/2014/01/formula-segreta-fornasetti.html
http://www.saranathan.it/2015/03/sara-elievna-stern-alias-sonia-delaunay.html
http://www.saranathan.it/2015/08/da-chagall-malevitch-alba-e-tramonto-di.html
Niente a che vedere con un abituale allestimento museale dove nelle sale sfilano ordinatamente  serie di quadri, porcellane od oggetti, ma uno straordinario allestimento scenico come sottolinea nella sua presentazione alla mostra Sylvain  Bellenger, il direttore francese dell'istituzione napoletana: "Il mondo intero è un palcoscenico...Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica non è una mostra come le tante che avrai già visto, ma un'esposizione a metà strada tra la messa in scena di un'opera e un racconto storico. Si tratta infatti di una festa, una favola che celebra l'unità delle arti e racconta le avventure degli eroi dell'opera del Teatro di San Carlo che, stanchi delle storie di finzione dei libretti d'opera, fuggono dal teatro per incontrare la vera storia a Capodimonte. I personaggi di Paisiello, Pergolesi, Jommelli e molti altri, nel loro costume di scena, incontrano un mondo di porcellane, ritratti e mobili reali provenienti dalle residenze borboniche di Portici e Carditello, da Capodimonte e da Palazzo Reale; in una parola, la grande arte decorativa delle Manifatture volute da Carlo di Borbone...." 
Dopo Londra e Parigi, la Napoli del XVIII° secolo è, per grandezza, la terza città d'Europa nonché la capitale mondiale della musica.  I musicisti del Teatro San Carlo, formatisi nei famosi conservatori di musica della città, sono richiesti dalle corti europee di San Pietroburgo, Parigi, Londra e Vienna.  Con gli auricolari per vedere la mostra accompagnati dalla musica concernente la scenografia di ogni sala, ecco per iniziare  la musica sacra e quella profana. La prima trova un'ambientazione perfetta nelle numerosissime chiese barocche napoletane stracolme di preziosi manufatti , la seconda a Napoli ci sta di casa perché all'ombra del Vesuvio si fa musica dappertutto, nei caffè e nei circoli, in teatri e palazzi come per strade, vicoli e campagne. Al Teatro Nuovo, nel 1735, va in scena il Flaminio di Pergolesi, il nuovo genere della commedia in musica che si contrappone all'opera seria e si rivolge a tutti i ceti sociali. Riscuoteranno grande successo i musicisti Giovanni Paisiello e Domenico Cimarosa invitati perfino in Russia, alla corte di Caterina la Grande, despota illuminata e appassionata mecenate delle arti. 
Segue la sala dedicata al Gran Tour, quel viaggio iniziatico nelle antichità e   nel bello che  l'aristocratica intellighenzia europea doveva compiere per completare la sua formazione culturale. Napoli, gli scavi di Ercolano e Pompei promossi da Carlo di Borbone rappresentavano una meta irrinunciabile per intellettuali ed eruditi, scrittori e artisti di tutte le discipline.  "Non dimenticherò né la via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell'universo" scriverà Stendhal e la famosa frase "Vedi Napoli e poi muori" è di Goethe che nei suoi "Ricordi di viaggio in Italia" annota: " Domenica siamo stati a Pompei. Avvennero molti infortuni a questo mondo, ma nessuno che valga ad arrecare cotanta soddisfazione ai posteri. Non ho visto finora cosa più interessante di quella città sepolta. Le case vi sono piccole, ristrette, però dipinte tutte all'interno nel modo, il più grazioso. La porta della città, come parimenti i sepolcri, sono meravigliosi"Qui non si offre ai dotti visitatori solo la monumentalità romana, le cittadine vesuviane e le scoperte  degli scavi archeologici offrono anche testimonianze e frammenti di vita quotidiana. Circoleranno per l'Europa le immagini dei reperti custoditi nella Reggia di Portici che diventeranno i modelli per biscuit, porcellane e bronzi. Appena quattordicenne, il giovane Mozart resterà impressionato dal Demofoonte di Jommelli ascoltato al San Carlo.


Nella seconda metà del '700 il ritrovamento del Tempio di Iside a Pompei, uno dei più completi edifici di culto dell'Impero Romano,  suscita a Napoli vivo interesse per l'Egitto e l'Egittomania diventerà una vera moda in tutta Europa, in particolare dopo la napoleonica campagna d'Egitto. Studiosi e scienziati avevano accompagnato Napoleone nella sua avanzata conquistatrice e i loro resoconti appassionano perché offrono la scoperta di un mondo diverso, lontano e misterioso. Faraoni, divinità, piramidi e obelischi offrono l' ispirazione per nuovi soggetti e forme diventando elementi decorativi  per porcellane, mobili, oggetti. Anche la musica non è immune dall'infatuazione egiziana, Domenico Cimarosa se ne fa portatore alla corte di Russia musicando il libretto operistico "Cleopatra".
 Ma l'aggettivo "esotico" riassume un vasto significato e il gusto dell'epoca per mondi lontani non si dirige solo al sud del globo  verso le piramidi,  si spinge anche nel più lontano  est, a oriente, la Cina in particolare. Napoli è un grande porto mercantile, le navi scaricheranno dalle stive incredibili nuovi tesori,  le famose "cineserie", manna per amatori e collezionisti, ulteriori spunti creativi per gli abilissimi artigiani della Manifattura reale di Capodimonte  Si diffonde la voga di lacche nere e rosse che ricoprono  mobili e oggetti, nuove fantasie orientaleggianti per le ceramiche. Somma esemplificazione di questa esotica "air du temps" l'incredibile  salottino dalle pareti completamente ricoperte di decorazioni in porcellana che re Carlo di Borbone offre in dono alla consorte. E una volta ancora anche la musica risponde presente con l'opera buffa "L'idolo cinese" di Paisiello.    
Lascia  a bocca aperta l'allestimento del grande salone delle feste della reggia di Capodimonte parato a festa per Pulcinella, fra le maschere più famose della Commedia dell'Arte.  Pulcinella non ha bisogno di presentazioni, conosciamo tutti le sue caratteristiche e contraddizioni, ingenuo e scaltro, generoso e approfittatore, ossequioso servo del padrone eppure arrogante, una personalità poliedrica, apparentemente sempliciona, ricca in realtà di più sfaccettature.  Riflette lo scrittore Giorgio Manganelli :"Pulcinella è insieme stolto e sapiente, è eroe e vigliacco, forse l'unico eroe umanamente possibile"  confermando con le sue ambiguità le nostre stesse e quanto non solo il teatro, ma anche la realtà non siano in fondo altro che una rappresentazione.  "Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male" ha avuto occasione di dire in proposito il grande Eduardo.
E mentre nelle osterie, nei caffè, nei salotti aristocratici si gioca d'azzardo a più non posso ((il lotto era una passione partenopea anche secoli fa) perché il gioco è un rituale mondano e di svago che a Napoli accomuna tutti, ricchi e poveri, donne e uomini, le signore si distinguono per altre originalità, come quella di avere ogni giorno un'acconciatura più alta (non a caso si vede il parrucchiere al lavoro con la scala per sistemare l'impalcatura leonina), spingendosi fino a infilare tra i capelli carillon musicali e canarini gorgheggianti. Esplicita in proposito la scheda esplicativa della mostra: " La moda della parrucca è introdotta in Francia nel Seicento da Luigi XIII°, presto imitato da cortigiani, ambasciatori e visitatori stranieri che ne diffondono l'uso in patria. Le acconciature diventano poi sempre più complesse e rendono prestigioso il lavoro del parrucchiere, che realizza vere e proprie "costruzioni"di capelli, toupet e ornamenti vari costringendo le dame a trovare, nella veglia e nel sonno, posizioni congeniali a non rovinarle". Il più celebre e ambito di tutti pare sia stato Léonard, il coiffeur della regina Maria Antonietta che una volta all'anno lo "presta" alla sorella Maria Carolina alla corte di Napoli.

Che altro dire dopo una mostra del genere? Ero semplicemente commossa di fronte a tanta bellezza e ringrazio sentitamente tutti coloro che vi hanno contribuito.




giovedì 20 febbraio 2020

le catacombe di San Gennaro e il rione Sanità

Basilica Incoronata Madre del Buon Consiglio fotografata da Capodimonte
Dopo la visita a Capodimonte e all'attuale mostra, splendidi entrambi e ne scriverò presto, scendiamo scale e poi scale per arrivare alle Catacombe di San Gennaro sulla collina poco più sotto. Mi è piaciuto molto, anche questo è un luogo che vale veramente la pena di scoprire. Si è in presenza di una vera città sotterranea che si estende per più di 5800 metri quadrati. In conformità alle leggi che proibivano la sepoltura dei morti all'interno della città,  le catacombe di San Gennaro sono state scavate sulla collina di Capodimonte situata all'esterno della cinta civica della Napoli greco-romana. L'area è organizzata su due livelli sotterranei connessi fra loro e quello inferiore, il più antico, parte da una basilica ipogea (vano sotterraneo) dedicata a Sant'Agrippino. Riguardano il vestibolo superiore le sepolture cristiane a partire dal III° secolo come attestano anche le sacre immagini e i mosaici, il vestibolo inferiore del II° secolo, invece, ospita le sepolture pagane.   Non solo cimitero sotterraneo, anche luogo di fervente pellegrinaggio poiché qui sono state seppellite le reliquie di San Gennaro per quattro secoli (dagli inizi del 400 fino all'831) prime di essere definitivamente trasferite alla Basilica di Santa Stefania su cui verrà poi edificato il Duomo di Napoli. 
Accuratamente pulito e restaurato grazie all'impegno dell'associazione La Paranza costituita da giovani del quartiere che dal 2006 operano per il recupero e la valorizzazione delle potenzialità dell'area, ci si ritrova in un suggestivo labirinto di tombe, cunicoli e ampi vestiboli che celano affreschi, mosaici e ritratti dei primi secoli. Sono presenti tre diversi tipi di tombe in base alla classe sociale del caro estinto: il "cubiculum" una camera sotterranea aperta con affreschi murali per i benestanti, i "locula", ovvero piccole nicchie rettangolari sulle pareti per la classe media e le tombe sul pavimento riservate ai poveri; divisioni da vivi e anche da morti viene purtroppo da constatare. Visitando una città antica come Napoli, e le catacombe in particolare, si evidenziano più che mai le stratificazioni della storia, costruzioni e destinazioni d'uso che attraverso i secoli cambiano, si trasformano, si sovrappongono e risulta talvolta difficile sciogliere il bandolo della matassa, qui ci vorrebbe il filo di Arianna.
Ho scritto di questa difficoltà a capire ed orientarmi perché a forza di girare, entrate dalle Catacombe di San Gennaro ci siamo ritrovate ad uscire dall'ospedale San Gennaro dei Poveri. Già, il fatto è che per proteggere le catacombe nel IX° secolo si era fatto costruire un monastero benedettino dedicato ai Santi Gennaro ed Agrippina. Il complesso, abbandonato nel XIII° secolo, per volontà del Cardinale Carafa è divenuto duecento anni più tardi un ospedale. Strettamente contigui, per il nutrimento dell'anima c'è la Basilica di San Gennaro fuori le mura (nelle foto in alto a sinistra) e per la cura delle pene fisiche l'ex- monastero-ospedale tuttora operativo. Complicata la storia, comunque siamo nel cuore del rione Sanità, dove un tempo venivano seppelliti i defunti e dove invece ora c'è grande animazione di vivi. 

Rione Sanità, quante volte l'abbiamo sentito nominare, un quartiere difficile, dissestato, evidentemente bisognoso di interventi di tutti i tipi, dalla pulizia al restauro delle case, dal lavoro che non c'è per i giovani al recupero di  un tessuto sociale degradato facilmente preda della camorra che pesca a piene mani laddove lo Stato è latitante. Tipici del quartiere "i bassi", delle abitazioni composte da una sola stanza al piano terra dove il salotto è la strada, casa e bottega come si suol dire. Forse lentamente ci sono cenni di cambiamento, la vivacità della gente, i bassi, le bancarelle in ogni dove, le scale barocche fascinose anche se sgarrupate pare spingano artigiani, artisti e alternativi a cercar casa fra i vicoli dove scorre a fiumi quella autenticità, quella napoletanità  così peculiare della città nell'immaginario collettivo. Rione Sanità, alla ribalta per fatti di cronaca nera conseguenza di povertà e disagio sociale, ma  anche il quartiere dove è nato Totò, anche ispirazione e ribalta a cielo aperto  di capolavori  teatrali e filmici  vedi "l'Oro di Napoli" o "Ieri, oggi, domani" con una straordinaria Sofia Loren venditrice di sigarette di contrabbando che continua a sfornare figli per non andare in prigione, vedi "Il sindaco del rione Sanità" del grande Eduardo de Filippo riproposto di recente al cinema dal regista Mario Martone, vedi alcuni episodi della serie televisiva "Gomorra". 
Rione Sanità, si potrebbe dire "miserie e splendori" prendendo a prestito le parole dello scrittore Balzac. C'è di buono che si sono costituite diverse associazioni di volontariato che operano contro l'emarginazione  sociale e il degrado. Con le luci della sera e la mia incapacità di fare foto notturne i polli appesi in vetrina diventano rosa, è Halloween, per strade e vicoli i bambini sono allegramente in maschera, cappelle votive e teche di Madonne dappertutto vegliano, chissà se malgrado fede e preghiere hanno esaudito tante difficoltà. Arriviamo in piazza Sanità dove è ubicata l'omonima secentesca basilica che poggia sulle catacombe di San Gaudioso che purtroppo non abbiamo fatto in tempo a visitare. Un pannello spiega che la chiesa va comunemente sotto il nome di San Vincenzo, per il culto popolare di San Vincenzo Ferreri, uno dei santi più venerati dei napoletani che confidenzialmente lo chiamano il Monacone.