giovedì 25 febbraio 2010

Cuba: canna da zucchero e schiavi

Ormai Nicolas è un amico, faremo il viaggio insieme sulla sua macchina fino a Santiago, ma prima c'è la tappa di Camaguei. Lasciando Trinidad, sostiamo alla Valle de los Ingenios e Manaca Iznaga, testimonianza di un lugubre passato schiavista. Vedremo quel che resta di decine di zuccherifici, le macchine, i quartieri riservati agli schiavi, vecchie baracche.

A Cuba lo zucchero ha soppiantato la lavorazione del cuoio e della carne salata dalla metà del XIX secolo e la regione di Trinidad produceva un terzo dello zucchero del paese. A Manaca Iznaga piango e sto male, un grande disagio, una squallida ingrigita sinistra torre, postazione per controllare all'epoca lavoro e ritmi degli schiavi si erge come un monumento alla morte e mi ricorda altre sinistre costruzioni.

Interessante constatare che il 1789, data di inizio in Francia del cammino moderno verso liberté-fraternité-égalité è qui invece la data di un editto che autorizza l'importazione di schiavi per la lavorazione dello zucchero.

Altra sosta, ma meno traumatica a Guachinango, la ex casa padronale di un'altra piantagione. Uno squisito caffé, i 4 suonatori locali


invitano Gastone e Nicolas a suonare la marimbula, una specie di cassa con due tasti, il più tradizionale strumento della musica campesina che funge da basso. Come a Manaca ci sono le rotaie di un treno a vapore che irregolarmente attraversa la valle, serviva al tempo per il trasporto dello zucchero.

Lungo la strada, attraverso la macchina in corsa, sfrecciano distese sterminate di canna da zucchero,

rancheros a cavallo, calessi, in una localita a nome Florida sembra di essere veramente nel Far-West.



Camaguei non assomiglia a nessun altra città e la sua specificità risiede nel suo piano regolatore. Due secoli di lotte contro i pirati armati di moschetto come il celeberrimo Morgan hanno spinto la città ad adottare un piano toponomastico labirintico, destinato a disorientare i saccheggiatori e fornire rifugio agli abitanti, sembra perciò di essere in una kasbah marocchina, dedali di strade che si incrociano in modo bizzarro fra piazze triangolari, oblunghe, trapeziodali.

Divertentissimo il nostro ingresso in città, ci viene a prendere alle porte il proprietario del particular dove avevamo prenotato affinchè non ci perdessimo con un grande cartello ed i nostri nomi, caspita, siamo famose.


Caille Repubblica, il mercato Hueco, la piazza S. Juan de Dios, il Parque Central e la casa di Ignacio Agramonte (eroe nazionale che ha osato sfidare gli spagnoli), il Callejon de la Soledad col suo bel caffè all'aperto con musica e soprattutto soprattutto la stupenda Plaça del Carmen,

vero gioiello architettonico tutta piena di sculture (il modello di un signore che legge è ancora lì sulla piazza e si rimette in posa accanto all'opera per racimolare qualche quattrino)

e dei bambini ci osservano perplessi.

La sera spettacolo di balletto religioso-mistico al teatro Nacional,


l'incontro cioè del cristianesimo con le varie realtà spirituali locali di indios, meticci, creoli. I corpi dei ballerini si muovono con una fisicità libera e sinuosa sconosciuta a noi occidentali, le voci cantanti sono sublimi. La sera successiva "los Segnores de Camacho" gruppo di 15 ottantenni supervispi alla Casa della Trova. Sedute a una panchina, veniamo abbordate da una vecchietta con nipote dice che è giornalista, ci chiede di inviare un mail ad un'amica italiana di cui dà l'indirizzo, dovrei scriverle che ha bisogno di scarpe, vestiti usati, un pò di tutto. Nicolas compra saponi, dentifricio, noi cerchiamo nella valigia magliette e maglioni di cui in fondo possiamo fare a meno e ci avventuriamo la sera per le stradine buie del suo quartiere alla ricerca del suo indirizzo, ma non abbiamo paura, a Cuba si circola dovunque senza pericolo, operazione riuscita. Lasciando Camaguei sosta di qualche ora a Bayamo, capoluogo della regione Granma, dove c'è la Sierra Maestra, epicentro del quartiere rivoluzionario clandestino negli anni storici 55-59. Cittadina tranquilla,

a Bayamo si respira un'atmosfera serena e culturale di provincia: la solita piazza centrale che qui si chiama Plaça de la Revolucion, la casa natale di Céspedes

(altro eroe nazionale, giurista diventato rivoluzionario che ha tentato di strappare il potere ai colonialisti spagnoli), il monumento a Ferucho Figueredo (quello che ha creato l'inno nazionale), un bel viale pedonale.

Forse una cosa buona della colonizzazione sono tutte le magnifiche piazze centrali, imprescindibile luogo di incontro e di convivialità, cuore pulsante nella realtà dell'isola.



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