lunedì 31 luglio 2017

Pari, antiche terme e frammenti senesi

Come altri borghi medievali toscani visitati in quei giorni anche Pari è stupenda, sia da lontano che da vicino. Lungo la strada per arrivarci siamo passate dal fiume Merse, di fronte alle sue antiche sorgenti termali i bagnanti a mollo se la raccontavano tranquillamente.
  "La mia casa è dovunque io sto: in una piazza, un teatro, un caffè, una pianura....." Mi sono piaciute molto queste parole dello scrittore senese di fine '800 Federigo Tozzi trovate affisse sul muro di una vecchia casa di Pari, la saggezza di chi radici e storia personale se le porta sempre  appresso, ricordandoci implicitamente che la prima fonte di benessere dobbiamo trovarla dentro di noi. La vista della campagna circostante a 360 gradi è magnifica e il borgo è tutto restaurato e curatissimo; per gli antichi vicoli di pietra quiete e silenzio regnano sovrani. Ho comunque scoperto che nei due ultimi fine settimana di settembre ci sarà grande animazione in paese: si festeggia "la sagra della salsiccia". A quanto pare 'sti toscani non hanno problemi di colesterolo e "magnano" sempre, a Iesa c'era la sagra delle tagliatelle al cinghiale.
In programma poi qualche ora di relax alle antiche terme Querciolaia a Rapolano. Nel giardino all'ingresso ci accoglie una statua di Giuseppe Garibaldi, la ragione non la conosco ma ci sarà senz'altro, forse anche il nostro condottiero si è fatto fanghi e inalazioni da queste parti fra una spedizione e l'altra in giro per l'Italia. Le sorgenti termali saranno antichissime, non discuto, piscine ed edifici sono invece ultramoderni e non ne ho colto il fascino, forse perché mi ha contrariato il comportamento di una signora dalla pomposa cuffia a fiorellini blu che fregandosene completamente del prossimo, si è piazzata davanti a una bocchetta fumante e non si è più mossa: aborro le prepotenze.


Giunge l'ora del ritorno a Milano e ci ritroviamo in strada verso Siena che già da lontano sfoggia le sue torri. Vista 40 anni fa, me la ricordavo meravigliosa e tale è rimasta! -Eva, non so se hai fatto bene ad invitarmi nel tuo eremo toscano di Quarciglioni; prima non sapevo, non conoscevo, non ne sentivo particolare desiderio, ma adesso che mi hai fatto venire l'acquolina in bocca, credo ti toccherà ripetere l'invito, davvero stimolanti le infinite possibilità della regione, a cominciare da Siena che ho girato solo per qualche ora a volo d'uccello e me n'è rimasta la curiosità. Il nostro è stato solo un aperitivo, gradirei una scorpacciata vera e propria di tante bellezze.
Mamma che sballo, che atmosfera gioiosa in giro per la città, ogni dettaglio mi ha stupita, incuriosita, divertita, dagli scorci panoramici a piazze e stupendi palazzi, dai favolosi interni alle performance sul marciapiede degli artisti di strada, dal famoso caffè Nannini alle turiste che in piedi davanti al salumiere si fanno un ricco tagliere di pane, vinello, formaggi e affettati misti. E penso per esempio alla bellezza dell'ufficio postale dal sofisticato pavimento in marmo sul quale mi piacerebbe persino far la coda, all'austera  sede centrale del tanto discusso Monte dei Paschi di Siena, al duecentesco palazzo Chigi-Saracini rimaneggiato nel Rinascimento che ospita una raccolta privata d' arte e la prestigiosa Accademia Musicale Chigiana con tutto un programma concertistico nei mesi di luglio e agosto.

Scontatissimo poi parlare di Piazza del Campo e chiedo venia, è però davvero impossibile non sentirsi attratti come da una calamita da questo posto magico di rara bellezza e integrità archittettonica, teatro del Palio due volte all'anno di cui si ha documentazione fin dal XII° secolo. Come quei tre turisti, seduti in piazza al balcone del primo piano di un caffè, avrei voluto star lì seduta per ore a non far niente, guardare e basta. Eva, mi ci porterai ancora per favore?


lunedì 24 luglio 2017

Abbazia di Monte Oliveto e San Galgano: arte e bellezza

E nello straordinario scenario delle Crete Senesi, a metà strada fra Siena e Arezzo, dietro un fitto bosco di cipressi, querce e pini, si intravede all'improvviso l'Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, eretta fra il 1393 e il 1526 sull'omonimo monte dai monaci Olivetani, facenti parte dell'ordine dei benedettini e riunitisi in Congregazione a inizio del XIV° secolo. Si accede al monastero dopo aver attraversato un palazzo medievale con ponte levatoio che funge da porta d'ingresso fortificata dell'Abbazia e subito nell'arcata esterna una terracotta smaltata raffigurante la "Madonna col Bambino circondata da due angeli" e sul versante interno  un "San Benedetto benedicente" opere attribuite entrambe ai della Robbia.
Un complesso magnifico e molto articolato: un viale di cipressi con l'orto botanico della vecchia farmacia distrutta a fine '800, una pescheria del XVI° secolo e alcune cappelle e poi, arrivati al monastero vero e proprio, la chiesa, il chiostro grande, il chiostro di mezzo con il refettorio, la biblioteca, la farmacia, un micromondo di bellezze e di quiete.

L'impresa artistica più rilevante è costituita dal ciclo affrescato nel Chiostro Grande: 37 grandi scene che illustrano episodi della vita di San Benedetto. Leggo che l'ideatore della decorazione è stato l'abate Domenico Airoldi che ha dato mandato a Luca Signorelli. A partire dal 1497 e per due anni l'artista cortonese, largamente aiutato da vari collaboratori, ha dipinto nove storie sul lato nord del chiostro che raccontano gli anni tardivi del santo, completerà poi le altre scene il pittore Giovanni Bazzi detto il Sodoma   (Eli Eli lama sabactani?  Mio Dio mio Dio perché mi hai abbandonato?)
E' l'area del Refettorio e della sovrastante biblioteca quella che ha conosciuto nel tempo le più frequenti modificazioni  e per due secoli, dalla fine del trecento alla fine del cinquecento l'ambiente dell'attuale Refettorio è stato usato come Aula Capitolare. La biblioteca invece, testimonia della vocazione allo studio della Congregazione, ma anche della sua attività creativa nei codici e manoscritti miniati. Buttando l'occhio a caso su qualche titolo degli antichissimi libri, sul frontespizio leggo  "Sanchez: Disputatio de matrimonio". Volendo sapere qualcosa di questo Sanchez condivido quel che ho trovato: 
"Se vuoi saperne più del demonio, leggi il Sànchez De matrimonio", recitava un adagio ancora circolante nella Spagna d'inizio Novecento, alludendo alla dovizia di particolari con cui il gesuita andaluso si addentra nei recessi dell'intimità coniugale con le sue Disputationes (1602-1605). Benché istituto santificante, confermato come sacramento dal Concilio di Trento, il matrimonio è guardato dalla teologia cattolica come luogo di una corporeità piena di ombre, che il teologo e canonista disseziona nelle sue forme - possibili e impossibili - valutandone liceità e peccaminosità......(https://books.google.fr/books/about/Nella_camera_degli_sposi.html?id=X5VDAQAAIAAJ&hl=en&output=html_text&redir_esc=y)
San Galgano è tutta un'altra storia. Ho semplicemente adorato la bellezza e la spiritualità "en plein air", se così mi posso esprimere, dell'Abbazia di San Galgano perché come soffitto ha gli alberi e il cielo. L'abbazia è stata costruita fra il 1218 e il 1288 da monaci cistercensi arrivati dalla provincia di Frosinone e si tratta della prima chiesa gotica costruita in Toscana. L'abbazia è stata eretta in questa posizione perché a quanto pare i monaci cistercensi sceglievano sempre di insediarsi nelle vicinanze di boschi, pianure coltivabili, grandi vie di comunicazione (la Maremmana in questo caso) e soprattutto di fiumi ( il Merse). 
La comunità di San Galgano era molto attiva ed ha accolto importanti personalità finché la carestia del 1329, la peste del 1348 e il saccheggio di vari eserciti non l'hanno duramente colpita. Il territorio dell'Abbazia è stato poi distrutto dal passaggio di bande di mercenari e alla fine del XV° secolo i monaci si sono trasferiti nel palazzo di San Galgano a Siena. La chiesa è stata sconsacrata definitivamente  nel 1789. Strana coincidenza, mi viene da pensare, è lo stesso anno dell'inizio della rivoluzione francese, antireligiosa e laica per antonomasia.
Ultima chicca del post, l'eremo a pianta circolare di Montesiepi contiguo a San Galgano, costruito alla fine del  XII° secolo sul colle dove il cavaliere Galgano Guidotti si è ritirato a fare l'eremita, allora in occidente non si usavano ancora i ritiri sull'Himalaya. Al centro dell'eremo si trova il masso dove il cavaliere ha infisso la spada come addio alle armi e atto di conversione alla pace.