lunedì 14 giugno 2010

Berlino: anche gli eroi hanno delle brutte giornate

Un mio compagno di viaggio, Pascal Lacerenza, vede Berlino così: un collage di frammenti e manifesti strappati e  sovrapposti; una città multiforme e straordinaria, profondamente rispettosa del passato, piena di curiosità presenti, ingorda di futuro. Bella la sua opera, mi sembra cogliere l'humus di questa metropoli così ricca di storia, di spunti e di fermenti.

A Berlino c'è molta fantasia, dall' irrisoria scarpa in gabbia nella  vetrina di un negozio all'incredibile atrio della DZ Bank progettata dall'architetto americano Frank Gehry in Pariser Platz, una balena racchiusa fra un oceano di cemento.

Tutto è interessante: dalla Postdamer Platz, vetrina del rinnovamento urbano e forse il simbolo più visibile della nuova Berlino ai rassicuranti e deliziosi strudel che per fortuna non sono passati di moda e fanno sempre bella mostra di sè.





Il Parlamento progettato da Foster è semplicemente stupendo e gli uomini del potere che legiferano sono  all'insegna della visibilità e della trasparenza, bella scelta e non solo di valenza architettonica.

Ovunque un'esplosione di musei, nuovi e vecchi, restaurati o reinventati, occorrerebbero mesi per visitarli tutti e sulla Karl Marx Allee non ci sono più le parate militari dell'occupazione  comunista, ma alberi, zone pedonali, negozi.











Il muro non c'è più, ma in realtà è rimasto nel cuore e nella testa degli abitanti di Berlino. Chi vive di qui e chi vive di là, ognuno rimane nella sua parte e non va nell'altra- mi dice un taxista pachistano mentre riaccompagna la sera le mie stanche membra in albergo. Se lo dice, avrà senz'altro ragione, 20 anni per la storia non sono niente, forse il cambiamento è più facile per i giovani che per le vecchie generazioni, il passato, anche se rielaborato, è ancora molto presente.

Ho scritto molto della Berlino ebraica, forse troppo, ho scritto molto degli orrori del Terzo Reich e della successiva divisione della città, forse troppo. Il fatto è che la città testimonia molto, forse troppo del suo terribile passato, onnipresente e forse sovraesposto.  In ogni angolo di Berlino ci sono monumenti, mausolei, memoriali, edifici commemorativi, targhe. E' tutta una testimonianza a cielo aperto: per le vittime del T4, per quelle omosessuali, per quelle ebree, per quelle tedesche che avevano tentato di opporsi al regime, per le vittime della Guerra Fredda, per le vittime della persecuzione della Stasi, per i soldati dell'Armata Rossa caduti durante la Battaglia di Berlino. Mi sono chiesta del resto come si fa a vivere in una città che documenta in modo così sistematico, circonstanziato e quasi ossessivo la sua storia; camminando e visitando, a volte ci si sente veramente schiacciati dal suo peso. Detto questo, rispetto profondamente la Germania di oggi, un paese realmente pacifista che si interroga fin nelle viscere più profonde e buie sulla sua storia. Nessun altro paese ha perseguito con tanta onestà e pertinacia questo obbiettivo, non certo il Giappone o l'Italia che si professa sempre tutta antifascista o la Francia, che solo con il processo a Klaus Barbie nel 1987 è stata costretta a guardare ed interrogarsi sui crimini e gli orrori del regime di Vichy. La Spagna comincia solo ora a dibattere su quei terribili anni della sua guerra civile dal '36 al '39 che ha dilaniato e smembrato un intero paese, intere comunità e famiglie. Se è vero che solo la conoscenza della storia e l'educazione possono formare diversamente gli uomini e cambiare positivamente una coscienza collettiva, ed è vero, mi pare che la Germania questo doloroso, ma necessario lavoro lo stia proprio facendo. Ai  giovani a scuola si insegna il capitolo più  indicibile della storia del loro paese  e si compie uno sforzo costante di diffusione della conoscenza sulla tragedia dell'Olocausto. Purtroppo non si insegna   con lo stesso spirito e nella stessa direzione ai giovani palestinesi che non hanno nemmeno segnato Israele sulla loro carta geografica della Palestina e che vengono invece formati a diventare bombe umane con una cintura di tritolo sulla pancia nell'al di qua e con le vergini in premio nell'al di là. Sui banchi di scuola loro imparano che ogni ebreo che muore è una gran festa.

Davanti a un museo c'era un gran superman rovesciato con la testa all'ingiù, non so di quale artista ed accanto la scritta: -Anche gli eroi hanno delle brutte giornate-  Mi è sembrata una frase perfetta per Berlino.

Visitare Berlino per soli 4 giorni è come prendere l'aperitivo, ti mangi qualche oliva e due salatini, ma la fame ti resta, eccome, anzi viene ulteriormente stuzzicata, una gran voglia di tornarci, di rimanerci a lungo, di esplorarla in lungo e in largo. Vedremo..... Nel frattempo ringrazio i miei splendidi compagni di viaggio, con loro sono sempre pronta a ricominciare una nuova avventura.

domenica 13 giugno 2010

Berlino: pieni e vuoti

I CIAM (congressi internazionali dell'Architettura Moderna) promossi da Le Corbusier presentano La Carta di Atene, testo fondatore dell'architettura ed urbanistica moderna. Il testo enuncia i criteri per migliorare le condizioni di vita nella città moderna, per lo svolgere armonioso delle 4 funzioni umane: abitare, lavorare, divertirsi, spostarsi. Interessante notare la data di questo documento, il 1933, lo stesso anno della presa al potere di Hitler, animato da ben altri ideali. Visitiamo questo "village vertical" del grande architetto.
L'edificio è proprio attaccato al Olympiastadion (ora completamente rimodernato), quello creato per i Giochi Olimpici del 1936. Quei Giochi testimonieranno la diffusione di una nuova concezione dell'attività agonistica, utilizzata ai fini dell'educazione patriottica e della propaganda politica. Durante i Giochi di Berlino si applicherà un rituale simbolico di celebrazione del regime nazista, che condizionerà le successive cerimonie pubbliche; le Olimpiadi assumeranno così il ruolo di spettacolo di massa e di strumento di battaglia politica, Guardando il panorama intorno dal 15 piano mi tremano le gambe perchè  vedo Maifeld, un grande campo ad ovest dello stadio con la maestosa Torre dell'Orologio, veniva usato per i grandi raduni di massa del regime come risulta da tante foto dell'epoca.  Per fortuna il mitico Jesse Owens, americano e nero come la pece vinse 4 medaglie d'oro, Hitler incazzatissimo non volle assistere all'assegnazione dei premi.
Fare un viaggio focalizzato sull'architettura ed essere a Berlino, Eldorado per architetti ed artisti del mondo intero  ha fatto naturalmente sorgere in me una domanda: nella volontà encomiabile della Germania di voler ricostruire una città distrutta  testimoniando e documentando senza veli il suo tragico passato, come architetti e scultori hanno tradotto l'orrore? In pittura c'è la scelta del soggetto, la drammaticità del tratto, l'intensità del colore o la sua assenza, nella scrittura c'è il potere smisurato della parola, ciò che dice, ciò che non dice, ma evoca, il silenzio delle sospensioni della punteggiatura, ma quali sono gli strumenti di lavoro di un architetto? Quali le coordinate dell'alfabeto di uno scultore? Mi sono risposta: con la scelta dei materiali, con il rigore della struttura, con l'alternananza di vuoti e pieni, con un uso sapiente della luce. 
Parla chiaramente l'architettura del Museo Ebraico di Daniel Libeskind, l'edificio è una metafora della storia tormentata del popolo ebraico. Cemento grigio, pareti ricoperte di zinco secondo una pianta con angolazione zigzagante, soffitti tagliati da segmenti irregolari, al posto delle finestre, aperture irregolari che sembrano lacerazioni, perforano i muri. Le alte colonne ti schiacciano, ti costringono al silenzio, ma, straodinario, all'apice del cemento le fronde degli  ulivi, anche dopo il male assoluto rispunta la vita.




Parla chiaramente tutto quel vuoto nell'area della Topografia del Terrore. Una sobria costruzione per mostre espositive sul Terzo Reich  e una grande spianata di muti ed anonimi sassi grigi.

Parla chiaramente quella "Biblioteca Vuota" dell'artista Micha Ullmann in Bebelplatz. Una semplice stanza interrata con le pareti ricoperte di scaffali bianchi completamente vuoti. La si vede attraverso una lastra di vetro che la sera manda gelidi bagliori di luce.
La scelta del vuoto anche per il vecchio cimitero ebraico ovviamente distrutto. C'è solo un prato ed all'ingresso l'unico pieno è una scultura prelevata dal campo di concentramento di Theresienstadt.     









Al posto di una vecchia fermata di metropolitana che al tempo si chiamava Tiergarten, c'è la scultura dell'artista americano Richard Serra. Del ferro arrugginito per due pareti semicircolari che al centro si restringono, si può entrare, ma non si potrà più uscire. Di grande forza espressiva la scelta del materiale e l'opera, stanno a ricordare l' "Aktion T4",  il programma nazista di eugenetica, che prevedeva la soppressione o la sterilizzazione di persone, affette da malattie genetiche inguaribili o da  gravi malformazioni fisiche. Si stima che l'attuazione del programma "T4" abbia portato all'uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000 e parliamo di tedeschi. L' uccisione di disabili proseguì, oltre la fine ufficiale dell'operazione, (la popolazione capì e protestò) arrivando a  200.000  vittime. "T4" è l'abbreviazione di "Tiergartenstrasse 4", nella zona di  Berlino dove era situato il quartier generale dell'ente pubblico per la salute e l'assistenza sociale.
Ultimo spunto di questa riflessione il Monumento commemorativo agli ebrei sterminati in tutta Europa dell'architetto Peter Eisenmann: 2711 blocchi di cemento rettangolari di varie dimensioni, un immenso labirinto di tombe, senza una scritta, senza una parola. L'architetto non ha voluto uno spazio chiuso, un luogo museale, ma una struttura aperta nella città, integrata nel cuore della città. La sua costruzione ha dato luogo a molte polemiche, c'erano già molti luoghi commemorativi, occupa una grande superficie,costi grandissimi, una totale assenza di verde, tutto vero eppure......... Eppure è una incredibile città svuotata, la struttura ti ingoia, tutte le certezze vacillano, la città scompare ed anche l'uomo scompare. 
Poco lontano il bunker degli ultimi giorni di Hitler, sul luogo hanno costruito un parcheggio.

venerdì 11 giugno 2010

Berlino: le foto che parlano



Questa foto mi sembra più significativa di tante parole perchè sintetizza visivamente la tragedia  di Berlino nel XX secolo: la prima serie di mura basse è quel che resta delle fondazioni della Gestapo, il secondo muro più alto dietro è il simbolo più potente ed evocativo della Guerra Fredda, quel Muro lungo 160 km costruito fra Berlino est e Berlino ovest nel 1961,  fino al 1989 ha non solo simbolicamente, ma concretamente tagliato in due un paese, l'anima di una nazione, una città, famiglie e uomini. L'imponente edificio sullo sfondo, ora sede del Ministero delle Finanze è stato prima la sede della Luftwaffe, la terribile areonautica militare nazista diretta dall'altrettanto terribile Hermann Goering per poi diventare la sede del Partito Comunista durante gli anni della divisione. Questo luogo e l'area intorno, le due immense  cicatrici storiche di Berlino, il nazismo e la divisione, cicatrici che sono voragini, è  stato chiamato La Topografia del Terrore perchè qui sorgevano le istituzioni più temute del Terzo Reich, il quartiere generale della Gestapo, il comando centrale e il servizio di sicurezza delle SS.



Dietro il superbo Reichstag di Norman Foster un bel punto panoramico sul fiume, ma l'acqua trasparente è in realtà ancora rossa di sangue per coloro che hanno  tragicamente  tentato di passare a nuoto da una riva all'altra, due sponde, due realtà totalmente diverse, due mondi senza possibilità di incontro. Più luoghi a Berlino ricostruiscono la storia del Muro e della divisione, commemorano le sue vittime, dalla Haus am Checkpoint Charlie al Gedenkstaette Berliner Mauer al Monumento per le Vittime del Muro.


"Quando si cominciano a bruciare dei libri, si finisce col bruciare degli uomini." Quasi un secolo più tardi le polemiche parole del poeta ebreo tedescho Heinrich Heine si riveleranno  drammaticamente premonitrici: in Bebelplatz, il primo rogo di libri "degenerati"  il 10 maggio 1933.



E'  quel che resta della vecchia sinagoga, la più grande della Germania, profanata nel pogrom del 1938, la cosiddetta Kristallnacht, ridotta dai nazisti a magazzino e poi quasi completamente distrutta dalle bombe alleate nel '43. Dietro, la Neue Synagoge totalmente ricostruita in stile moresco-bizantino secondo l'originale del 1866 con la sua scintillante cupola dorata.


un muro crivellato. Non è stato distrutto, non è stato restaurato, racconta la sua storia ed i suoi buchi.

Qui ha abitato.........Davanti a molte case, davanti a tanti androni, per terra, incastonate sul selciato delle targhe in ottone con dei nomi, data e luogo di deportazione, data e luogo di morte. Sono quadrati minuscoli, camminando ci metti i piedi sopra e spesso non li vedi nemmeno. In Germania vivevano 560.000 ebrei, poi è stata Judenfrei, senza ebrei. Qui ha abitato.......

E' possibile ricostruire in un museo l'altare di Pergamo o l'immensa Porta del Mercato di Mileto? Si, l'ho visto nello stupefacente Pergamon Museum. E' possibile incantarsi davanti alla bellezza di una collana o delle statue che hanno "solo" 4000 anni di storia? Si, l'indirizzo  eccezziunale veramente è sempre lo stesso, Pergamon Museum.




















Ecco le prime impressioni a botta calda di Berlino, città assolutamente straordinaria.

sabato 5 giugno 2010

Il parco di Woerlitz e Dessau

Prima di Dessau, nostra meta architettonica, mattinata naturalistica al parco di Woerlitz, sotto la tutela dell'UNESCO, un centinaio di ettari di giardini con castello neo-classico, corsi d'acqua alimentati dall'Elba, lago, tempietto in stile greco e persino una sinagoga per la fiorente comunità ebraica del luogo. Bello e curatissimo, ce lo giriamo tutto in barca con rematore tedesco generoso di spiegazioni. Questo stupendo parco, terminato a fine '800 e progettato dal principe Leopoldo dalla reggenza tollerante e rispettosa degli ideali illuministici, è sintesi di classicismo architettonico e scienza paesaggistica dei giardini all'inglese, anche all'epoca sempre aperto ed a disposizione della popolazione, testimonianza di disponibilità non usuale due secoli fa..
La  regione Sassonia-Anhalt, ruolo centrale del potere ai tempi della DDR, nella nuova Germania fa  figura di figlio povero. E' il Land perdente della riunificazione: la sua situazione economica è la peggiore di tutto il paese, ha il più alto tasso di disoccupazione, il più basso di natalità ed il maggior livello di emigrazione.  Anche senza queste informazioni, la visita a Dessau è esplicita: la città è morta e vuota, per le strade non circolano nè persone nè macchine, in pieno giorno a parte un pò di movimento nella zona pedonale dei negozi, si respira un senso di desolazione e tristezza. Dessau è stata bombardata e distrutta all'85% dagli alleati il 7 marzo 1945.




 




Attirata da una lunga fila di reggiseni mastodontici allineati in fila su una bancarella della piazza centrale, l'opulenza delle tette ariane è nota, parlo a lungo col loquace proprietario turco. Finiti i tempi degli affari d'oro, dei centomila abitanti ne sono emigrati ben 40.000, anche lui, residente in città da più di vent'anni, sta meditando di andarsene a sud, probabilmente a Monaco dove c'è più lavoro e circola più business. Evidenti gli investimenti e gli sforzi di restauro, ma c'è ancora molto da fare.

Anche se per un periodo relativamente breve, dal 1925 al 1932, è a Dessau che il Bauhaus riesce finalmente a concretizzare le sue idee: un movimento globale non solo in architettura, ma che comprende tutte le discipline artistiche interpretate come complementari fra loro. I nuovi germi creativi fioriscono, pittura, scultura,  lavoro su legno, metallo, tessitura, ceramica, musica e teatro, una sinergia fra le arti mai pensata prima. Se a Weimar Walter Gropius era riuscito a riunire intorno a se i più grandi talenti dell'epoca, è a Dessau che questi diventano finalmente operativi,  si crea la scuola, (completamente restaurata che visitiamo) con gli atelier di lavoro, con il teatro, la mensa, le case per gli studenti, un campus universitario ante litteram.

 


Questa scuola pluridisciplinare mirava ad abolire la distinzione fra "belle arti" ed "arti applicate" ed a fondere l'elemento artistico con la quotidianità. Banditi gli elementi decorativi puramente ornamentali, si ricercano linee pulite e decise, per la prima volta si pensa al "prefabbricato" ed alla produzione in serie. Walter Gropius (suo primo direttore) sosteneva che "la forma dipende dalla funzione" e Mies van der Rohe (suo terzo ed ultimo direttore) dirà che "il meno equivale al più" dunque bellezza epurata delle forme, essenzialità, funzionalità, razionalità ed adattabilità tecnica conforme al progresso industriale, case, oggetti, mobili ( si pensi alle sedie di Marcel Breuer per esempio) studiati per essere prodotti su larga scala. Un' architettura semplice e funzionale ma studiatissima in ogni dettaglio, l'uso dei tre colori primari rosso- giallo- blu-, fusione di funzionalità ed estetismo; 
praticamente i principi del Bauhaus sono alla base dell'architettura moderna e del design. Secondo la destra conservatrice il Bauhaus minava i valori tradizionali, la scuola disturba, Gropius rassegnerà le dimissioni, Mies van der Rohe tenterà di trasferirla come scuola privata a Berlino dove il Terzo Reich penserà bene di farla chiudere nel '33. Entrambi i direttori emigrano  negli Stati Uniti dove diverranno celeberrimi, molti architetti della scuola scapperanno a lavorare in Israele, c'è una città da costruire nell'urgenza,Tel Aviv, che non a caso nel centro storico è tutta architettura Bauhaus.      
Lungo una pittoresca strada alberata a nord della scuola, vedremo tutte restaurate le Meisterhaeuser, le case degli insegnanti, dove i grandi nomi delle arti del XX secolo vivevano da vicini di casa, quella di Kandinskij e Klee è visitabile anche all'interno. Progettate da Gropius per i docenti anziani della scuola, queste bianche strutture cubiste esemplificano il fine del Bauhaus di un "design per vivere" nel mondo industriale moderno.
Per finire una passeggiata a Toerten, un quartiere operaio a sud di Dessau concepito da Gropius fra il 1926 ed il '28 secondo i principi razionalistici ed avanguardisti del movimento. Se il termine "case popolari" richiama alla mente squallidi condomini di cemento, il complesso di Toerten, immerso nel verde, è tutta un'altra cosa. La prima delle 316 case che costituiscono il quartiere è  tutta in acciaio, 
il Bauhaus studiava e sperimentava anche i vari materiali, ma veniva a costare troppo ed è rimasta un prototipo di solo valore storico, Tutte le case, prefabbricate e montate in 6 ore, hanno la stessa struttura esteriore, ma diverse metrature all'interno. In una di queste villette c'è il Moses Mendelsohn Zentrum, grande filosofo illuminista e nonno del compositore Felix. 
Arrivederci Dessau, Berlino ci aspetta, mi piazzo in mezzo alla strada e faccio cenni a Edi, l'autista del nostro autobus, sorridente e simpatico, ma imbranatissimo. Dai Edi, sveglia, vieni a prenderci, noi siamo qui........