sabato 27 febbraio 2010

Cuba: moros y cristianos

Tranquilli, il nome esotico non evoca alcuna lotta fratricida di razza, colore o religione, è solo la denominazione del piatto nazionale per eccellenza, ovverossia riso e fagioli neri. Il menù dell'isola è presto fatto: maiale, pollo o pesce in umido o fritti, riso in bianco o con fagioli neri, patate o platani fritti e quando va bene insalata di foglie verdi, pomidoro crauti e cetrioli, il pane in genere al ristorante non c'è. Questi ingredienti vengono cucinati più o meno bene, ma sempre allo stesso modo e senza nessuna fantasia. L'aragosta o il vitello o i camarones (gamberi) quando ci sono, vengono riservati al turista, se li mangia un cubano rischia per davvero la galera. Al mattino siamo fortunate, nelle case particular la colazione è abbondante,

thè o caffè, latte, pane, burro, miele o marmellata di guyava, succo di frutta, frutta fresca (ananas, banana, papaya, guyava), dallo squisito Wilfred persino i biscottini, a volte formaggio (ce n'è di un solo tipo, genere fontina fuso) e una specie di prosciutto che noi non prendiamo mai; ci offrono sempre anche la tortilla, ovvero la frittata, ma anche se è buonissima con Gastone diciamo quasi sempre di no, come si fanno a mangiare alla nostra età due uova al giorno, colesterolo ti saluto. Il cubano si beve canna da zucchero spremuta, perchè è molto nutriente e costa una bazzecola,

mostra comprensibile orgoglio per la conquista di una torta.

Dico che siamo fortunate in quanto turiste, il cubano tante di queste cose non se le sogna nemmeno ed i proprietari le comprano apposta per noi al mercato nero con mille precauzioni e fatica. Già, la doppia economia del paese: i generi superbasici di prima necessità si comprano con la libreta (la tessera annonaria, come in tempo di guerra da noi) nella bodega (" una cuota mata la otra" prendere il latte annulla però per esempio la possibilità di avere yogurth)
col peso national ed hanno un prezzo "politico", tutto il resto è acquistabile anche per il cubano nella tienda (negozio) e va pagato in CUC ovverossia peso convertibile, 1 CUC= 1 DOLLARO, la moneta con la quale paghiamo noi turisti. Se si pensa che lo stipendio medio è di 400 pesos cubani, cioè circa 13 CUC al mese e che una bottiglia d'acqua o un kg di carne di maiale costa 1 CUC, si intuisce bene quanto la situazione sia difficile e quale sia il potere d'acquisto della gente (quasi nessuno ha la macchina per esempio perchè la benzina si paga solo in CUC). -La carne la mangiamo una volta al mese- mi ha detto una signora- se no croquetas di carne o pesce-. Le croquetas sono importanti,

perciò ne parlo: vedo un giorno una lunga fila, more solito, davanti ad un macellaio che ha sul banco un solo prodotto, una grande lunga morbida salsicciona che sembra polmone. E' un tritato di carne o pesce mescolato a farina e spezie, forse uovo, a casa ne faranno polpette fritte. -Mirala mi ija, grandisiò a croquetas (guardala mia figlia, è cresciuta a polpette)- mi dice indicandomi una ragazzina di una decina d'anni. - Es muy hermosa tu chica, las croquetas sont buenas-faccio io (è una bella ragazza, vuol dire che le croquetas sono buone), risata generale delle donne in coda. A Camaguei siamo andate al mercato generale Hueco (dove mi sono soffermata a lungo a guardare le infradito e la french manicure con stellina sull'alluce dei piedi incantatori di una signora)

sul fiume, indicato dalla guida come il più vivace e ricco di Cuba, (molto meglio quello di domenica mattina a Santa Clara). Sono una patita di mercati, ma era una desolazione, alle 11,30 non c'era quasi più niente, 4 o 5 bancarelle di carne a prezzi proibitivi, frutta esotica,

pochissime verdure:

aglio a volontà, cipolle,

(il Che onnipresente spunta da dietro le loro cassette, come se noi avessimo Garibaldi in compagnia dei peperoni)

carote, pomodori, cetrioli, cavolo-verza, qualche tubero

patate e platani. In un paese dalla natura così rigogliosa e generosa, francamente non capisco. Non so quante ore al giorno i cubani perdono in fila,

qui si fa la coda per tutto: negli uffici amministrativi, alla posta, in banca, dal dottore, ma anche per mangiare: per il pane, per la frutta, per la verdura, per il gelato, persino i cani aspettano disciplinatamente il loro turno,

ed i negozi sono in genere drammaticamente vuoti

e anche l'esposizione della merce nelle vetrine la dice lunga.

Non vedevo una situazione simile dagli anni 60-70 in Bulgaria o Polonia e naturalmente, statalismo docet, non si lavora alacremente.

Nelle tiende o al mercato nero invece, col CUC, si possono acquistare tante più cose, ma chi non lavora con il turismo e non riesce ad avere introiti in pesos convertibili, o non ha membri della famiglia all'estero che invia soldi, come fa? E' una situazione complessa che non conosco e non mi sento certo di giudicare, è pero chiaro che questa duplice economia è un artificio assurdo. Tranne 3 o 4 volte in paradisi finti o per turisti (ma è l'unico modo per accedere alle spiagge più belle infrequentabili per i locali), con gli alberghi totalmente gestiti dallo stato (proibite le case particular e gli insediamenti abitativi degli isolani) abbiamo visto varietà ed abbondanza alimentare, non parliamo di qualità. Ci credo che un sacco di cubani hanno un doppio lavoro per riuscire a campare. Da tutti quelli autorizzati ad affittare camere a quelli che lo fanno abusivamente, da George nostra guida per due ore nel sublime quartiere vecchio di Tivoli a Santiago, insegnante di storia alla scuola superiore durante la settimana e guida improvvisata acchiappa turisti i fine settimana a Oscar, bagnino e cantastorie della sua città al caffè Isabelita. I cubani sono veramente un popolo stupendo, proprio come i napoletani hanno poco e si inventano la vita giorno per giorno, l'arte di arrangiarsi raggiunge qui vette inesplorate. Poveri, ma onesti, nelle case particular abbiamo avuto tante conversazioni con i nostri ospiti: belle famiglie, case e cose per lo più modeste o arrangiate, ma sempre pulitissime e curate, grande fierezza e dignità, amore per il proprio paese. A la Habana la pasionaria interprete Vera, a Holguin Dora e Rafael (Rafael non fuma e non beve ma gli gustan le chicas), a Camaguei Xiomara e Rodolfo (lui ex militare di carriera, varie campagne in Angola, che ci fa una descrizione geo-politica del paese), Cristina, cuoca sopraffina e Juan a Vinales,

a Santa Clara il favoloso Wilfred,

nel centro Habana, Dulce che ha dovuto pagare una multa perchè ha tinto d'azzurro la sua bella casa coloniale, doveva lasciarla stinta come quella dei vicini, questione di uniformità.

Lei si chiama Dulce ed abita in caille Amistad (amicizia), niente male, riassume benissimo questa splendida gente. Entrare nella casa di altri a volte è faticoso e non sempre confortevole, ma permette un vero contatto diretto ed abbiamo sempre trovato calore, disponibilità e gentilezza. Anche in Russia c'erano tanti cori, ma tutti in chiesa e tristissimi, qui invece ritmo a strafottere, balla e canta che poi ti passa. Questa forse la grande lezione di quest'isola:

Vivo come se dovessi morir domani,
ciò che significa che non morirò mai.



giovedì 25 febbraio 2010

Cuba: canna da zucchero e schiavi

Ormai Nicolas è un amico, faremo il viaggio insieme sulla sua macchina fino a Santiago, ma prima c'è la tappa di Camaguei. Lasciando Trinidad, sostiamo alla Valle de los Ingenios e Manaca Iznaga, testimonianza di un lugubre passato schiavista. Vedremo quel che resta di decine di zuccherifici, le macchine, i quartieri riservati agli schiavi, vecchie baracche.

A Cuba lo zucchero ha soppiantato la lavorazione del cuoio e della carne salata dalla metà del XIX secolo e la regione di Trinidad produceva un terzo dello zucchero del paese. A Manaca Iznaga piango e sto male, un grande disagio, una squallida ingrigita sinistra torre, postazione per controllare all'epoca lavoro e ritmi degli schiavi si erge come un monumento alla morte e mi ricorda altre sinistre costruzioni.

Interessante constatare che il 1789, data di inizio in Francia del cammino moderno verso liberté-fraternité-égalité è qui invece la data di un editto che autorizza l'importazione di schiavi per la lavorazione dello zucchero.

Altra sosta, ma meno traumatica a Guachinango, la ex casa padronale di un'altra piantagione. Uno squisito caffé, i 4 suonatori locali


invitano Gastone e Nicolas a suonare la marimbula, una specie di cassa con due tasti, il più tradizionale strumento della musica campesina che funge da basso. Come a Manaca ci sono le rotaie di un treno a vapore che irregolarmente attraversa la valle, serviva al tempo per il trasporto dello zucchero.

Lungo la strada, attraverso la macchina in corsa, sfrecciano distese sterminate di canna da zucchero,

rancheros a cavallo, calessi, in una localita a nome Florida sembra di essere veramente nel Far-West.



Camaguei non assomiglia a nessun altra città e la sua specificità risiede nel suo piano regolatore. Due secoli di lotte contro i pirati armati di moschetto come il celeberrimo Morgan hanno spinto la città ad adottare un piano toponomastico labirintico, destinato a disorientare i saccheggiatori e fornire rifugio agli abitanti, sembra perciò di essere in una kasbah marocchina, dedali di strade che si incrociano in modo bizzarro fra piazze triangolari, oblunghe, trapeziodali.

Divertentissimo il nostro ingresso in città, ci viene a prendere alle porte il proprietario del particular dove avevamo prenotato affinchè non ci perdessimo con un grande cartello ed i nostri nomi, caspita, siamo famose.


Caille Repubblica, il mercato Hueco, la piazza S. Juan de Dios, il Parque Central e la casa di Ignacio Agramonte (eroe nazionale che ha osato sfidare gli spagnoli), il Callejon de la Soledad col suo bel caffè all'aperto con musica e soprattutto soprattutto la stupenda Plaça del Carmen,

vero gioiello architettonico tutta piena di sculture (il modello di un signore che legge è ancora lì sulla piazza e si rimette in posa accanto all'opera per racimolare qualche quattrino)

e dei bambini ci osservano perplessi.

La sera spettacolo di balletto religioso-mistico al teatro Nacional,


l'incontro cioè del cristianesimo con le varie realtà spirituali locali di indios, meticci, creoli. I corpi dei ballerini si muovono con una fisicità libera e sinuosa sconosciuta a noi occidentali, le voci cantanti sono sublimi. La sera successiva "los Segnores de Camacho" gruppo di 15 ottantenni supervispi alla Casa della Trova. Sedute a una panchina, veniamo abbordate da una vecchietta con nipote dice che è giornalista, ci chiede di inviare un mail ad un'amica italiana di cui dà l'indirizzo, dovrei scriverle che ha bisogno di scarpe, vestiti usati, un pò di tutto. Nicolas compra saponi, dentifricio, noi cerchiamo nella valigia magliette e maglioni di cui in fondo possiamo fare a meno e ci avventuriamo la sera per le stradine buie del suo quartiere alla ricerca del suo indirizzo, ma non abbiamo paura, a Cuba si circola dovunque senza pericolo, operazione riuscita. Lasciando Camaguei sosta di qualche ora a Bayamo, capoluogo della regione Granma, dove c'è la Sierra Maestra, epicentro del quartiere rivoluzionario clandestino negli anni storici 55-59. Cittadina tranquilla,

a Bayamo si respira un'atmosfera serena e culturale di provincia: la solita piazza centrale che qui si chiama Plaça de la Revolucion, la casa natale di Céspedes

(altro eroe nazionale, giurista diventato rivoluzionario che ha tentato di strappare il potere ai colonialisti spagnoli), il monumento a Ferucho Figueredo (quello che ha creato l'inno nazionale), un bel viale pedonale.

Forse una cosa buona della colonizzazione sono tutte le magnifiche piazze centrali, imprescindibile luogo di incontro e di convivialità, cuore pulsante nella realtà dell'isola.



mercoledì 24 febbraio 2010

Cuba: inaspettatamente Nicolas


Nicolas l'ho abbordato una sera al paladar di Cienfuegos, era seduto accanto con la Lonley Planet in francese sul tavolo, esattamente come noi. Giovane vent'ottenne, bella faccia pulita e sorridente, mi ricordava i miei figli. Parigino, ha fatto il Polytechnique, prestigiosa Grande E'cole d'oltralpe e da 3 anni lavora in una banca a New York. Sta facendo il giro di Cuba da solo e si è affittato una macchina. Fra una chiacchera e l'altra, inaspettatamente ci chiede se vogliamo un passaggio per Trinidad, parte anche lui l'indomani mattina. Con Gastone ci schermiamo,- ma no, che ci fa in giro con due vecchiacce- Risponde che non è divertente fare il viaggio da solo, noi siamo simpatiche e poi io gli ricordo la sua mamma prof. Che colpo di culo (Gastone ritornato operativo), affare fatto, il nostro nuovo chauffeur a gratis passerà a prenderci alle 9. Lungo la strada per Trinidad sfilano piantagioni di mango e qualche caballero a cavallo senza sella. A Trinidad troviamo da dormire dalla dolcissima Elia,


una specie di appartamento molto molto modesto ma spaziosissimo, col cortile e la doccia che ha l'acqua calda, bene prezioso.

Elia è gattofila, nutre un sacco di felini e poi ha i suoi personali, Pinto (bastardone soriano) indipendente come il vento e Ciucio, un bellissimo siamese che lei tiene sempre al guinzaglio per paura che glielo freghino (mi ha promesso che in casa lo lascerà un pò libero). Se Cienfuegos è monumentale e coloniale, Trinidad (il centro storico patrimonio dell'umanità), a soli 72 kilometri pieni di buche, è tutta un'altra storia. Nasce infatti 5 secoli fa con i conquistadores spagnoli. Qui il famoso Cortès avrebbe recrutato i suoi mercenari per partire alla conquista del Messico, qui frate Bartolomeo de las Casas (quello che in opposizione al terribile inquisitore Torquemada nella Controversia di Valladolid ha sostenuto che anche gli indios avevano un'anima) avrebbe celebrato la prima messa della città, di cui peraltro è il Santo Patrono. Città rifugio di pirati e contrabbandieri, testimone nei secoli di commercio di schiavi e mercanzie Trinidad ha veramente molte frecce al suo arco: la sua posizione geografica innanzi tutto, cioè da una parte il mare con la spiaggia di Ancon ed i cajos (isolotti corallini e faremo una gita in catamarano a Cajo Blanco)




dall'altra la silhouette verde marrone delle montagne della Sierra dell'Escambray, poi la città stessa, un antichissimo borgo completamente salvaguardato con pavè di acciotolato di pietra,


case spaziose con le inferriate di ferro lavorato che proteggono i patii interiori, ma li lasciano intravedere, volumi veramente grandiosi. In negativo c'è da dire che è molto turistica, un sacco di persone ti accostano chiedendo soldi, vestiti, sapone, qualunque cosa, ma qualcosa. Visitiamo il Museo Historico Municipal, tutte stanze decorate con vista mozzafiato, il Museo Romantico


antica dimora coloniale trasformata in spazio museale con mobili, vasellame e porcellane d'epoca e vagabondiamo senza meta. La sera la città magicamente cambia: stradine, corti, cortili si accendono, le vecchie case assumono un fascino particolare che trasforma muri stinti e scalcinati, una nuvola di musica fuoriesce da ogni anfratto, grande concerto a cielo aperto sulla scalinata accanto a Plaça Major ed alla chiesa ( sembra Trinità dei Monti)


alla Casa della Cultura (luogo di ritrovo di ogni paese), a quella della Musica, a quella della Trova, al Palanque de los Congos Reales, a las Ruinas del teatro Brunet, sembra che ogni pietra canti



e ci sono tutti i generi della musica cubana, son, salsa, trova, nueva trova, rap, reggaeton, afrocubana; la gente, cubani e turisti si mettono a ballare,



e vai con ondeggiamenti di corpi, pance, culi, braccia, un gran dimenarsi, i locali con armoniosità e senso del ritmo straordinari, gli altri molto molto di meno, ma poco importa, sono tutti contenti . Questa ricchezza musicale è il risultato di varie contaminazioni e di una creatività ritmico-musicale innata e coltivata nei secoli. Bellissimo fare il giro dei vari locali liberamente, senza dover consumare, lasciandosi andare all'energia esplosiva di suonatori e pubblico.