mercoledì 26 novembre 2014
Gerusalemme: incidente quasi diplomatico
Lungo la strada minareti che svettano, la vista del ponte di Calatrava e poi cupole dorate: non c'è ombra di dubbio, è la bellissima e magica Gerusalemme. Talmente magica che ci rimango sempre per periodi brevissimi, perchè per me, astemia e laica impenitente è troppo intensa, troppo seria, troppo religiosa, troppo tutto, come un liquore super alcolico da sorseggiare col contagocce sennò cuore e testa vanno in tilt e poi il momento è brutto, escalation di violenza, si parla con insistenza di una nuova intifada, anche se strade, negozi e caffè sono gremiti e tutti fanno finta di niente perché in Israele si vive così, alla giornata. Capitano macchine terroristiche che investono all'improvviso passanti e bambini per strada, tanto per gradire, e nei due giorni del mio soggiorno non era ancora successa la strage nella sinagoga.

Albergo con balconi pieni di gerani fioriti manco fossimo in Tirolo in King George street, nel cuore della Gerusalemme ebraica fuori le mura, proprio accanto alla sinagoga centrale , dalla finestra della stanza vista stratosferica, le luci della città che si accendono al tramonto e nella hall c'è una parete piena di foto: tre mi piacciono in particolare, come l'ortodosso che discute con il punk, non ne conosco gli autori. Nella città vecchia, mi si dice che è più prudente non andare, ma disubbidirò, la sua bellezza è sempre una calamita.

Eldad mi propone la visita a piedi dei quartieri più belli della Gerusalemme ebraica fuori le mura, Rehavia e Talbyieh, i quartieri chic abitati da happy few di tutto il mondo e nascosto tra le foglie di un terrazzo mi capita di scorgere uno stupendo jack russel, un'orecchia su un'orecchia giù, bei viali alberati, bei palazzi di quella pietra bianco-rosa che contraddistingue tutti gli edifici della città, giardini fioriti, il conservatorio, ambasciate.

Nelle mie visite gerosolomitane mi ero sempre fiondata in musei e città vecchia, non conoscevo affatto questa parte di Gerusalemme fuori le mura; grazie Eldad, mi è piaciuta molto questa passeggiata a piedi nella calma e nel silenzio di un sabato mattina e abbiamo trovato perfino un caffé aperto

Te la vedi la pericolosità di una turista italiana come la sottoscritta che con una minuscola Nikon si mette a fotografare per il suo blog l'edificio dove lavora il Bibi nazionale, ovvero il primo ministro Netanyahu? Come se i male intenzionati avessero bisogno della mia banale istantanea per essere informati. Purtroppo i coglioni si incontrano a tutte le latitudini e si materializza ringhiando una guardia troppo zelante che mi sequestra l'apparecchio, mi impone di cancellare la foto incriminata, mi fa un terzo grado e studia per 20 minuti il mio passaporto e per fortuna ce l'avevo in borsa. Mi sono sentita importante, ancora un po' e faccio scattare un incidente diplomatico. Poco distante l'edificio dove lavora il Presidente: ho pensato che lui evidentemente non conta molto perché ho potuto immortalarlo indisturbata.
sabato 22 novembre 2014
Rosh HaNikra: al nord estremo
Nord estremo si fa per dire, tutto è relativo, intitolato così forse viene da pensare ai freddi polari, invece Rosh HaNikra è un nord del sud, l'estremo punto nord, ma di Israele, dove fa caldo anche quando fa freddo. Ogni paese crea le parole di cui ha bisogno nel contesto della sua realtà: l'inglese possiede molti modi per dire "la pioggia", leggera, scrosciante, mista a gelo, chissà quante parole hanno in dotazione gli esquimesi per i diversi tipi di neve. In Israele la terra è ostica, fatta di deserto e pietre, tante pietre, e allora ecco più espressioni lessicali in ebraico per roccia, una parola specifica persino per una roccia col buco."Nikra"= buco nella roccia", "rosh"=testa, Rosh Hanikra = la testa di una roccia col buco e i conti tornano, la testa è il promontorio e le grotte sono i buchi nella pietra. Questo del resto è l'unico tratto di costa rocciosa e non sabbiosa del Mediterraneo che lambisce Israele.

E' la prima volta che ci vado e pensavo che dietro quel punto bianco che si vede in fondo in fondo dalla baia di Haifa ci fosse un paese e invece no, solo un promontorio roccioso e il lavorio costante del mare che ne ha scavato le viscere; come insediamento umano c'è solo l'omonimo kibbutz, (lo si vede con le sue serre sulle alture vicine di questa Galilea orientale) che coltiva banane, fiori, cotone e che rimpolpa le sue finanze gestendo la teleferica che porta alle grotte giù nello sperone. Eldad si ricorda di quando, bambino, a quelle grotte ci andava a piedi. Rosh Hanikra segna il confine invalicabile con tanto di cartello " Border Ahead no entrence" fra il Libano e Israele; purtroppo, e questa è l'eterna tragedia, non si può certo parlare di buon vicinato con il paese che sta a un tiro di schioppo sul versante opposto del crinale della collina.

Alla base del promontorio, non ci sono solo le grotte da visitare, ma anche due tunnel adibiti a esposizione museale con una proiezione filmica che è quel che resta della ferrovia costruita durante il mandato britannico, un collegamento sulle rotaie fra il Medio Oriente e l'Europa, ora la linea ferrovaria si interrompe a Naharia, poche fermate dopo Haifa. Gli inglesi, con l'aiuto di migliaia di lavoratori, australiani, neo-zelandesi, sud- africani hanno costruito all'epoca questa ferrovia scavata nella roccia dotata anche di un ponte sospeso che collegava Haifa a Beirut e Tripoli in Libano e proseguiva poi fino a Istambul. Fra gli anni 1943-1948 la ferrovia ha risposto ai bisogni di trasporti bellici degli inglesi.

Denso di storia questo tratto di ferrovia che non esiste più: nell'estate del '44, degli ebrei scampati ai campi di sterminio, poterono arrivare in Palestina e salvarsi attraversando i tunnel ferroviari di Rosh HaNikra. Furono scambiati per cittadini tedeschi dell'ordine dei Templari che vivevano in Palestina e i cui figli servivano in Germania il nazional-socialismo. Per interrompere il collegamento e prevenire poi l'ingresso delle armate libanesi in quel futuro Stato di Israele che si stava costituendo, dei combattenti della divisione del Carmelo dell'Haganah, l'organizzazione militare clandestina israeliana, nel marzo del 1948 fecero saltare in aria il ponte sospeso sopra la grande grotta.
Sulla strada del ritorno non siamo lontani da "Lohamei Hageta'ot", un kibbutz, che mi sarebbe piaciuto visitare, fondato nel 1949 da resistenti sopravissuti al ghetto di Varsavia e da altri combattenti. E a loro, a tutti coloro che non hanno passivamente subito, ma hanno disperatamente lottato contro la follia nazista sono dedicati il kibbutz e il suo museo che mi sono accontentata di visitare ora virtualmente da casa: http://www.gfh.org.il/Eng/?CategoryID=171
.La realtà è molto prosaica, avevamo fame perché erano passate le tre del pomeriggio, la pancia ha vinto sulla conoscenza e siamo finiti nel villaggio arabo di Tarshiha, proprio accanto al villaggio israeliano di Mahalot; capita spesso in giro per Israele di vedere l'una accanto all'altra le diverse realtà.
Fuori il panorama non è dei più accattivanti, disordine e casino per non dire altro, e chi se lo aspettava di trovare con servizio impeccabile un ristorante delizioso, pare molto conosciuto nei dintorni, che propone una cucina francese fusion, dove la mousse di melanzane e di olive si sposano con il pane arabo e i ceci onnipresenti si nascondono sotto l'insalatina fresca, per non parlare del dessert, trionfo di dolci sapori orientali con presentazione super up-to-date occidentale. http://www.alumabistro.co.il/Aluma+Bistro.html una ragione di più per un bel giro in Galilea.
martedì 18 novembre 2014
Akko: sottoterra fra templari e ospitalieri
Inevitabile rifare la passeggiata lungo le fortificazioni che perimetrano questo lembo estremo di terra di fronte al Mediterraneo, qui Pisa, Venezia, Genova, Amalfi avevano i loro quartieri e ciascuna il proprio porto ben distinto con le indicazioni che portano ancora il nome di quei primi secoli del secondo millennio: un cartello indica per esempio "porto pisano" e la cosa, sette secoli dopo, mi fa una certa impressione.
Ma Akko, e questa è forse la sua più grande particolarità, svela i suoi doppi segreti, quelli in superficie e quelli sotterranei: una città fatta di due città, quella sopra e quella sotto; una città nascosta nelle viscere della terra articolata e piena di meandri come quella alla luce del sole. Senza contare le reti metropolitane delle grandi capitali, mi è venuto da pensare al ventre di Odessa.
PS: domani lascio il sole estivo di quest'inverno israeliano e me ne torno in quel della Ghisolfa, da noi i disastri del maltempo, da queste parti escalation di attentati, drammaticamente ogni giorno. Il mio Israele 2014 continuerà fra foto e note di viaggio. Come sempre un mix di emozioni, la gioia del ritorno e il dispiacere del distacco da questo paese incasinato, contraddittorio, sempre e comunque incredibilmente vitale, ruvido fuori e tenero dentro proprio come il fico d'India che gli arabi chiamano "sabra" e "sabra" viene definito in diaspora chi è nato qui, un gran miscuglio di spine e dolce polpa.
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