lunedì 30 maggio 2011

Rovereto: scorpacciata Futurista

 Queste parole erano scritte in mezzo ad altre spruzzate di riflessione sulle pareti bianche del Mart, il Museo d'Arte di Rovereto, realizzazione di Mario Botta; ho nitida davanti agli occhi la bellezza della sinagoga progettata dal grande architetto nel campus dell'Università di Tel Aviv.

Verbi, infiniti di parole,  consonanti e vocali dipinte di nero che sembrano pronte a volar via leggere, a disperdersi nell'etere attraverso quel tetto stupefacente del Museo, un tetto chiuso e magicamente aperto, una fenditura nel vetro e nell'acciaio che anche simbolicamente sembra sfidare il cielo. Con questo tetto il grande Botta mi sembra interpretare architettonicamente il futurismo, questa possibilità di volo non è forse un'immagine futurista, come lo slancio vitalistico, come "le parole in libertà", la nuova comunicazione poetica che auspica il movimento?


Parole grandi, piccole, medie e normali. Parole spezzate, ripetute, allungate e deformate secondo il concetto o l'immagine da esprimere. Parole scritte verticalmente, orizzontalmente ed oblique. Parole a spirale come il fumo dei sigari e parole in fuga come i treni. ( da una conferenza del 1952 di  Depero).

Al Mart  visitiamo l'annessa biblioteca, un vero sballo, meglio di un resort a sei stelle alle Maldive con le finestre che sembrano oblò di nave e le tre mostre in programma, "La rivoluzione dello sguardo" su impressionisti e post-impressionisti dal parigino museo d'Orsay, una sul 900 italiano che si apre a grande effetto con un gruppo scultoreo di Fausto Melotti del 1936

I sette savi    (Fausto Melotti)

" Al confine tra la vita solare
e la vita oscura, i filosofi sono lì a meditare
e ogni tanto danno una voce verso il buio,
affinano l'udito per ascoltare
inavvertiti echi.
Risponde la poesia

e l'ultima, "Voci del futurismo. Trent'anni d'avanguardia." Attenta e ricca scelta di opere, allestimenti di grande qualità e materiale esplicativo per tutte tre le esposizioni, ma con quella straordinaria sul futurismo, il Mart giocava veramente in casa  perché gestisce e valorizza un fondo eccezionale, cioè oltre al ricco materiale documentario custodito presso l'Archivio del '900, circa 3000 oggetti fra dipinti e disegni, tarsie in panno e in "buxus", collages, manifesti e locandine, mobili, giocattoli e prodotti d'arte applicata di Fortunato Depero che a Rovereto ha vissuto e si è spento nel 1960.
La storia è complicata: l'idea di realizzare una sorta di galleria permanente delle proprie opere, vagheggiata da Depero fin dagli anni '40, diventa realtà nel decennio successivo. Nel '57 il comune di Rovereto stipulerà con l'artista un accordo che prevede l'istituzione della "Galleria Museo Depero". L'artista, dal canto suo, si impegna a curarne l'allestimento e a donare all'amministrazione comunale tutta la sua produzione. La Galleria è attiva fino al '75, anno della morte di Rosetta, moglie dell'artista, poi il Comune di Rovereto consegna le opere al Mart per la loro valorizzazione e provvede alla ristrutturazione della casa-museo. Nel 2009, fedele al progetto museografico originale riapre i battenti "La casa d'arte futurista Depero" ed è il Mart che gestisce magistralmente entrambe, il patrimonio di opere e manufatti e la casa d'arte.
Si trova in via Portici 38  questo luogo veramente unico, imperdibile, il primo museo futurista d'Italia.  Se  Giacometti è Giacometti per essenzialità e rigore, per la parsimonia del suo gesto artistico, per l'irrequietezza della sua ricerca, adoro da sempre Depero per ragioni diametralmente opposte,  un'esplosione di allegria, di colore, di fantasia, di dinamicità, d'irrazionale follia, un approccio totalmente ludico al mondo. "Noi futuristi Balla e Depero vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'Universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente...." (da il Manifesto della Ricostruzione Futurista dell'Universo, redatto da Balla e Depero con la supervisione di Marinetti nel 1915).

E pazienza se il futurismo non ha avuto le migliori frequentazioni e per questo ne ha pagato lo scotto nei decenni successivi, se nel 1943, nel tentativo d'ingraziarsi i gerarchi locali per ottenere qualche commessa, Depero pubblica A passo romano, una raccolta di liriche "guerriere", se si è ritrovato a lavorare per corporazioni ed apparati del regime, se l'artista è stato, con buona dose d'ingenuità, sinceramente fascista. Nella storia dell'arte e della letteratura ho avuto modo più volte di riscontrare che le scelte dell'uomo non sono sovente  altrettanto luminose di quelle dell'artista.

I futuristi, in particolare Balla, Depero e Prampolini  teorizzano l'allargamento dell'estetica dall'arte alla vita: è il progetto di un intervento di radicale trasformazione dell'ambiente umano che coinvolgerà tutti i campi della vita, dall'architettura al design, dalla scenografia al teatro, dalla pubblicità alla moda, alla cucina (menù a base di "insalate poliritmiche", verdure "ortotattili", "trote immortali". Depero è attivo in molti di questi settori, si veda il suo lavoro pubblicitario per la Campari, la Richard Ginori, la Presbitero, i cosmetici Rimmel, o i suoi mobili, o gli schizzi  delle scene e dei "costumi plastici" per il Canto dell'Usignolo con musiche di Stravinskij per il famosissimo Diaghilev, l'impresario dei Balletti Russi. In fondo non è la prima volta che l'arte si vuole globale, questa operazione l'hanno già tentata l'elitario simbolismo e l'art nouveau, ci proveranno  il déco e il movimento del Bauhaus di Walter Gropius più tardi ( ho visitato a Dessau la scuola con tutti gli atelier)..
 Alla Casa d'Arte Futurista Depero, ho guardato fuori e proprio nell'edificio di fronte ho visto questa figura blu dietro ad una finestra. Che bell'incontro! Perfette per lei le parole del poeta Arthur Rimbaud: "Pollicino sognatore, snocciolavo nel mio vagare delle rime. La mia locanda era l'Orsa Maggiore."

"Passeggiare nell'arte" si addice in realtà non solo alle visite museali del Mart e della Galleria Depero, ma a scorci architettonici e proposte culturali di tutta la cittadina; ignoravo che Rovereto fosse così bella. Lo sapeva invece Goethe, l'aveva scoperto nel suo soggiorno del 1786 e scritto nei suoi diari di viaggio, anche Mozart che in questa bella casa azzurra ci ha tenuto il suo primo concerto privato italiano nel Natale del 1769. Il saggio Montaigne pare sia stato colpito dall'ospitalità e dalla pulizia del luogo, mentre in calle Aquila ha alloggiato il conte di Cagliostro, quel personaggio assai discusso, a metà strada tra il medico ed il guaritore, tra lo scienziato e il mago, dedito all'alchimia ed alle scienze occulte, molto in auge in paesi e corti d'Europa, poi  caduto in disgrazia e finito in galera a vita per stregoneria. In giro per Rovereto si propone tutto un itinerario che ha Depero come perno centrale, vari artigiani che lavorano il legno, ceramiche, arazzi, secondo la sua estetica, c'è persino un pastaio che fa i ravioli futuristi.

Sul fronte dell'antica cappelleria Giovanni Bacca due cariatidi. Sono state realizzate da Fortunato Depero, giovane apprendista e amico della famiglia proprietaria, anche la fontana di una piazza testimonia dell'humus futurista imperante.

Sorpresa inaspettata  queste fantasiose scarpe che  nel fervore artistico locale ho arbitrariamente soprannominato  "futuriste" con la zeppa bianca e dei  finti tacchi dipinti. Le aveva ai piedi una bella signora bionda in sosta davanti al suo negozio. Le ho chiesto se le potevo immortalare e lei  ridendo divertita ha acconsentito, si è pure messa in posa.
Dulcis in fundo per terminare in  bellezza, l'amica Paola mi propone di non prendere subito l'autostrada, ma di farci il lungo lago fino a Peschiera per tornare a Milano, questione di rivedere il nostro superbo lago di Garda e le sue sponde.  A Torbole l'acqua appare all'improvviso, e che spettacolo!!!! Malcesine, Castelletto, Pai, Torri del Benaco, Garda, Bardolino, Lazise, sfilano i paesi ed i ricordi dell'amica che da queste parti ci veniva sempre con la famiglia.


Paola mi fa scoprire un posto magico, grazie, dove sembra che il tempo si sia fermato ed il silenzio regna sovrano, La Punta San Vigilio. Per arrivare al romantico porticciolo si percorre un viale di cipressi secolari, si costeggia una villa cinquecentesca con un parco di limonaie ed aranceti e una stradicciola acciotolata.




Ricco aperitivo alla Locanda San Vigilio, ma non siamo le sole, c'è chi fa un magistrale self-service attingendo direttamente dall'acqua.

martedì 24 maggio 2011

Trento, città per la pace 2011

L'ho sicuramente già scritto, mi considero molto fortunata perché da lunghissima data ho delle amiche vere su cui posso contare; in momenti difficili, che notoriamente non mancano a nessuno, il loro caloroso sostegno mi è stato prezioso e poi  ho sempre profondamente creduto nell'amicizia, senza bisogno che il sociologo Alberoni ci filosofeggiasse sopra!!!!

 Per esempio c'è Paola che fa la docente universitaria di design d'interni ed è una grande esperta di biblioteche, ne ha progettato la ristrutturazione di una quarantina in tutta Italia. Nel fine settimana doveva partecipare ad un convegno sull'argomento a Trento ed io non potevo certo... lasciarla sola, week-end ricco, mi ci ficco!
Non me lo ricordo più quando e se ci sono già stata, ma complice il sole ed una leggera brezza che hanno il potere taumaturgico di rendere tutto ancora più bello, ho apprezzato con stupore questa tranquilla città di provincia col fiume e la passeggiata sugli argini, una corona di montagne intorno, antichi palazzi signorili e nobiliari restaurati, vicoli puliti e pieni di fiori, tanti giovani in giro per strade e caffè perché ci sono molti istituti universitari e non solo la prestigiosa facoltà di "sociologia".

Naturalmente i soliti marchi della globalizzazione, ma anche la vecchia sartoria, il droghiere, le osterie con strozzapreti, polenta, porcini e un bel bicchiere di bianco.  Come in molte medie e piccole città italiane, l'impressione insomma è quella di un microcosmo a misura d'uomo dove piedi e biciclette sembrano più preziosi delle quattro ruote, dove le cose funzionano e la qualità del vivere si intuisce buona.

Trento ha una lunghissima storia dietro di se, perché nel cuore delle Alpi era al centro di una delle più antiche vie di comunicazione tra l'Europa Centrale ed il Mediterraneo, punto di incontro e di cerniera tra la civiltà italiana e quella germanica; dalla  Tridentum romana alla città moderna di oggi  sono sfilati molti secoli, per quasi ottocento anni (1027-1803) è stata capitale di un principato del Sacro Romano Impero ed anche il teatro del più lungo e controverso Concilio Ecumenico della storia della Chiesa (1545-1563) che poi tanto ecumenico non lo è stato perché ha sancito il definitivo scisma con Lutero ed il mondo protestante e dato l'avvio alla Controriforma. Resti archeologici, palazzi, torri, castello, mura, antiche chiese testimoniano con le loro architetture di questo lungo cammino, dal romanico al rinascimentale, dal barocco al neoclassico.
Con Paola visitiamo naturalmente la bellissima biblioteca comunale dove da sola certamente  non avrei pensato di andare. Una mostra in corso presenta altre strutture in giro per il mondo. 
Non so da chi nominata, ma Trento risulta essere Città per la pace 2011, ovunque un sacco di manifesti. Lungo il muro esterno di Palazzo Thun, l'attuale municipio, significativa residenza gentilizia frutto di trasformazioni di edifici medievali nella seconda metà del quattrocento e che durante il Concilio di Trento ha ospitato varie congregazioni religiose, ci sono appesi disegni e riflessioni  dei bambini delle elementari.

 Per Ghaida della seconda C, non essere violenta a scuola vuol dire scusarsi e non essere maleducati. Saggia interpretazione, andrebbe bene dappertutto.
Alla sua compagna Alessia, invece, non piace dare le botte. Immagino che per non uscire fuori tema abbia volutamente omesso di scrivere che non le piace neanche riceverle. 

giovedì 19 maggio 2011

Bag Bocconi Art Gallery

La Bocconi, sparuto fiore internazionale all'occhiello nel panorama delle nostre università così bistrattate in un paese drammaticamente miope che non si decide ad investire in cultura e ricerca, l'unica strada  foriera di progresso e cambiamento, ha aperto le sue porte alla città organizzando una tre giorni d'arte. Occasione da non perdere per visitare interni ed esterni del campus universitario, rendersi conto della sua espansione nella città, vedere opere di artisti contemporanei inseriti e valorizzati in grandi spazi che accompagnano il percorso giornaliero dei giovani che studiano e si preparano al loro futuro.

Bello vedere i ragazzi chiacchierare sotto gli alberi o sotto i bronzi di Arnaldo Pomodoro. Le opere d'arte contemporanea in esposizione si integrano armoniosamente con le geometrie e la linearità delle architetture del campus. Spazi pensati per ospitare la didattica e la vita universitaria, ma anche occasione di incontro e confronto con la città. Un buon servizio di guide accompagnavano il pubblico nella scoperta di opere e spazi.

Parete di Marco Casentini
filo a piombo di Franco Mazzucchelli
Uguale- Contrario di Mauro  Staccioli
La seconda edizione di BAG, frutto della collaborazione con gallerie, fondazioni, collezionisti e con gli artisti stessi, presenta oltre 60 opere tra pitture, sculture, installazioni e fotografie. Alcune creazioni sono state pensate e realizzate appositamente per gli spazi dell'Università. Le opere donate, come per esempio "La cancellazione del debito pubblico" di Emilio Isgrò avranno collocazione stabile nell'Università, l'installazione per le altre, momentaneamente prestate, avrà durata di un anno e mezzo. 
Composit di Anna Maria Tulli
Mi ha particolarmente interessato questa creazione del 2007 di Diamante Faraldo, un mappamondo alla rovescia, con l'Africa e l'America del sud che si affacciano sul Mar Glaciale Artico. Anche il titolo fa riflettere:" A nord del futuro".