martedì 29 maggio 2018

e la musica aleggia sul lago Maggiore

                                                                isola Madre
Fortunatamente la bellezza in ogni sua manifestazione e in prima linea la natura, un paesaggio, sono un godimento comune e parlano al cuore di tutti, ma ci sono certi luoghi che più di altri sanno suscitare emozioni. In particolare hanno fiuto nel riconoscerli gli uomini di fede che fin dall'antichità edificano  templi, monasteri, chiostri, in posti bellissimi che nutrono lo spirito, dove anche il silenzio parla. Li sanno scegliere gli artisti che vedendo "oltre" colgono e traducono nelle loro opere i contorni che li circondano, non a caso la luce del sud ha attirato tanti pittori del 900 in Costa Azzurra, non a caso luoghi come Pont Aven, Honfleur, Barbizon nella foresta di Fontainebleau, solo per citarne alcuni, hanno visto sfilare nugoli di tavolozze  e pennelli col risultato di olii capolavori che ben conosciamo. (nelle foto la Pieve di Baveno e l'affiche del limitrofo spazio museale GRANUM dedicato al Granito Rosa, risorsa storica ed economica della zona)
E se la Senna, musa ispiratrice della pittura en plein air degli impressionisti, o il fiume Hudson, hanno dato vita addirittura a movimenti pittorici, le acque del lago Maggiore e i suoi paesaggi ondeggiano a quanto pare sugli spartiti musicali in quanto "buen retiro" estivo di pezzi da novanta del pentagramma  e alludo al compositore Umberto Giordano, ai maestri Arturo Toscanini e Gianandrea Gavazzeni, ai proprietari della casa editrice musicale Sonzogno. Altro che Maldive, tutti sul lago Maggiore a passare le vacanze? Che cosa li ha spinti a soggiornare da queste parti? La vicinanza a Milano e alla Scala? Le dimore splendide che hanno avuto il privilegio di abitare? La possibilità di sinergiche frequentazioni fra artisti dalle passioni comuni? Il silenzio e la quiete lacustri? Ignoro la risposta, ma posso ipotizzare che la responsabile della loro scelta sia semplicemente la rispettosa e discreta bellezza di questi luoghi. ( nelle foto L'Isolino di San Giovanni dimora di Toscanini a Pallanza.-  Copia del busto di Toscanini dello scultore Troubetzkoy in occasione del centenario della nascita del Maestro nel parco di Villa Giulia) 
 Villa Fedora costruita a fine '800 deve il suo nome all'omonima opera che Umberto Giordano ha composto nel 1898. Il compositore l'ha ricevuta in dono dal suocero, abbiente industriale alberghiero. Il musicista vi ha vissuto per vent'anni primi di trasferirsi a Milano nel 1924. Terminati gli anni sereni del periodo del compositore, durante la seconda guerra mondiale la villa è teatro di una storia tristissima poiché sarà saccheggiata dalle SS e la famiglia ebrea Serman, nuova proprietaria dei luoghi,  verrà inghiottita dalla barbarie nazista. Attualmente è proprietà della Camera di Commercio VCO (Verbano, Cusio, Ossola). " Il primo ricordo che ho di lui da bambino è nella nostra casa a Baveno sul Lago (Lago Maggiore), dove andavamo nel mese di settembre. Era l'abitazione dove il nonno trascorreva le sue estati, da giugno fino al termine della stagione. Era sempre immerso nel suo studio: suonava il pianoforte al mattino e approfondiva le partiture durante il giorno. Da bambino, era proprio questo: usciva dallo studio e si pranzava tutti assieme all'una. Arrivava da noi indossando una giacca di lino blu...Suonava ogni mattino il Clavicembalo ben temperato di Bach, che definiva “la mia medicina quotidiana”  scrive il nipote Paolo ricordando il nonno Gianandrea Gavazzeni. ( nelle foto Villa Fedora e l'Isolino di San Giovanni)
                                                        i castelli di Cannero

Per Gavazzeni e certo non solo per lui, Toscanini era un idolo, l'aveva visto tante volte dirigere e incontrato spesso all'Isolino di San Giovanni. L'Isolino è proprietà privata perciò inaccessibile al pubblico, ma nel  seicentesco palazzo borromeo nascosto fra gli alberi, Toscanini ha risieduto per le sue vacanze estive dal 1927 al 1952 con l'interruzione degli anni americani per la sua coraggiosa opposizione alle leggi razziali del '38 e alla follia hitleriana. Leggo che dei suoi numerosi soggiorni sul lago restano molte fotografie che lo ritraggono a passeggio sull'isola, in giro in motoscafo e a pranzo, sempre in compagnia di numerosi convitati, al ristorante "Verbano" sull'isola dei Pescatori. L'Isolino di San Giovanni si trova a pochi metri d'acqua da Villa Giulia, storica dimora della famiglia Branca,si,  proprio quelli che hanno inventato il famoso Fernet. E' ora proprietà del comune di Verbania e sede del Centro ricerca Arte Attuale dove si tengono esposizioni ed eventi culturali. (Pallanza: nelle foto Villa Giulia col suo giardino e l'ingresso del Museo del Paesaggio col suo cortile interno). 

Portandomi in giro a visitare tante bellezze, mi fa riflettere a questo humus musicale del lago l'amico ospite Alberto Smeraldi che, ingegnere chimico di professione ma appassionato melomane per vocazione, a fine anni '90 ha saputo cogliere il genius loci con una idea vincente, ovvero il Festival Umberto Giordano di Baveno. Già, proprio lui, tuttora Presidente della Nuova Polifonica Ambrosiana,  è discreto e non se la tira, ma gli si devono serate musicali nel parco del municipio di Orta San Giulio e soprattutto l'ideazione e la creazione per svariati anni di questo festival musicale che a cavallo fra luglio e agosto, si proponeva con opere, concerti e spettacoli teatrali, di celebrare Umberto Giordano e il suo tempo. Il Festival, che purtroppo ha esaurito la sua vena negli ultimi anni, si teneva ovviamente nel parco di Villa Fedora ed era nato nel '98 in occasione del centenario della prima rappresentazione alla Scala dell'opera  Fedora (1898) e del cinquantenario della morte del compositore. (nelle foto scorci di Cannobio)
Inizialmente il Festival si proponeva di consacrare  musicisti a cavallo fra 800 e 900,gli autori post-verdiani e i loro contemporanei (Ruggero Leoncavallo, Pietro Mascagni etc), ma aveva poi esteso il suo interesse alla poesia e ad altre forme di spettacolo.  Memorabile pare una Cavalleria Rusticana, un grande successo quelle serate con Valentina Cortese che recitava le poesie di Alda Merini o con Milva e le sue canzoni della mala. Ciliegina finale, Alberto aveva anche ideato il premio "Città di Baveno" che a fine stagione musicale offriva una "chiave d'oro" agli interpreti più acclamati. E' stata la grande Mirella Freni a ricevere la prima "chiave d'oro" di Baveno. Nel racconto serale di quel periodo fasto gli amici si entusiasmano, Arrigo faceva lo chauffeur delle ugole d'oro e di capricci da diva ne ha visti tanti, Alberto approfittava del prezioso e generoso sostegno della casa musicale Sonzogno per contattare grandi nomi e organizzare ad ogni stagione eventi di qualità. Tutto finito? Non resta che il ricordo di quelle estati ruggenti fra i gorgheggi? Ma no, consoliamoci, invece delle orecchie possiamo ancora  più prosaicamente stuzzicare il palato con le "fedorine" di Baveno, biscotti a base di mais, mandorle e cioccolato che la Confetteria Jolly di Stresa ci farà assaporare. (Nelle foto scorci di Cannobio)



  

domenica 27 maggio 2018

il lago d'Orta nel fascino di un cielo bigio


Scendo dal treno all'una di martedì scorso alla stazione di Stresa e subito davanti agli occhi il fascino dell'isola dei Pescatori, la mia preferita fra le Borromee del lago Maggiore. Ritrovo soprattutto quelle architetture dal sapore rétro, tipiche dei nostri laghi, che mi incantano; a un lato della stazione l'edificio art déco all'abbandono della linea in disuso che portava al Mottarone, subito fuori a pochi metri, lo splendore maestoso e quasi irreale del Grand Hotel des Iles Borromées, edifici come silenti testimoni delle diverse realtà della nostra Italia, fra immobilità pubblica e l'attenzione al passo coi tempi del privato..Una bazzecola arrivare a Stresa, neanche un'ora da Milano, ho provato grande gioia nel rivedere questi luoghi dopo tanti anni! Sono venuti a prendermi Alberto e Arrigo, una conoscenza recente che spero si trasformi in amicizia perché con loro ci sto proprio bene. Hanno casa a Magognino, una frazione di Stresa in collina di cui ignoravo persino il nome, ma adesso non me lo scordo più; dal loro balcone, a parte il tripudio di piante e fiori, si gode di una vista stratosferica. La mostro sia col tempo uggioso di quando sono arrivata che col cielo finalmente terso del rientro di giovedì. 
                                                                                 
Gli interni del loro appartamento sono accoglienti come i padroni di casa. Arrigo non è solo un cuoco sopraffino, ma anche un formidabile bricoleur; negli anni dei loro viaggi intorno al mondo ha raccolto e comprato un'infinità di coralli e conchiglie che trasforma da vero artista in magnifiche composizioni con supporti di vari materiali trovati frugando tra le bancarelle dei mercatini o in cartapesta creata da lui. E che dire del  minuscolo bagno tappezzato di palme che sembra di farsi la doccia in un romanzo di Pierre Loti o di quello in english style perfetto per un dandy quale Oscar Wilde? Sono complimenti sinceri, ma da vera opportunista, ci tengo comunque a farli pubblicamente nella speranza di un nuovo invito futuro da queste parti.
Si progetta per l'indomani il giro del lago Maggiore mentre per il pomeriggio la meta è il vicino lago d'Orta, magico sempre, anche sotto una pioggerella fine fine. Lungo il percorso delle soste che i miei anfitrioni giudicano meritevoli. Per esempio delle sculture in legno intagliate da un boscaiolo artista locale, alberi spezzati dai temporali che grazie a lui non sono diventati ceppi da ardere, difatti l'albero ringrazia perché sul cartello c'è scritto "Grazie per avermi dato nuova vita". Per esempio la chiesa parrocchiale Santa Maria Assunta nell'antico borgo di Armeno in stile romanico-lombardo del XII° secolo  coi suoi splendidi capitelli esterni e gli affreschi interni. Per la sua ecletticità moresca, impossibile poi non fare uno stop davanti a Villa Crespi, attuale tempio gastronomico dello stellato chef Antonino Cannavacciuolo. Costruita a fine '800, la scelta architettonica interpreta i desideri del suo primo proprietario,  un facoltoso industriale cotoniero che voleva offrire alla moglie, Pia e non Shérazade di nome, il fascino dell'Oriente e di Baghdad in particolare e poi chissà, magari anche altre follie delle mille e una notte. Non sono esosa e mi potrei accontentare della casa del custode.
E poi passeggiata ad Orta sotto la pioggia, di fronte il Monastero Benedettino che bianco e possente, lassù in cima, veglia sull'isola di San Giulio.

Da laici impenitenti e gaudenti sostituiamo 'l'orat et laborat" delle poche monache di clausura ancora rimaste nel monastero di San Giulio con caffé e biscottini e la sorpresa di angoli incantatori che anche un pittore nel giardino del municipio, la villa Bossi,  vorrebbe immortalare. La cornice del suo quadro è vuota perché la tela è il paesaggio stesso. Magnifica la darsena della villa dell'editore Motta con le margheritine "erigeron" che spuntano dagli anfratti, magnifiche le vecchie strade tutte pedonali e acciotolate che coi lampioni accesi all'arrivo del tramonto accentuano ulteriormente il carattere fiabesco del luogo; si susseguono poi portici, botteghe artigiane, magnifici balconi e davanzali con alberi, piante e fiori che danno colore e vita all'abitatoo.
Condizioni di visita ideali, l'orda dei vacanzieri estivi non è ancora arrivata, per vicoli e strade il silenzio è tale che i nostri passi risuonano sul selciato. Nel cuore del borgo, non a sproposito  nella lista dei più belli d'Italia, piazza Motta con le sue dimore signorili e nel centro Palazzo Broletto di fine '500 con la torre campanaria, in basso il porticato per il mercato, al primo piano la sala delle riunioni. Qui venivano esercitati il potere legislativo ed esecutivo da parte del Consiglio Generale composto dai deputati del feudo vescovile di Orta San Giulio che a partire dal XII° secolo godrà per lungo tempo di piena autonomia. Da non perdere lo scorcio della chiesa di Santa Maria Assunta all'apice di una strada in pietra fiancheggiata da palazzi storici; risale a fine '400 ed è stata inizialmente dedicata alla Madonna della Consolazione per ringraziarla della liberazione dalla peste. Ricostruita nel corso del XVIII° secolo, verrà poi intitolata all'Assunta.