martedì 11 luglio 2017

Valcellina e mele cotogne

L'ultima gita del mio soggiorno veneto-friulano è stata fra le più belle, su a nord di Pordenone, verso le Dolomiti friulane o carniche, qual dir si voglia, e poi avevamo un ottimo chauffeur, ovvero Graziano, il marito di Franca che ci ha accompagnate invece di andarsene, more solitu, al caffè a giocare a briscola con gli amici. Barcis, nel cuore della Valcellina, per la verità non è la fine del mondo, un paese di montagna a 400 metri di altezza senza particolare fascino, ma il suo omonimo lago si, come pure è stato delizioso il frico, specialità locale (patate tagliate a dadini o grattugiate, cipolle e formaggio Montasio fuso fatti cuocere insieme in padella) e polenta che abbiamo gustato sulla terrazza di un ristorante con vista acqua verde- smeraldo-blu e una corona di montagne intorno.
Mi devo mettere seriamente a studiare la geografia, perché quest'Italia offre davvero occasioni straordinarie e ne ignoro troppe. Con i suoi cinque comuni (Barcis, Andreis, Claut, Cimolais ed Erto) circondati dalle montagne, leggo che la Valcellina è stata una enclave isolata dal resto del mondo fino a inizio '900, impossibili i collegamenti, per assenza di strade  fra i vari comuni della vallata e dalla pianura di Pordenone. Con gerle, slitte o a dorso di mulo la gente trasportava il necessario per vivere che non poteva essere prodotto all'interno della valle. L'isolamento millenario è stato progressivamente superato con lo sbarramento del torrente Cellina, attraverso la costruzione di una diga alla stretta di Ponte Antoi dove si è creato un serbatoio di accumulo stagionale per integrare le portate estive del torrente e con la costruzione di strade realizzate dal Genio Militare fra il 1910 e il 1914 in vista del 1° conflitto mondiale. Il lago di Barcis è dunque uno specchio d'acqua di origine artificiale.
All'estremità del lago abbiamo poi preso un trenino che ci ha condotti alla diga e alla Riserva Forra del Cellina, particolarmente suggestiva per la conformazione a canyon della forra connessa al Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, un'oasi naturalistica  con spettacolari pareti verticali e imponenti fenomeni di erosione fluviale. Dal centro visite della Riserva si percorre una strada panoramica in direzione della diga di Ponte Antoi, noi ce la siamo fatta comodamente seduti, ma non mancavano certo i camminatori indefessi e la possibilità di innumerevoli passeggiate all'interno del parco.
Molto interessante a Andreis, paesino limitrofo di 259 anime, l'architettura delle sue case. Si chiamano "daltz" queste costruzioni uniche in Italia sorte dopo il terremoto del 1776 che avevo reso inabitabili la maggior parte delle precedenti abitazioni. Gli andreani hanno saputo realizzare un sistema pratico e veloce, pensato forse come provvisorio, ma impossibile ricostruire in previsione del rigido inverno le case come prima del sisma, mancavano il tempo, i mezzi finanziari, scalpellini e muratori all'altezza in quanto l'attività locale era soprattutto agricola-boschiva. Case dunque "snelle", con poca muratura verticale e veloci elementi lignei modulari. Dopo un secondo terremoto nel 1976 i daltz sono stati ristrutturati mantenendo le loro caratteristiche peculiari.

Ad Andreis si trova anche un Museo dell'Arte e della Civiltà contadina che offre eloquente testimonianza della tradizionale vita rurale fra montagne isolate e un Centro di recupero avi-faunistico, punto di riferimento a livello regionale. Sulla sommità del paese sono collocate delle voliere che ospitano rapaci feriti  che necessitano di cure dai tempi più o meno lunghi con la finalità di liberare gli animali una volta ristabiliti e ricuperata l'autonomia. Della serie "nostalgia del tempo che fu" ho trovato bellissima, affissa sulla parete di una casa, la poesia di un certo Signor  Federico Tavan; è in dialetto friulano, ma se ce l'ho fatta io, riusciranno a comprendere senz'altro anche i lettori. 


E per finire la giornata e il soggiorno in bellezza, fra serena spiritualità, fiori e una vista mozzafiato su tutta la vallata, la visita al Santuario Diocesano della Madonna del Monte in Costa d'Aviano sorto, secondo la tradizione, nel luogo in cui la Madonna è apparsa nel 1510 al contadino Antonio Zampara. Un Santuario consacrato nel 1615 e poi rimaneggiato a inizi '900. Fotografo l'amica fra le lavande e la ringrazio ancora. Dai Franchina, se mi tratti sempre così bene e studi nuovi itinerari, vengo presto a trovarti ancora! 









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