lunedì 4 maggio 2009

il bassin d'Arcachon: Ostriche ed oceano



Eccomi di nuovo sul treno, ma questa volta non ad est, in Borgogna, ma direzione sud- ovest, Bordeaux ed il Bassin d' Arcachon. Gare di Montparnasse e tre ore sul mitico TGV, il treno a grande vitesse che macina a velocità supersonica e silenziosissima decine e decine di kilometri. A Bordeaux, sul marciapiede opposto la coincidenza col treno dell' Aquitaine che collega in un'ora Bordeaux con Arcachon, praticamente un pendolare della costa, scendo una fermata prima, a Goujan-Mestras. Non è per fare l'esterofila accanita, ma i treni francesi saranno anche più cari, in effetti lo sono, ma come efficienza, puntualità, organizzazione, livello delle carrozze sono anni luce superiori a quelli italiani.

A Goujan Mestras mi aspetta sulla banchina Françoise, amica carissima degli anni della scuola francese a Milano, meglio non dire ormai quanti sono. Prof. di fisica, 3 figli fra cui Stefano e Mattia, il primo compagno di classe e grande amico all'epoca di Francesco, Mattia compagno ed amico di Marco, entrambi ora apprezzati batteristi e interpreti di jazz, talento ereditato dal padre, batterista famoso. Negli stessi anni in cui ci eravamo trasferiti a Nizza, Françoise con i suoi ragazzi é tornata a vivere nel paesello natio, la casa dei genitori e della sua infanzia e non l'ha più lasciata. Per qualche anno ci eravamo perdute di vista, ma poi eccoci qualche anno fa in Honduras insieme per tre settimane a visitare Francesco che ci viveva, zaino in spalla on the road in quel paese lontano e ciacole a dismisura, si é allora rinsaldato quel filo esilissimo e robustissimo che é una vera amicizia. Da molto tempo desideravo venirla a trovare e conoscere meglio un altro angolo di questa bellissima Francia, finalmente c'è l'ho fatta, godo ora di una libertà di movimento mai assaporata prima, meglio tardi che mai. Bordeaux non l'ho visitata, ho visto solo la stazione e domani alla partenza vedro' l'areoporto, me la ricordo bellissima come peraltro tutte le città francesi sempre attente a rispettare e valorizzare il proprio patrimonio urbanistico, Françoise mi dice che ora é ulteriormente migliorata, con molte zone solo pedonali e sgombre di traffico grazie al tram recentemente installato e con i "quai" della Garonna tutti restaurati.
Parlero' del bassin d'Arcachon, questo tratto estremo del continente di costa fancese con i suoi pini, la sabbia onnipresente e soprattutto l'acqua che parla voci svariate nelle sue diverse forme. C'é la voce quasi assordante e prepotente dell'oceano, 200 kilometri di onde fragorose e spiagge quasi deserte senza soluzione di continuità da qui alla Spagna, c'é quella monotona e discreta del bacino, un immenso golfo lagunare costantemente visitato ed alimentato dall'oceano, cento kilometri di circonferenza per farne il giro in macchina, le due voci che si mescolano e si fondono a Cap Ferret, lingua estrema di terra che da un lato chiude quasi il bacino e dall'altro si lascia lambire dal mare aperto, il gorgogliare allegro e pudico del fiume Eyre che anche lui vuole partecipare a questo festino della natura. Questo angolo di paradiso naturalistico viene scoperto verso il 1840, quando, come nel far-west americano arriva la ferrovia: ad un'ora e mezzo di treno i ricchi "bordelais" (seguiti poi dai parigini) si ritrovano in un altro mondo che nulla ha a che vedere con la città, la crescente e redditizia cultura delle ostriche fa il resto, nasce e si conferma la fama e la prosperità del bassin d'Arcachon, fra i primi centri ostricultori d'Europa. Qui tutto vive intorno all'ostrica, ed é l'oceano con le sue due maree giornaliere, (6,20 ore ogni volta per avanzare e parimenti retrocedere in un ciclo infinito eppure sempre diverso per orario ed intensità delle maree) a dettar legge; da tempo immemorabile, i pescatori adeguano i loro ritmi quotidiani di vita a quelli dell'oceano, anche l'architettura locale ne é condizionata, lungo i numerosisimi porticcioli del bassin tante minuscole coloratissime capanne di legno servono per i vari lavori intorno all'ostrica che non si possono fare in acqua nei luoghi di cultura. L'ostrica, quando la mangiamo, non é una ragazzina, tra fasi varie, ha fra i 3 e 4 anni al suo arrivo in tavola. Sul posto non c'é nessun problema, più' fresche di cosi' si muore, sono i tempi di trasporto l'eventuale pericolo, percio' praticamente degustazione tutti i giorni a pranzo a 12 per volta ed in un contesto fantastico, porticcioli, sole, vento, ritmi supersoft, bucolici silenzi. Mi vergogno pero' a dire quante ne ho mangiate, e non solo perché non sono casher ( gli amici conoscono la mia elasticità ebraica), ma perché allo zero calorie del soggetto in questione, si accompagna pane nero e burro a volontà con i risultati per la linea che ne conseguono.

Audenge, Biganos, Le Teich, Gujan-Mestras, porticcioli e vari centri intorno al bacino sono rimasti col sapore di un tempo, certamente più costruiti che nel passato, ma non snaturati o insopportabilmente turistici: villette spesso a palafitta basse basse di muratura e soprattutto legno, con i tetti smerlati, giardini curati da Biancaneve ed i sette nani, passerelle di legno che si snodano nelle zone di terra ricoperte di prato che l'oceano a volte si inghiotte, i famosi prés-salés. A tanta deliziosa modestia architettonica fa eccezione Arcachon, la più famosa, la più chic, la stazione balneare d' elezione più antica della borghesia opulenta di Bordeaux ( ne era innamorato anche D'Annunzio che si sa era un po' pazzo, ma di belle cose se ne intendeva). Nel quartier d'hiver, il cosiddetto quartiere d'inverno, sulla parte alta del borgo marino, ci sono ville fine ottocento, primo novecento da mozzare il fiato, che non a caso sono state studiatissime ed hanno dato luogo ad uno stile ( rococo'- moresco) che appunto si chiama " arcachonnais". Una parte in muratura, una parte in mattoni rossi, tetti e infissi in legno colorato ed intarsiato, decorazioni geometriche ed alcune inserzioni art-déco in maiolica, un puro splendore, vedere per credere.


Termino in bellezza con la dune du Pyla, un'immensità bianca di 105 metri, la più alta d'Europa che si snoda davanti all'oceano vicino al bacino. Alta solo 35 metri un secolo fa, la duna non ha smesso di amplificarsi e di avanzare contro la foresta di pini alle sue spalle; se ci sali ti crederesti nel Sahara, ma sei in Francia, in Aquitania.

Domani sera vedro' invece il ponte della Ghisolfa, prototipo di bellezza urbanistica milanese, ma bisogna sempre tornare a casa per poter ripartire.