lunedì 27 febbraio 2012

Cile: el regreso del moicano

Fantastico Cile, non finisce di sorprendere! Lo scenario è totalmente cambiato, dalla paesaggisticamente straordinaria, ma climaticamente inospitale Patagonia siamo finite alla Serena col suo sole accecante e il fragore dell'oceano che fa sentire sempre la sua possente voce. Siamo al Chico nord, come lo chiamano qui, il piccolo nord.
 Il nostro programma degli ultimi giorni per la verità era diverso, avevamo previsto la ciliegina finale, San Pedro e il deserto dell'Atacama,  ma questo paese deve fare drammaticamente e costantemente i conti con ogni sorta di calamità naturale. Sull'Atacama si è abbattuto nei giorni scorsi il cosiddetto "invierno boliviano", piogge torrenziali, un fiume è straripato e molte strade sono chiuse ed inaccessibili, sconsigliato andarci e momenti difficilissimi per le popolazioni locali.

 Scriverò al mio ritorno milanese della Serena, questa bella e tranquilla città coloniale e della gita alla valle dell'Elqui, tutti vigneti dove si produce il famoso brandy locale, il Pisco, ma subito mi preme raccontare della nostra visita in gita organizzata di un giorno alla Riserva naturale del pinguino di Humboldt, alla Puenta Choros, 120 chilometri a nord dalla Serena. Già la strada per arrivarci è uno spettacolo, si passa da paesaggi semi desertici a sabbia e dune, sembra di essere nel deserto del Sahara.

Arrivate in pulmino alla Puenta Choros, un'ora su una barcarola per scendere sull'Isla Damas e girare invece in barca intorno all'isla Choros, la riserva, che rispettosamente appartiene agli animali e non agli uomini. Le onde ci sono, eccome, uno seduto dietro a noi ad ogni sussulto del mare  non fa che esclamare "madre de Dios". Ridiamo come matte.
 Gastone e la sottoscritta affrontano invece intrepidamente i marosi perché per sicurezza ci siamo trangugiate una pillola di Mercalme, i navigatori si mostrano espertissimi e poi il nostro giubbotto di salvataggio e la nostra scialuppa si chiamano "il regreso del moicano", il ritorno del moicano, un nome una garanzia, meglio di un film di Sergio Leone.
Non sono una naturalista esperta e non riesco nemmeno a ricordare tutte le informazioni dateci dalla guida della riserva che ci accompagnava, dico solo che abbiamo incontrato vari tipi di gabbiani e di cormorani, i pinguini di Humboldt e leoni di mare, questi ultimi pigramente adagiati al sole. Il maschio riconoscibile perché scuro e più grosso è circondato dal suo harem, che evidentemente non è unica prerogativa del genere umano.
E a questo punto devo dire una verità lapalissiana che probabilmente ho già avuto modo di scrivere, ma che ripeto senza problema, nella vita cioè ci vuole sempre e comunque fortuna, "suerte" come dicono da queste parti e neanche i pinguini ne sono esentati.
 Si, ci vuole "suerte" per nascere pinguino di Humboldt. Ho visto diversi reportage sulla vita dei pinguini di altre specie, poveri cristi, una vita faticosissima, le trasmigrazioni, oltre 100 chilometri al giorno per cercare il cibo per i piccoli nel gelo e nella tormenta, tanti nemici in agguato, i piccoli che spesso muoiono di fame.

 Questi di Humboldt, simpaticissimi, alti 30 centimetri, una vera pacchia, vivono tutto l'anno sull'isola, solo una piccola salitina sulle rocce in alto per deporre le uova, qualche su e giù giornaliero per provvedere alla prole, spesso teporino del sole e sciambola, l'ozio assicurato. Ne sono certa, se fossi pinguino, vorrei essere un pinguino di Humboldt. Sull'isola di Choros hanno un solo vero nemico, la nutria, che pare adori la frittata, ma in fondo quale vita non ha le sue difficoltà?
A Choros, loro ci stanno da dio, infatti nel 1990 quando è stata creata la riserva erano in 600 e adesso sono 6000.
Pinguini di Humboldt, mi sono perdutamente innamorata di voi!
  

domenica 26 febbraio 2012

Cile: il gigante

Di nome fa Rafael, il suo fronte è lungo due chilometri e mezzo, di altezza misura sessanta metri. All'inizio da lontano appare solo un minuscolo triangolo bianco, poi progressivamente i suoi contorni si delineano ed appare in tutta la sua grandiosità.
Possente ed imprevedibile, sempre in movimento ed ogni volta diverso, Rafael è un gigante, ma non solo per le sue dimensioni. E' un gigante per il timore ed il rispetto che incute, prima di incontrarlo il capitano ci spiega come procederà per avvicinarlo e che tutto dipenderà dalle condizioni atmosferiche. E' un gigante per le attenzioni e gli studi di cui è fatto oggetto, di lui si sa tutto, è già presente nelle cartografie del 1780, poi con ancora maggiore precisione in mappe del 1873, nel giorno precedente assisteremo a vari filmati informativi. Rafael è un gigante perché va affrontato con molta precauzione, mille raccomandazioni sul comportamento da adottare quando saremo sugli zodiac.
Rafael è un gigante, tutto lo dice intorno a lui; il silenzio, interrotto solo dal fragore di qualche pezzo di ghiaccio che improvvisamente si stacca, la maestosità del paesaggio, la magia dei suoi colori che testimoniano dei suoi anni e della sua storia, dai neri ai bianchi passando per i blu e gli azzurri, un aurea di sacro che come una coltre misteriosa ed impenetrabile tutto avvolge.
Il grande Rafael è stanco, lentamente ma inesorabilmente si sta ritraendo, sulle rocce delle pareti laterali in grande ci sono scritti degli anni, fin dove arrivava prima,  i segni del suo cammino a ritroso.   
Con gli zodiac procediamo lentamente e con precauzione tra un mondo metafisico che De Chirico adorerebbe, isolotti di ghiaccio dalle forme più insolite, come mondi alla deriva. Non solo genericamente "pezzi di ghiaccio", visti da vicino rivelano infinite complessità, sfaccettature articolate, ricchezza cromatica.
Sono profondamente commossa e grata per la fortuna di poter vedere ciò che vedo; di certi blocchi emerge solo una modesta superficie, ma si intravede chiaramente che sotto c'è tutto un mondo. Mi vengono alla mente la volpe del Piccolo Principe quando afferma che l'essenziale è invisibile agli occhi o Baudelaire con le sue sinestesie misteriose o tutti quei pensatori e filosofi che ci ricordano quanto infinitesimali siano i frammenti di realtà che riusciamo a cogliere; osservando quei pezzi di ghiaccio la loro intuizione poetica e filosofica mi diventa evidente. 

Pare che almeno una volta nella vita i cileni sognino di andare alla laguna Rafael e al suo ghiacciaio. Ogni paese ha i suoi luoghi mitici, chi da noi non favoleggia di Venezia o Capri? Forse perché si trova alla “fine del mondo”, forse perché è di difficile accesso, solo in nave e solo proveniendo dal nord, forse perché è meno conosciuto e più esclusivo, qui non ci sono le masse di turisti che invadono il Perito Moreno, Punta Arenas o Puerto Natales. Il Gigante, da vero Gigante, si mostra con elitaria austerità all'incontro, esige rispetto e silenzio. 



mercoledì 22 febbraio 2012

fra i canali patagonici

E un sabato sera alle 18 è iniziata la grande avventura fra i canali patagonici settentrionali e il golfo di Corcovado, una crociera di quattro giorni con la Navimag, una delle compagnie della regione specializzate in questo tipo di viaggi. Ci siamo imbarcate a Castro sull'isola di Chiloè direzione laguna San Rafael e l'omonimo ghiacciaio. Archipelago de Las Guaitecas con Melinka e l'isola Jéchica, canale Pérez Norte e Canal Costa, Paso Quesahuén, Golfo Elefantes, Rio Témpanos, Monte San Valentìn (4.058 metri, il più alto della Patagonia), il ghiaccaio Rafael, Chaìten….non solo luoghi e geografie, ma anche semplicemente nomi a me finora totalmente sconosciuti che improvvisamente incontrano la mia storia.

Aiuto, che emozione, io non le avevo mai viste tali immensità, distese senza fine di catene montuose, acque e terre, non l'ho mai visto un ghiacciaio sospeso sull'acqua e pare che se il cielo è coperto e c'è un po' di nebbiolina è ancora meglio, si potranno ammirare i colori del ghiaccio, dal nero al blu intenso, all'azzurro fino al bianco, stratificazioni delle varie età progressivamente sempre più compatte e senza aria. Le crociere in Patagonia sono generalmente costose, abbiamo potuto usufruire di un'offerta promozionale e francamente non ce l'aspettavamo una nave così bella e nuova di pacca, una stanza ed un letto che manco a Milano a casa mia sono così confortevoli, doccia abbondante e caldissima, i migliori pasti da quando siamo in Cile dove, diciamolo pure, non è in generale una cucina da gran gourmet e poi come lungo tutto il viaggio, personale e gente in genere di una gentilezza straordinaria, un incontro umano reale e fa proprio piacere.
Gli asiatici sorridono sempre, ma c'è la barriera della lingua e di culture totalmente diverse, chi lo capisce che cosa pensano veramente, anche i cubani erano squisiti ma aleggiava sempre il sospetto di una disponibilità non disinteressata, avevano talmente bisogno di tutto che puntualmente chiedevano qualcosa o ci dicevano “portami via con te”, ho ricevuto persino io tre proposte di matrimonio, che è tutto dire. Questa imbarcazione è stata fatta a Valdivia e tutto il personale a bordo è giovane e cileno, molti hanno d'inverno altre attività e arrotondano d'estate con le crociere, a parte il capitano che per fortuna un pò è pelato e un pò ha i capelli bianchi e meno male, avrà più esperienza.

Christian, uno dei ragazzi del personale mi dice che conosce molto bene Nicola di Bari e ci mettiamo a canticchiare insieme.....ho preso la chitarra, e canto per te, amore, amore, amore....
-e come è possibile?- faccio io-sei giovanissimo
-lo ascoltavamo sempre in macchina negli interminabili chilometri per gli spostamenti cileni- mi risponde- è il cantante preferito di mio padre.
Alla nostra tavola numero 8 ci sono due coppie di Santiago, uno spagnolo che però abita a Buenos Aires con la sua deliziosa compagna fotografa del Portorico e “las dos chicas italianas” come veniamo chiamate. L'unica coppia francese in circolazione ci si è attaccata come la carta moschicida, si sentono spaesati, Gastone e la sottoscritta siamo le uniche con cui possono parlare. Della grandeur francese qui se ne fregano, siamo in un mondo completamente spagnolo-sudamericano. Una volta a tavola si parlava dell'ossessione in certi paesi dell'America latina per la chirurgia plastica sul corpo (Colombia, Venezuela, Argentina, Brasile) e la portoricana Carmen racconta che in Colombia va per la maggiore una telenovela dal titolo molto significativo “Sin tetas no hay paraìso”, senza tette non c'è paradiso, esilarante e tristissimo nel contempo.
Dopo l'abituale presentazione dell'équipe di bordo e l'aperitivo di benvenuto col comandante, tutti al lavoro, sirena spiegata e grandi esercitazioni di salvataggio; quattro potenti zodiac per portarci domani a distanza ravvicinata col gigante di ghiaccio e ci spiegano che sono molto più agili e sicuri; ognuno ha un nome, spiccano Condor e Garibaldi e naturalmente preferirei il secondo. Nel frattempo la nave va, cieli, acque e terre formano un universo assolutamente maestoso, nello spazio di mezz'ora, tranne neve e grandine, si attraversa di tutto, il tempo cambia costantemente e a velocità supersonica, diluvio universale, sole, pioggia e sole insieme, vento, squarci di cielo blu, nuvole bianche, nuvole nere come la pece, alte e basse, nebbia, tre arcobaleni diversi nello spazio di pochi minuti, tutte le gradazioni dei neri, dei grigi, dei bianchi, il verde di certi isolotti e l'oro dei raggi solari. Incredibile, sono stupita, felice e disorientata, ma pare sia questa.... la Patagonia!
Praticamente vivo sul ponte di prua insaziabile del panorama, scruto ansiosa la superficie dell'acqua, magari avrò di nuovo la fortuna di intravedere dei delfini o la pinna dorsale triangolare di un'orca come è successo qualche ora fa, nel frattempo sulla cosiddetta “roccia bianca”, foche e leoni marini si riposano pigri, riesco a sentire le loro voci e mi sembrano terribili, nell'altra metà dell'isolotto degli abitanti bianchi, da lontano sembravano pinguini ma poi hanno spiccato il volo. Grande dibattito fra i passeggeri in osservazione e tutti d'accordo, non si tratta di pinguini mutanti, sono dei cormorani.
E un giorno è passato. Credo sia arrivato il momento di rileggere seriamente Chatwin, potrò ora meglio comprendere la sua fascinazione per questa straordinaria terra, “ el fin del mundo”.