lunedì 8 dicembre 2014

i globi di Coronelli e le Wunderkammern

Oggi vorrei parlare di due biblioteche parigine, due templi del libro, il solo idolo da non buttare mai alle ortiche perché, prezioso testimone, accompagna da sempre la storia dell'uomo, la nutre e la racconta. La prima, la Biblioteca nazionale di Francia, la BnF, modernissima e relativamente recente, perché inaugurata nel 1996  dal Presidente Chirac, è in fondo l'ambizioso mausoleo di Mitterand che l'ha profondamente voluta per lasciare il suo "segno"; la seconda invece, di metà '800 nella sua collocazione e presentazione attuale, è la Biblioteca Sainte Geneviève che deve ubicazione, nome e le sue collezioni a una delle più importanti e antiche abbazie parigine, quella fondata nel VI° secolo proprio lì sulla collina e dedicata all' omonima santa. Sempre in piazza del Panthéon e proprio attaccato all'abbazia era stato edificato a inizio XIV° secolo il Collège de Montaigu dove hanno studiato per esempio Ignazio di Loyola e Erasmo da Rotterdam, non so se mi spiego.
 Con i suoi quattro edifici ai quattro angoli di una grande spianata proprio davanti alla Senna nel XIII° arrondissement, si erge la BnF, la Biblioteca nazionale di Francia, 30 milioni di volumi e le mani tremano mentre si scrive un numero simile, certo la più grande biblioteca d'oltralpe, ma forse anche d'Europa e del mondo, non so. So invece che la sua concezione architettonica ha suscitato molte polemiche, le sale di consultazione sono al buio sottoterra mentre in un secondo tempo si è dovuto spendere un patrimonio in doppie paratie di legno per proteggere i libri, offesi da troppa luce, dislocati come sono nei vari piani dei quattro edifici.
Dei quattro, ho visitato un solo edificio e in modo superficiale inseguendo mio nipote Noam, mesi 15, una pacchia per lui scorrazzare liberamente per i lunghi corridoi di moquette, però mi è sembrata una straordinaria macchina di produzione culturale, innumerevoli le proposte di corsi, dibattiti, mostre, tutto gratuito, incredibile l'organizzazione, c'è persino un pannello luminoso che informa sul flusso di gente nelle varie sale.

In uno spazio espositivo al pianterreno i cosiddetti "Globi di Coronelli", realizzati a Parigi fra il 1681 e il 1683 dall'omonimo cosmografo veneziano su comandita del cardinale d'Estrée (ambasciatore del monarca francese a Roma) per farne dono a Luigi XIV, quel Roi Soleil considerato allora "le plus grand roi de la Terre" come ci raccontavano i libri di storia. Oggetti di scienza e emblema di potere, i due globi offrono una rappresentazione sintetica dell'epoca della terra e del cielo. Eccezionali per le loro dimensioni, rappresentano le opere più monumentali della BnF. 2 sfere di legno di due tonnellate e mezzo ciascuna, ricoperte di più strati di tela gessata e sull'ultimo strato, non solo dipinti da più artisti fra cui Jean-Baptiste Corneille i contorni geografici, ma anche numerosi decori e allegorie.  Dal 1500 fino al XIX° secolo i fabbricanti di globi usavano costruire due mappamondi, uno celeste e quello terrestre, la somma dell'Universo conosciuto o visibile dalla scienza dell'epoca. Per il "globo celeste" Coronelli e i suoi collaboratori si avvalgono degli studi degli astronomi e degli scienziati dell'epoca, per il "globo terrestre" fanno testo le cartine dell'olandese Blaeu e quelle di Nicolas Sanson, cartografo del Re Sole, ma anche le scoperte più recenti dell'epoca come il Mississipi documentato dall'esploratore Cavelier de la Salle o lo stretto di Magellano attraversato dai navigatori inglesi.
La BnF, dotata di uno vero bosco al centro dell'area ( non percorribile) rappresenta anche luogo di incontro e scambi, sempre affollatissimi i chioschi sul piazzale antistante che malgrado i prezzi sostenuti pare facciano dura concorrenza ai locali dell'area intorno.
La biblioteca Sainte Geneviève è di un'altra epoca e celebra  attraverso una copia della Scuola di Atene di Raffaello (l'originale a Roma nei Musei Vaticani) posta proprio al centro delle sue scale d'ingresso, con Platone, Aristotele e altri filosofi e matematici dell'antichità intenti a dialogare fra loro, quell' inno alla conoscenza, al sapere, al pensare dell'uomo.  Opera terminata nel 1850 dell'architetto Henri Labrouste artefice non solo della struttura ma anche dell'arredamento dei luoghi (tavoli e alcune sedie sono ancora quelli originali). Semplicemente stupenda la sala di consultazione, con l'utilizzo strutturale e ornamentale di colonne e decori in ghisa, segnale di modernità, sensibilità e materiali che cambiano come paleseranno in modo più appariscente anni dopo la Tour Eiffel del 1889 e il Grand Palais del 1900.

Nel 1600 la Biblioteca Sainte Geneviève si era dotata di un Cabinet de Curiosités (Camera delle meraviglie o Gabinetto delle Curiosità o Wunderkammer) tuttora esistente che è in fondo un altro mezzo per abbordare il sapere. La Wunderkammer si iscrive in una tradizione molto in voga in tutta l'Europa fra il secolo XVI° e il XVIII° e rappresenta il côté museale della cultura, più teatro espositivo di bellezze e varietà del mondo che pagine e pagine di enciclopedie cartacee. Si legge che le Cabinet des Curiosités della Biblioteca Sainte Geneviève ha rappresentato all'epoca una delle riserve più cospicue del genere, mostrando con sarcofagi egizi, vasi greci, monete romane, statue, gli echi dell'antichità a noi più prossima  e con "oggetti strani", erbari, conchiglie, pietre, gli attributi di popoli primitivi o di grandi imperi lontani.
Fra i libri antichi del Cabinet de Curiosités mi ha colpito un libro di chiromanzia stampato a Lucca nel 1655, pare uno dei due soli esemplari reperiti al mondo. Se la rivoluzione francese ha rispettato e preservato le collezioni dei libri, il Cabinet de Curiosités originario è stato invece parzialmente smembrato e molti oggetti hanno poi trovato collocazione in altri fondi museali.  Il patrimonio della biblioteca proviene principalmente dalle collezioni dell'antica abbazia arricchito però ulteriormente nei secoli da donazioni e acquisizioni.
Camminando a piedi dalla BnF alla Biblioteca Sainte Geneviève, si passa dall'Institut du Monde Arabe, altra fucina straordinaria di cultura, in programma attualmente una grande mostra sul Marocco Contemporaneo che non ho potuto visitare, ma la stupenda tenda sahariana installata sulla grande spianata davanti al Centro, quella si che ho potuto ammirarla. Si tratta di una versione rivisitata di un accampamento nomade che raggruppa più tende; è tessuto a partire da peli di capre e dromedari dalle donne del Marocco sahariano riunite in cooperative nel quadro di un programma di economia sociale e solidale. Fa riflettere questo excursus: fra due sofisticati poli di conoscenza e di ricerca attraverso la scrittura, il millenario sapere orale della tradizione del deserto.

Nessun commento:

Posta un commento