Adolfo Wildt: "Pio XI" 1926 Marmo e oro
Marinetti nella sua casa romana 1934
Opere di Enrico Prampolini in mostra a Parigi nel 1925 - Prampolini: "I funerali del romanticismo: trasfigurazione estetica 1934. Olio su masonite
Tramontata definitivamente l'idea di fine '800 di una fruizione gratuita del bello e dell'opera d'arte fine a se stessa, agli albori del nuovo secolo anche l'arte dovrà fare la sua parte. E poi in ogni epoca, a destra come a sinistra, ( come non notare che "L'agricoltore" di Mario Sironi non è molto dissimile dalla cartellonistica di propaganda sovietica) rivoluzioni e dittature hanno degli obbiettivi da raggiungere, dei valori da imporre, le masse da controllare attraverso il pensiero unico e ogni aspetto del vivere deve rispondere a queste coordinate. Mario Sironi esplicita chiaramente il ruolo dell'arte quando scrive: "Nello Stato Fascista l'arte viene ad avere una funzione sociale: una funzione educatrice. Essa deve tradurre l'etica del nostro tempo. Deve dare unità di stile e grandezza di linee al vivere comune. L'arte così ritornerà ad essere quello che fu nei suoi periodi più alti e in seno alle più alte civiltà: un perfetto strumento di governo spirituale". Peccato che anche fra gli artisti, anche fra le cosiddette teste pensanti si siano accorti in pochi che in nome di quel "governo spirituale" si fa la guerra, si tortura, si manda al confino o si ammazza chi la pensa diversamente. (Mario Sironi: "La commemorazione dell'Onorevole Matteotti" 1925 Matita, carboncino e tempera su carta - Sironi: "L'agricoltore (l'aratro)" 1935 carboncino e tempera su carta.
Il fascismo chiede anche all'urbanistica e all'architettura di conformarsi ai propri valori dominanti e in questo senso fungono da vetrina celebrativa e propagandistica edifici monumentali e allestimenti altamente scenografici. Come del resto avverrà nella Germania hitleriana specialista in manifestazioni di massa e raduni sacralizzati come riti collettivi, eventi come "la Mostra della Rivoluzione Fascista del '32 o "L'esposizione dell'Aeronautica Italiana" del '34 o "La Mostra nazionale dello sport" del '35, rappresenteranno un'occasione privilegiata per esibire davanti a un vasto pubblico conquiste e grandezza del regime. "La Mostra della rivoluzione fascista", in particolare, sarà l'apice della collaborazione tra il regime e la cultura d'avanguardia. Numerosi artisti fra i quali Sironi, Funi, Prampolini, Marino Marino e architetti come Giuseppe Terragni, studieranno l'allestimento espositivo delle numerose sale per accompagnare il visitatore in un percorso consacrato al culto della nazione, al Duce e al Fascismo. E in questi anni in architettura, emergeranno soprattutto due tendenze, il classicismo neo-romano, amplificatore della tradizione e il razionalismo, direzione più moderna in sintonia con le tendenze europee di quei decenni, basti pensare a Le Corbusier. Fuori da ogni schema, meriterebbe un discorso a parte l'architetto futurista Antonio Sant'Elia presente con alcuni suoi lavori a Post Zang Tumb Tuuum e che ho avuto la fortuna di conoscere in una mostra a Villa Olmo qualche anno fa. (http://www.saranathan.it/2013/05/citta-metropoli-megalopoli.html) (- Giuseppe Terragni: Casa del Fascio, Como 1928/1932-36) - Piero Portaluppi: Studio per il Grattacielo S.K.N.E. a New York 1920)

Una cosa è certa e la varietà come la ricchezza espositiva della mostra lo evidenziano ampiamente: gli anni dal 1918 al 1943 rappresentano in Italia una fucina di idee, un periodo artistico di grandissimo fermento e con le dovute precauzioni guardando l'eclettismo e il pluralismo delle opere esposte, sembra di poter dire che, rispetto al nazismo, il fascismo ha malgrado tutto lasciato maggiore libertà e autonomia creativa ai suoi artisti, non si parla di "arte degenerata" né si organizzano esposizioni per bandirla; possibili l'ossequio alla tradizione ma anche l'avanguardia, l'obbedienza ai canoni estetici indicati ma anche la sperimentazione, le opere funzionali alla propaganda ma anche le scelte intimiste. A creazioni così diverse corrispondono scelte comportamentali altrettanto diverse sia fra gli artisti che fra gli intellettuali. Chi aderisce entusiasticamente a certe idee di cui non sa vedere le ombre, chi collabora col regime per opportunismo, per ottenerne profitti e commesse, chi resta presto deluso e prende le distanze, chi si interessa solo al proprio lavoro artistico e poco importa sotto quale bandiera. Negli anni in camicia nera è più redditizia la cautela, molto più comodo un ambiguo silenzio che finisce per sembrare assenso ed è la strada più seguita, rari i rifiuti a voce alta come quelli di un Toscanini, di un Primo Levi o di un Carlo Levi. (Gino Rossi: "Testa di pescatore" circa 1910 olio su cartone - Carlo Levi: "Campo di concentramento" o " Le donne Morte" (Il lager presentito) 1942 olio su tela
Ottone Rosai: " Il vecchio Eliseo" 1934 - Massimo Campigli: "Le spose dei marinai" 1934 -
Mario Sironi: "Paesaggio urbano con camion" 1920 Olio su tela
Mario Sironi: Cartone preparatorio per il mosaico "La Giustizia fiancheggiata dalla Legge e da una figura giovanile, recante il Fascio con la Verità" Palazzo di Giustizia di Milano 1936. Tempera, carboncino, matita grassa, biacca su carta da spolvero riportata su tela
Fausto Melotti: " Costante Uomo" 1936 Gesso - Fortunato Depero: "Città meccanizzata dalle ombre" 1920 olio su tela
Gio Ponti: Studi per il Palazzo Montecatini di Milano 1933-36 - Maquette del Palazzo della Civiltà Italiana. Progetto del 1937.
Carlo Carrà: "Il bersaglio" 1928 - Carlo Carrà: "Casa abbandonata" 1930
Felice Casorati: " Ritratto di Renato Gualino" 1923-24 "Ritratto di Hena Rigotti" circa 1924 "Doppio ritratto" 1924