sabato 29 maggio 2010

Weimar: la barbarie


                                            
Hitler veniva spesso a Weimar, alloggiava all'hotel Elephant, situato nella centralissima piazza del mercato. Una suite gli era riservata tutto l'anno, una foto dell'epoca lo ritrae affacciato alla finestra del primo piano.                                     

I nazisti amavano molto Weimar, e come altrimenti? la città  rappresentava il fulcro della cultura, le vette del pensiero, la germanità nelle sue espressioni più nobili.
A Weimar nel 1926, alla presenza di Hitler, si è solennemente festeggiato il primo Reichsparteitag (il giorno del partito).
A Weimar, sempre nel '26, si sono costituite le prime formazioni giovanili del nazismo, la cosiddetta Hitler-Jugend (la gioventù di Hitler).
La Turingia divenne nel 1930 il primo stato tedesco ad essere governato dai nazisti.
A Weimar, nel gennaio 1934, si crea la dirigenza della Gestapo per la Turingia. A Weimar, nel       marzo 1935, si forma la prima Panzerdivision tedesca.

                                                      
                       Weimar, simbolo "per l'eternità di un impero millenario" tuonava il regime

                                   
                             A 8 di kilometri a nord-ovest di Weimar è sorto nel luglio 1937 Buchenwald. All'inizio si chiamava "Campo di concentramento di Ettersberg", ma poi i benpensanti della città hanno protestato, non per la costruzione del campo, ci mancherebbe altro, ma per la sua denominazione. Come dare il nome della collina tanto amata da Goethe ad un lager? Meglio la scelta anonima e bucolica di Buchenwald, foresta di faggi, la collina ne è tutta ricoperta.

                                        
Fino al 1943 i prigionieri sono entrati nel campo in camion e più sovente a piedi dalla stazione di Weimar, ma poi erano troppi, la morte necessita di una logistica più efficiente, si fa costruire loro la ferrovia fino all'ingresso del campo. Questi 8 chilometri, dalla stazione di Weimar al lager vengono chiamati  "La strada del Sangue", per tutti coloro che l'hanno percorsa a piedi, per tutti coloro costretti a costruire la strada in cemento, per tutti coloro che hanno trasportato a mano le pietre necessarie dalle cave vicine, per tutti coloro che vi sono morti. "L'ultimo dovere di un prigioniero, era la morte" ha scritto il saggista Jean Améry, sopravvissuto ad Auschwitz e Buchenwald, come Primo Levi morto poi suicida.
                                      
A Buchenwald, dopo un "soggiorno" di qualche mese, è morto nel 1940 il mio nonno materno Jakov Platzker, aveva 55 anni. Negli anni '60 mia madre ha ricevuto una lettera della Croce Rossa Internazionale che glielo comunicava invitandola a recuperare l'urna con le ceneri. (Della nonna Regina Stern, deportata da Vienna in seguito, quando la mamma era già riuscita a scappare in Palestina, sappiamo solo che è morta a Minsk). Ricordo che ci siamo chiesti all'epoca come fosse possibile che si trattasse proprio dell'urna del nonno e delle sue ceneri. Nella documentazione fornita sul campo credo di aver trovato la plausibile spiegazione: il nonno è stato fra le prime ondate ad arrivare e morire, la "soluzione finale"  non era ancora stata messa in atto. Per "l'iniziale carneficina" era sufficiente il crematorio di Weimar adiacente alla stazione, era ancora possibile un sussulto di "pietas", le ceneri individuali venivano raccolte e registrate con nome e cognome; in seguito, con "l'industrializzazione della morte" resteranno solo anonime voragini sottoterra, solo fosse comuni a testimonianza di una immane tragedia collettiva. L'urna del nonno l'abbiamo sepolta nella sezione ebraica del cimitero maggiore, a Vienna, città dove la Gestapo era venuta ad  arrestarlo una sera a casa sua, fine '38 o inizio '39, i ricordi della mamma non erano precisi in proposito. La mamma l'aveva visto per l'ultima volta due giorni dopo il suo arresto allo stadio, centro di raccolta per la deportazione, gli aveva portato una valigia piena di indumenti e abbracciandolo aveva pianto. - Non ti vergogni di piangere? Sono fiero di appartenere a questo popolo e tu Devi essere forte-. Queste le sue ultime parole alla figlia.
                                          
Tutta l'area di Buchenwald è diventata Monumento Commemorativo "Gedenkstaette Buchenwald". Un pomeriggio ho lasciato il gruppo, da sola ho preso un taxi e sono andata a Buchenwald, ma non sono entrata nel campo, non me la  sono sentita, mi sono giusto fermata davanti all'ingresso. Ho sostato invece a lungo al Memoriale, sulla collina di Ettersberg, ci si arriva a piedi percorrendo un chilometro dall'ingresso del lager, nel posto dove sono state trovate le fosse comuni.
                                          
                                           
Luci e ombre della Storia. A pochi chilometri da Weimar, culla dell'illuminismo e della cultura tedeschi, del primo tentativo di democrazia e del rivoluzionario movimento del Bauhaus, c'è il campo di Buchenwald.     
                                       

Ho pensato intensamente a questi nonni materni che non ho mai conosciuto se non attraverso le foto, ho pensato intensamente alla mamma perché ovunque c'erano i lillà in fiore, i "flieder" come li chiamava lei, i suoi fiori  preferiti.

                                                    

venerdì 28 maggio 2010

Weimar: culla di civiltà

La Turingia, il "cuore verde" della Germania, il primo "Land" che visito nella ex-DDR, la ex-Germania dell'est e Weimar, suo centro propulsore, suo polmone culturale. A fine guerra ci sono entrati per primi gli americani, ma secondo la spartizione degli accordi di Yalta tutta la regione è stata poi consegnata ai russi, il cambio di occupazione pare abbia avuto luogo di notte. 

Weimar, nel 1999 nominata "Capitale Europea della Cultura". Il nome di questa città è indissolubilmente legato ad alcuni tra i maggiori poeti ed artisti. Il pantheon dei giganti del pensiero e delle arti che hanno vissuto e lavorato a Weimar contiene in quattro secoli di storia, la quintessenza della cultura tedesca e non solo: Cranach il Vecchio, Bach, Wieland, Schiller, Herder, Goethe, Listz, Nietzsche, Gropius, Richard Strauss, Feininger, Kandinskij, Klee, senza parlare dell'intellighentzia di passaggio da Hegel e Schelling a Mme de Stael, Heine, Gide o Felix Mendelssohn, tanto per citare qualche nome alla rinfusa.



Nel piccolissimo  Ducato di Sassonia-Weimar, la città contava 6000 abitanti ai tempi di Goethe, fra fine settecento e inizio ottocento, ora sono 64.000, ma fin da allora ha rivelato i suoi contrasti:

  • contrasto fra l'esiguo numero di abitanti e la sua importanza culturale
  • contrasto fra  modernità, nelle varie epoche, delle sue proposte culturali in politica, letteratura, musica, filosofia, architettura e conservatorismo  reazionario.
  • contrasto fra apertura internazionale e vento xenofobo
  • contrasto fra il nome "la Repubblica di Weimar" (1919-1933) primo esperimento democratico in Germania dove l'Assemblea Nazionale ha stilato la prima Costituzione del paese ed il suo governo, che di fatto si è trasferito a Berlino solo una settimana dopo la sua ratifica a Weimar.

La città è piccola, curatissima, molto turistica e ricca di fascino. E' giorno di mercato, evviva il mega wuerstel, la mia amica Camille non resiste. 



Distrutta in parte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, non ha dovuto aspettare la riunificazione del 1990 per essere tutta restaurata; conscia del suo valore, a partire dal 1955 già la DDR vi ha investito molti fondi. Visitiamo la casa di Schiller e quella di Goethe, con il giardino progettato dallo scrittore anche botanico e dove ogni stanza ha un colore diverso, nel rispetto delle sue teorie cromatiche sulla relazione tra stato d'animo e colore. Vediamo la casa di Cranach e una sua famosa Pala d'Altare nella Chiesa San Pietro e Paolo (di cui mi sono piaciute molto le panche), la sera concerto barocco al Castello e poi soprattutto Art Nouveau e Bauhaus


Henry van de Velde, architetto e designer belga, significativo esponente dell'Art Nouveau (Jugendstil in Germania) progetta Haus unter der Hohen Pappeln, la sua residenza con anche i mobili, il Nietzsche Archiv, dove il filosofo ha vissuto gli ultimi tre anni e l'edificio che oggi ospita l'Università del Bauhaus. Dovrà lasciare la città in seguito al vento xenofobo dopo la prima guerra mondiale.
 Il Bauhaus Museum piccolo, ma ricco, ricostruisce la storia del movimento di architetti, artisti, artigiani che ha esercitato una profonda influenza sull'architettura moderna e non solo in Europa. Il Bauhaus e la sua scuola sono stati fondati nel 1919 a Weimar da Walter Gropius che riesce a reclutare come insegnanti artisti del calibro di Kandinskij, Klee, Feininger, Schlemmer, Moholy-Nagy. Nel '24 una maggioranza di partiti conservatori vince le elezioni in Turingia, l'anno seguente si tagliano i fondi alla scuola che migra a Dessau e poi a Berlino, dove sarà chiusa dai nazisti, a Weimar sarà riuscita solamente a costruire una casa campione Haus am Horn, che ora ospita manifestazioni culturali.
Per finire un salto al cimitero della città. La comunanza di vedute fra il Bauhaus e la giovane democrazia di Weimar fanno concepire a Gropius un monumento "alle vittime di marzo" (giovani morti per contrastare un putsch di destra nel 1920). Restaurato nella sua concezione originaria, era stato parzialmente distrutto negli anni '30, al nazismo non poteva certo piacere la forma di un lampo, simbolo di lotta e tentativo di libertà, opera di "arte degenerata".

martedì 25 maggio 2010

Stoccarda e il cavallo: la prima automobile

Giovedi 13 maggio, ore 10,30, raggiungo alla Gare de l'Est gli amici dell'Associazione Le Corbusier, con i quali avevo già fatto un viaggio in India nel 2007. Età media, lasciamo perdere, ma sono più in gamba di me e poi è un gruppo molto simpatico e colto, diversi architetti (il presidente è stato per una vita collaboratore del grande "Corbu"), in treno c'è subito una rosa per ogni signora, un vero piacere condividere il viaggio. Itinerario in programma: Stoccarda, Weimar, Dessau e Berlino, l'architettura moderna ed il Bauhaus.

Stoccarda mi è sembrata una città senza particolare fascino, ma come in tutte le città tedesche distrutte dalla guerra, l'antico ed il moderno si affiancano con coraggio e spesso molto felicemente. Stoccarda è verdissima e tutta circondata da colline, si respira un'aria tranquilla e opulenta perchè è la sede della Mercedes-Benz e della Porsche, dei pezzi da novanta dell'industria tedesca. Il centro si organizza intorno alla via principale, la Koenigsstrasse e due piazze immense, quella del castello e la Schillerplatz. 
Il lato occidentale della Schlossplatz è dominato dal nuovo Kunstmuseum, che di giorno si presenta come un enorme cubo di vetro e di notte viene meravigliosamente illuminato dall'interno. Dentro opere d'arte contemporanea e del XX secolo: la più grossa collezione al mondo di Otto Dix (250 opere), degli stupendi Oskar Schlemmer e Willi Baumeister, entrambi  nativi della città.








Ai bordi orientali della piazza del castello, due gallerie di stato di fama mondiale per la ricchezza delle loro collezioni, la Alte Staatsgalerie e la Neue. All'esterno, come aperitivo, una scultura di Henry Moore. 
Mi sono buttata a capofitto nella Galleria Nuova perchè c'era una mostra degli espressionisti tedeschi, quelli del movimento Die Bruecke di Dresda e quelli del Blaue Reiter  (il Cavaliere Azzurro), in assoluto le opere e gli artisti che amo di più. É stato un delirio visivo, sono impazzita di gioia, negli anni ho sempre visitato delle loro mostre monografiche qua e là, ma non mi era mai capitato di vederli riuniti tutti insieme: Franz Marc, Beckmann, August Macke, Nolde, Pechstein, Kirchner, Munch, Schmidt-Rottluff, Jawlensky, c'erano proprio tutti, tutti, quelli che il nazismo ha considerato arte degenerata, a me invece fa sognare.


Su una collina residenziale chic con guida-architetto dell'associazione Bauhaus di Stoccarda visitiamo Weisshofen, quello che rimane di un progetto architettonico di inizio secolo. L'esposizione "Abitare" nel 1927 aveva fatto appello ai più grandi nomi dell'architettura del tempo, Mies van der Rohe direttore artistico con altri 19 architetti fra cui Le Corbusier, Walter Gropius, Scharoun, Frank e Behrens, per concepire un nuovo quartiere. C'era fame di alloggi, necessitavano costruzioni funzionali e veloci nell'esecuzione: sono gli anni della Repubblica di Weimar, il primo tentativo poi fallito di democrazia in Germania, si volevano aprire le porte al moderno, allo stile internazionale, si sperava in un "Neuland", un nuovo paese.

Si progetta un quartiere, non un ghetto operaio, si articolano strade non per le automobili, ma per gli uomini, gli spazi devono favorire la sociabilità e la comunicazione, armonia fra gli interni e gli esterni.

Sorgono 33 case, ne sono rimaste 12, quella progettata da Le Corbusier, sede del museo e le altre di proprietà della città di Stoccarda o di privati. Il Terzo Reich ha naturalmente bandito questo esperimento avanguardista, in  parte distrutto o lasciato all'abbandono, ma ora  recuperato,  restaurato e valorizzato. Visitare Weisshofen significa fare una passeggiata fra la storia dell'architettura del XX secolo.
I nostri due intensi giorni a Stoccarda finiscono con il nuovo Mercedes-Benz Museum, ospitato in un fantastico palazzo futuristico, sulla riva destra del fiume Neckar. Francamente mi sembrava di essere in un film di James Bond, ascensori da 2001 Odissea nello spazio, la storia dell'automobile con modelli incredibili, persino  certi con le ali, pannelli didattici e foto di momenti storici salienti che accompagnano e contestualizzano i progressi del motore, della ricerca e della tecnica.

Sorprende un superbo cavallo bianco all'ultimo piano, proprio davanti all'ascensore spaziale, vuole forse ricordare che la prima automobile dell'uomo aveva 4 zampe.