sabato 27 dicembre 2014

Auguri per il 2015 con il mondo in mano

Oltre ai tradizionali auguri, il regalo virtuale che vorrei fare quest'anno ai miei lettori  è un atlante. Un atlante si, ma piccolissimo, proprio micro, ed è della casa editrice De Agostini che in materia è una specialista . L'ho scoperto per caso in libreria e me ne sono innamorata, l'ho subito messo in borsetta e adesso mi accompagna sempre, è come avere il mondo in tasca, anzi in mano. Il mondo in mano, ma per farne cosa? Non so bene, tutte le opzioni sono aperte e molti verbi gli calzano a pennello: sognare, stupire, studiare, viaggiare, conoscere, vagabondare, scoprire, incontrare, comunicare, conservare, rispettare, salvaguardare ......Il mio Maestro ricorda spesso che il mondo non è nostro, siamo solo ospiti di passaggio e non sempre graditi visto l'uso che ne facciamo; il mondo appartiene ai nostri figli, alle generazioni che verranno, nostra invece la responsabilità di preservarlo per passare il testimone, nostra la responsabilità di riconsegnarlo migliorato e non deteriorato .

Questo nostro straordinario mondo racchiuso in un libriccino di centimetri 9X6 sembrerebbe aver sovvertito i ruoli, lui, divenuto una miniatura e il lettore, un puntino infinitesimale, come un gigante che se lo può tenere in mano: sono in molti purtroppo fra ideologie mortifere e farneticanti integralismi religiosi ad andare in confusione, a pensare che ci si può permettere di tutto in un delirio di onnipotenza, a perdere la testa o a sgozzare a casaccio quella degli altri. Ma il tempo è comunque galantuomo e a conferma mi ha fatto un certo effetto questa foto mandatami due giorni fa da mio cugino Mino: un'immensa Menorah a Berlino davanti alla Porta di Brandeburgo, follia pura 70 anni fa che per la Storia con la "s" maiuscola non sono davvero niente.
  Per consigli strategici sul da farsi consiglio di rivolgersi al grande Chaplin, lui ne sa qualcosa, scimiottando col suo solito genio un pazzo squinternato, lui col mondo ci ha persino giocato, ma alla fine..... gli è scoppiato in faccia!

Buon 2015 e Shalom, "Pace" a tutti gli ospiti di questo piccolo grande mondo!!!!!






giovedì 18 dicembre 2014

"il mare del diavolo"

Prendendo la strada che da Gerusalemme discende verso il Mar Morto e traversa monti e deserto di Giudea, i panorami cambiano nello spazio di un attimo e mi viene in mente quello straordinario studioso francese, Théodore Monod, che ha passato la sua vita percorrendo e studiando i deserti del mondo per lo più attraversati a piedi: l'italiano è una lingua povera in materia, nella nostra penisola soprattutto tanto mare, abbiamo solo la parola "deserto", ma Monod racconta di tanti deserti e ognuno diverso, chissà se altre lingue ne testimoniano le varietà?  Quello di Giudea è duro, ostico, austero, sassi, terra e sabbia, rare dolcezza di declivi e morbidezza di dune. 

E percorrendo distese di forme e colori, che variano secondo lo sghiribizzo del sole in un magico gioco di luci e ombre, irrompe nell'interiorità del profondo la solennità, il silenzio e la solitudine della natura circostante; si può intuire perché questa regione sia servita da rifugio ai fuggitivi del Vecchio e Nuovo Testamento, al re Davide o al profeta Elia, a Gesù e a Giovanni Battista, perché comunità di asceti come gli esseni per esempio abbiano deciso di percorrere il loro cammino di ricerca spirituale da queste parti, non a caso nelle vicinanze si trova Qumran, laddove si sono trovati perfettamente conservati dentro delle giare in argilla in una grotta, dopo due mila anni, i celebri manoscritti del Mar Morto, ora nel museo di Gerusalemme.
In un cono d'ombra si profila l'altopiano dello sperone roccioso della fortezza di Massada, dove Erode  il Grande aveva fatto costruire il suo palazzo; Massada, divenuto per gli israeliani il simbolo dell'eroismo dei combattenti ebrei insorti e tutti  sacrificatisi con la vita in risposta all'assedio romano nel 66 dell'era volgare. Sull'altro lato e in pieno sole invece, si vede il primo bacino del Mar Morto e un canale di irrigazione che attinge le acque dal fiume Giordano e impoverisce progressivamente il Mar Morto. Originariamente era un unico mare con una portata d'acqua 4-5 maggiore dell'attuale, ora è diviso in due bacini e il livello scende di un metro all'anno. Il Mar Morto è il confine naturale fra Israele e la Giordania che si vede di fronte con la sua catena di monti Edom spruzzati da sole e nuvole. 

Giù giù fino al punto più basso della terra, a 400 metri sotto il livello del Mediterraneo, "il mare del diavolo" come veniva chiamato; dopo l'antichità è rimasto a lungo inesplorato fino all'arrivo a inizio '900 dei britannici in Palestina che con due fabbriche installate nella regione hanno cominciato a sfruttare le incredibili risorse di sali minerali delle sue acque. Lo debbo confessare, la nostra meta non è spirituale (sic), ma puramente edonistica, ce ne andiamo per due giorni a Ein Bokek, una specie di Disney World termale di orribile impatto architettonico nel paesaggio, ma queste acque hanno notoriamente mille proprietà benefiche e perché non goderne? 

Nessuna volontà di essere blasfema, ma a mollo nel Mar Morto francamente mi è venuto da pensare al Nazareno che camminava sulle acque perché il tasso di salinità è tale che praticamente non si riesce a nuotare e tantomeno a stare completamenti immersi, mezzo corpo resta sempre fuori e si ha l'impressione di planare. In mare come nella piscina termale dell'albergo si sente parlare quasi esclusivamente russo e l'età media è sui 60-65, ma non posso ironizzare troppo perché ne faccio parte anch'io. Tutti a mollo dunque per vivificare il corpo e bellezze slave a volontà, ma visto che siamo nella zona giusta, urgerebbero davvero dei miracoli....


     

domenica 14 dicembre 2014

Gerusalemme: la prima stazione

Chiusa la breve parentesi parigina me ne ritorno con pensiero e scrittura al mio periplo in Israele, che lì almeno fa caldo e c'è il sole. Sarà che è mezzogiorno e lo stomaco comincia a borbottare ragion per cui mi viene da iniziare con un superbo "shablul kinamon", ovvero una lumaca di cannella, le faceva sempre anche mia madre che a sua volta aveva visto la nonna prepararle tutti i venerdì: calde appena sfornate sono divine. L'avevo già scritto in un post degli anni scorsi che la chiocciola di internet qui la chiamano "strudel" e oggi è la volta della lumaca  assaporata nel ristorante-pasticceria Kadoch che vorrebbe dire sacro e rimenziono la catena di paninerie "Holy Bagel" a riconferma sia dell'importanza del cibo a queste latitudini che dell'uso e abuso dell'aggettivo  sacro-santo fra le colline di Gerusalemme. "Kadoch", un ottimo indirizzo nel pieno centro città, côté israeliano, all'esterno della città vecchia, sembra una Konditorei viennese.
Fuori le mura, in quella valle che divideva l'est dall'ovest di Gerusalemme e che è stata per vent'anni un no man's land  ora il grande viale di Re David con le speculazioni immobiliari di Mamilla, parchi e giardini di ulivi, lo storico hotel King David e l'Y.M.C.A. Building (Young Mens Christian Association), un grande edificio con torre dell'architetto Arthur Harmon. L'Y.M.C.A. è un'organizzazione cristiana ecumenica fondata a metà '800 che mira a sostenere i giovani e le loro attività con grande rilevanza allo sport. 
Continuando, il delizioso e chic quartiere Yemin Moshe subito riconoscibile grazie al suo mulino a vento, uno dei primi insediamenti abitativi fuori della città vecchia. Gli sposi ci vanno sempre a fare le fotografie. Yemin Moshe è un progetto di 24 appartamenti residenziali indipendenti concretizzatosi grazie alla generosità di Moses Montefiore un ebreo inglese che ha visitato la Terra Santa a metà del XIX° secolo. Nel mulino, istallato nel 1857, uno spazio museale dedicato alla vita e alle opere del filantropo. In lontananza, drammaticamente ben visibile un tratto di muro di separazione.

La meta finale di questa nostra passeggiata è la Tachana Harishona, ovvero la prima stazione, la più antica stazione ferroviaria di Gerusalemme, recuperata, restaurata e divenuta luogo di incontro, con negozi, ristoranti, caffè, gallerie e un ricco ventaglio di atelier per bambini, eventi e manifestazioni seguendo il riuscito esempio della Tachana di Tel Aviv. Certa comunque l'impronta commerciale e turistica(http://www.saranathan.it/2010/11/mitcham-hatachana.html). Aperta nel 1892 e in funzione fino al 1998 collegava Jaffa, alla periferia di Tel Aviv e Gerusalemme in due ore e mezza di treno. 

Altra scoperta del giorno, il tempio di Conegliano Veneto interamente smantellato  e trasferito a Gerusalemme nel 1952, non era più in funzione in Italia fin dall'inizio del '9OO. Il tempio rappresenta tutt'ora il centro spirituale degli ebrei di origine italiana residenti a Gerusalemme, attivo tutti i sabati e le feste. Nell'edificio c'è anche un museo con oggetti rituali e decori di arte ebraica italiana. Agli inizi degli anni '50 quando l'edificio della sinagoga era in completo stato di abbandono è stata presa l'iniziativa di trasferire gli arredi nell'attuale sede e poi nel  1989, dopo ben 37 anni e grazie al contributo di generosi donatori il tempio ha ritrovato il suo assetto originale.
Leggo che non tutti gli arredi sinagogali del Tempio di Gerusalemme provengono da Conegliano; alcune delle lampade sono di origine ferrarese mentre parte delle panchine arredevano in origine il tempio settecentesco di Reggio Emilia e sono state restaurate di recente. Fino ad oggi sono state trasferite in Israele una quarantina di Arche (l'armadio in cui si conservano i Rotoli del Pentateuco) distribuite in varie località del paese, kibbutz, musei e altre istituzioni.  In questa sinagoga le celebrazioni degli uffizi si svolgono secondo il rito italiano, ritenuto il più vicino all'antico rito ebraico in uso in Palestina nel periodo del secondo Tempio.

Mi sono soffermata su  una serie di vecchie fotografie e mi ha colpita questa: dei giovani soldati ebrei di Palestina arruolati nell'esercito inglese davanti al Colosseo nel giugno del 1944.