giovedì 28 febbraio 2013

Canarie: un mondo di sale

Le saline più belle che mi sia capitato di vedere ormai svariati anni fa sono quelle di Trapani e credo siano antichissime, create dai fenici, notori commercianti straordinari, per salare il tonno; loro il sale lo vendevano a tutti i paesi del Mediterraneo. Alle Canarie ho avuto la fortuna di visitarne due, "las salinas de Janubio" fra El Golfo e Playa Blanca a Lanzarote e le saline di El Carmen a Fuerteventura con annesso il bellissimo "Museo del sale".

Lanzarote: salinas de Janubio
 Le saline mi hanno sempre affascinato e non ne conosco la ragione. Forse perché sono luoghi di silenzio, forse perché  sembrano immutabili e fuori del tempo, forse perché il sale è elemento preziosissimo e in qualche modo racconta la storia dell'uomo, un bisogno e un uso che si perdono nella notte dei tempi e per possederlo e commerciarlo hanno circolato carovane lunghe lunghe, cammelli nel deserto e navi per gli oceani, strade di terra e di mare in giro per il mondo dalla Cina lontana fino a Timbuctù nel Mali africano, in suo nome si sono accumulate ricchezze, eretti poteri immensi,  si sono fatte guerre, sono scoppiate rivolte.

Nel 6000 a.e.v. in Cina si raccoglieva il sale dal lago salato Yuncheng quando evaporava l'acqua durante il periodo estivo. In alcune tombe egizie del terzo millennio a.e.v. sono stati rinvenuti resti di pesce salato e recipienti di legno con sale da tavola.
Fuerteventura: le saline di El Carmen
 Gli egizi furono forse i primi a essiccare col sale carne e pesce  e a scambiarlo con prodotti fenici. L'antico porto di Sfax, l'odierna Tunisi, fondato nel primo millennio a.e.v. continua ad essere ancora oggi un'importante snodo di commercio del sale per tutto il Mediterraneo. I celti, ovvero i Galli dei romani come gli imperatori cinesi basavano la loro economia sul ferro e sul sale.
 La maggior parte delle città dell'impero romano sono state fondate accanto alle saline, Roma forniva tutta l'Italia attraverso la via Salaria e i suoi soldati venivano retribuiti anche con il sale.  Genova ha combattuto la Repubblica marinara di Venezia per il controllo del suo commercio diventando con la scoperta delle Americhe il porto di partenza e la strada aperta verso l'oceano Atlantico e il nuovo mondo. In tempi ben più recenti in India il monopolio del sale era completamente in mani inglesi e l'antichissima tassa sul sale in India imperversava ancora. Fu Gandhi nell'aprile 1930 con quella sua marcia da Ahmedabad al piccolo villaggio di Dandi dove raccolse il sale, gesto simbolico poi imitato da tutti gli indiani, a iniziare quel processo per l'indipendenza del suo paese.

In effetti il sale ci accompagna per tutta la nostra vita, il nostro corpo ne ha assoluto bisogno, ma non solo. In Thailandia le donne vengono lavate con acqua e sale  dopo il parto per essere protette dai sortilegi. I Maya usavano il sale come medicina e mescolato con altri ingredienti per il controllo della natalità e nei rituali della nascita e della morte. In certe regioni d'Europa ai neonati si metteva il sale sulla punta della lingua o venivano immersi in acqua salata, rito che vuole forse essere un precursore del battesimo cristiano. In Francia si "salavano" i bambini fino al loro battesimo e in Olanda si metteva del sale nella culla dei neonati.
Nel Medio Evo il sale era simbolo di resurrezione e per questo veniva posto un piatto di sale nei feretri. Era pure costume versare del sale sulle armi dei combattenti che andavano alla guerra, sulle navi che venivano varate e tuttora lo vediamo gettare sul tappeto per terra dai lottatori di sumo come rito di purificazione. Nell'antichità i vincitori di una battaglia cospargevano di sale le rovine delle città conquistate per sterilizzare il suolo. Il sale poi è da secoli messo in stretta relazione con la fertilità.

 Il mito di Afrodite dea dell'amore, che sorge dalle acque di Cipro, rifletteva la credenza nel potere afrodisiaco del sale la cui carenza poteva pregiudicare le funzioni sessuali dell'uomo. I sacerdoti egizi che osservavano il celibato non mangiavano sale per non stimolare l'appetito sessuale. I romani chiamavano "salax", (in stato salato) l'uomo innamorato e a ben pensarci lo diciamo ancora oggi che il cuoco è innamorato se il piatto è troppo salato. In Francia e in tutta la zona dei Pirenei in Spagna si pensava che il sale messo sui vestiti degli sposi prevenisse l'impotenza e per le stesse ragioni in Germania si cospargevano di sale le scarpe delle spose. Pare poi che ci siano incisioni satiriche del XV° e XVI° secolo di donne che cospargono di sale i mariti per "risvegliarli" un po', e tutto sommato si potrebbe provare anche oggi.

Un capitolo a parte merita poi l'argomento della superstizione, e chi lo è sa bene di cosa parlo. Rovesciare il sale sulla tavola si relaziona al tradimento di Giuda che fece cadere la saliera nell'Ultima Cena e la credenza che rovesciare sali porti sfortuna si genera proprio da questo episodio. In qualche modo sta a significare la rottura dei vincoli di fraternità e la protezione di chi sta lassù. Il rimedio sarebbe tirare tre volte un pizzico di sale al disopra della spalla sinistra. In Marocco si occultava il sale nei luoghi oscuri per scacciare gli spiriti maligni che vivono nelle tenebre e nel cucinare si metteva sale sul fuoco del camino per spaventare i demoni attratti dal focolare.
 Nell'Antico Testamento Loth fu prevenuto dal Signore a lasciare con la famiglia Sodoma e Gomorra che stavano per essere distrutte per la loro perversione, ma nessuno avrebbe dovuto voltarsi indietro a guardare. La moglie di Loth non seppe resistere alla curiosità e si girò, la Bibbia racconta che venne trasformata in una statua di sale. Mettere il sale sull'altare o usarlo per esorcismi allontanerebbe gli spiriti maligni. Nel teatro giapponese tradizionale si cospargeva la scena di sale prima di ogni spettacolo.
Le informazioni di questo post e molte altre le ho attinte dal documentatissimo Museo del Sale di El Carmen, varie sezioni ricche di testi e foto come "il sale nell'antichità", "la storia del sale", "la ricerca del sale", "sale e salute", "Riti e Costumi", "Sale e fertilità", "Superstizioni e Miti". Interessanti anche le varie "applicazioni del sale" in cui si scopre che ve ne sono all'incirca 14.000; da semplice condimento (nella preistoria la dieta a base di carne dei cacciatori copriva tutto il loro fabbisogno organico) a conservante è progressivamente diventato una componente di base  nell'industria, soprattutto quella chimica.

Dissolvendo sale in acqua e introducendo l'elettricità si produce l'elettrolisi che permette di ottenere cloro, soda caustica e idrogeno. Nel mondo il 58% del sale è impiegato dall'industria chimica, il 19% per l'alimentazione umana ed animale, il 13% per lo scioglimento del ghiaccio sulle strade e il 10% per usi vari. Nella salina poi all'esterno abbiamo potuto seguire tutte le varie fasi della lavorazione e vedere il "salinaio" all'opera. Sullo sfondo l'impressionante scheletro di un cetaceo arenatosi sulla riva.



Le saline: esperienza interessante e bellissima!














martedì 26 febbraio 2013

a César Manrique "pastore di venti e vulcani"


Benvenuti a Taro de Tahìche, alla Fondazione César Manrique, luogo magico  
che lui da solo merita un viaggio a Lanzarote; atelier-casa-museo di questa personalità lungimirante e poliedrica, pittore, scultore, architetto, paesaggista, urbanista, restauratore, anima guida e valorizzatore di tutta l'isola. Stupore e incantamento accompagnano il visitatore durante tutto il percorso, dall'ingresso all'uscita, a partire da tutte quelle "gerie", muretti di pietra semicircolare per proteggere le piante dal vento e tipiche di tutta l'isola accanto al parcheggio delle macchine.

Su terreni lavici risalenti alle eruzioni del periodo 1730-36 sorge questa residenza costruita nel 1968 da Manrique tornato dal soggiorno a New York e deciso a stabilirsi definitivamente sulla sua isola natale;  abitata dall'artista fino al 1988, il complesso viene poi donato all'omonima Fondazione creata con un gruppo di amici nel 1882 e inaugurata ufficialmente 10 anni dopo. La Fondazione privata e senza fini di lucro è un centro aperto di studio e dibattito che persegue l'obbiettivo di contribuire a incentivare e diffondere l'attività artistica, ambientale e culturale nonché promuovere conservazione e creazione di spazi architettonici inseriti nella natura.

L'edificio, costruito su 5 bolle vulcaniche naturali di grandi proporzioni si articola su due livelli, 1800 metri quadri di superficie abitabile cui si aggiungono i vani dove in passato alloggiava il personale, terrazze e giardini. Il piano superiore è ideato secondo i canoni dell'architettura tradizionale di Lanzarote integrati con elementi costitutivi di concezione moderna (ampie vetrate, vaste sale) un tempo vani abitativi e ora adibiti a esposizione museale; il livello sotterraneo è ricavato nelle cinque bolle vulcaniche collegate da César Manrique tramite stretti corridoi scavati nel basalto della colata lavica. Bar e boutique  risultano dalla trasformazione del'ex-garage. 



Esterni ed interni, l'albero che  esce dalla bolla vulcanica-stanza soggiorno e la lava che entra dalla finestra, le fantasie incontrollabili della natura e quelle costruite dalla sapiente mano dell'uomo si fondono totalmente in un connubio magico ARTE-NATURA / NATURA- ARTE  esemplificazione del pensiero estetico dell'artista e della sua originale proposta d'integrazione dei vari elementi.

 Il suo obbiettivo è un'idea di arte totale, in cui pittura, scultura, murales e architettura vengono inseriti in spazi selezionati della natura, al cui carattere si adattano grazie all'intervento dell'artista. Vedremo altri realizzazioni sulla sua isola e a Fuerteventura, oltre i confini dell'arcipelago delle Canarie Manrique lavorerà in Spagna. Sostanzialmente si tratta di interventi di opere pubbliche-belvedere, giardini, ripristino di spazi degradati, lavori di ristrutturazione del litorale-in cui al pari dei progetti di Lanzarote viene proposto un dialogo rispettoso con la natura e in cui si coniugano i valori architettonici della tradizione locale con soluzioni e tecniche moderne.
Si considera molto fortunato César Manrique per essere nato in un'isola "insolita" dove ha potuto contemplare con grande attenzione ogni pietra, ogni torrente di lava, il disegno pieno di sentimento dei numerosi vulcani, il talento della natura ..."Tutta la mia pittura è vulcanologia e geologia..." dirà l'artista nato ad Arrecife, formatosi all'Accademia di Belle Arti di Madrid, vissuto in varie capitali fra cui  Parigi e New York e ritornato infine nella sua Lanzarote dove è stato infaticabile promotore di uno sviluppo sostenibile e eco-compatibile dell'isola. Imboccata la strada dell'arte non figurativa, influenzato fra altri da Fautrier e Dubuffet, a diretto contatto con l'espressionismo astratto di Rothko e Pollock e il pop di Warhol e Rauschenberg durante il soggiorno americano i suoi quadri abbandonano ogni illusione di realtà e frutto della sua vocazione astratta indagano le qualità del colore e della materia fino a farne i protagonisti indiscussi delle sue composizioni.
 
Quale esposizione temporanea alla Fondazione si tiene in questo momento la mostra "El taller de los suenos" , l'officina dei sogni, occasioni per conoscere gli spazi intimi del lavoro di César Manrique (1919-1992), gli spazi ricchi di oggetti personali, attrezzi del mestiere, barattoli di pittura, pennelli, carte, stoffe dove prendevano vita le sue idee plastiche. Curiosa come sono mi è piaciuto leggere una sua agenda personale, il 18 di non so quale mese e quale anno era a Cuzco e poi il 19 si è messo in viaggio per Venezia. Gira per il Canal Grande, alloggia al Danieli, il 20 visiterà la Biennale di Architettura Islamica, proprio una vita dedicata all'arte e alla bellezza.
César Manrique, pastor de vientos y volcanes, lo chiama il grande poeta Rafael Alberti nella bellissima poesia che gli dedica durante il suo soggiorno a Taro de Tahiche nel 1979. " Torno a incontrare il mio azzurro, il mio azzurro e il vento, il mio splendore, la luce indistruttibile, che ho sempre sognato per la mia vita. Qui stanno i miei suoni, le mie musiche lasciate, le mie prime parole bagnate dalla spuma.....


Taro de Tahiche, il lavoro di César Manrique, la Fondazione, l'antracite del basalto, il verde intenso delle piante, il bianco lucido della lava rivisitata, la luce e il vento che accompagnano sempre, la cornice delle montagne,  spunti di riflessione, emozioni preziose suscitate da tanta bellezza.

 L'autoritratto che César Manrique propone di se stesso nel 1970