venerdì 25 marzo 2016

alla Fondazione Prada again


Di nuovo alla Fondazione Prada per vedere le tre proposte appena inaugurate:  "L'image volée", "To the son of man who ate the scroll" e "An Introduction". " La prima, ovvero "L'image volée" (L'Immagine rubata) è una mostra curata dall'artista Thomas Demand che propone vari esempi di furto o appropriazione artistica, indebita o meno; nulla si crea ex nihilo e in varie forme e modalità il già esistente rappresenta e ha sempre rappresentato il punto di partenza, la base ispiratrice cui attinge ogni artista. Ricordo di aver letto che quando Picasso si presentava in visita a un atelier, velocemente gli artisti coprivano con dei teli il loro lavoro perché il malaguegno passava per un temutissimo "ladro" di idee. ( foto di sinistra- John Baldessari: L'image volée- poster 2015. Foto di destra- Stolen Pictures è una brochure che il museo statale di Stoccarda pubblicò nel 1948 nel tentativo di recuperare delle opere d'arte sottratte negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale. Il testo contiene le illustrazioni di 68 opere)

Riunendo opere storiche, lavori recenti e creazioni inedite, l'esposizione rivela i vari espedienti e le varie tecniche usati dagli artisti per rielaborare idee e immagini dei loro predecessori, ma non solo, in certi casi si parla anche di furti veri e propri. Non ne posso parlare perché la Fondazione stava chiudendo e ho fatto in tempo a vederne solo una minima parte, mi limito a dire che "L'Image volée" in un certo senso mi è sembrata la continuazione di "Serial Classic" la riflessione proposta da Salvatore Settis nella mostra dell'estate scorsa. Se in "Serial Classic" l'analisi espositiva si concentrava sul rapporto tra originale e copie nel mondo artistico greco-romano, questa volta si analizzano i meccanismi leciti o illeciti, celati o manifesti attraverso i quali, partendo da un "originale",  si crea un "nuovo originale".  (http://www.saranathan.it/2015/05/fondazione-prada.html)  
 Mi sono invece concentrata su "To the son of man who ate the scrall " (al Figlio dell'Uomo che mangiò il rotolo), una mostra ideata e progettata dall'artista polacca Goshka Macuga che vive e lavora a Londra. Già il titolo è intrigante, fa pensare al percorso del genere umano, ciò che l'uomo ha imparato e saputo costruire nei millenni, il rapporto con il sapere, la conoscenza, rappresentati dai primi testi scritti sulle pergamene. Mi è venuto in mente quell'immenso rotolo, riproduzione dei testi rinvenuti a Kumran, i cosidetti rotoli del Mar Morto, che si trova al Museo di Gerusalemme.(foto a destra)
To the Son of Man who ate the Scroll  2016  Androide -Goshka Macuga

Il piano terra della mostra è certo sconcertante e misterioso, ci si ritrova in uno spazio enorme pressoché vuoto e senza tempo con una selezione di opere che evocano l'idea del cosmo, ma è un universo vuoto dove la terra non appare e l'uomo neppure. Ecco invece un sorprendente androide che declama senza soluzione di continuità un monologo in inglese composto di citazioni tratte da discorsi di grandi pensatori e filosofi.  L'androide l'avevo già visto di spalle dall'esterno e mi era sembrato un uomo che stava parlando con tutte le persone intorno che lo ascoltavano, e invece no, era uno straordinario robot che argomentava dottamente. Incredibile la performance tecnica-avveniristica, il movimento delle mani, degli occhi, le espressioni del volto. Il robot come "depositario del discorso umano", sintetizza il testo di presentazione che però aggiunge che "non è chiaro per chi venga custodita questa conoscenza" .
                              The Golden Sphere: 1992  bronzo dorato- James Lee Byars

E' al piano superiore, nell'ambito dell'installazione "Before the Beginning and After the End" che troverò il dipanarsi sapienziale di quel "rotolo" a cui il titolo della mostra mi aveva fatto pensare. Frutto della collaborazione di Goshka Macuga e Patrick Tresset, distesi su tavoli industriali di vari colori, sei rotoli di carta lunghi nove metri e mezzo recano testi e disegni tracciati a biro a formare un'originale narrazione illustrata della storia dell'umanità fra tappe, cambiamenti e progressi. Manufatti e varie opere d'arte accompagnano questa passeggiata visiva nel tempo della storia fin dai suoi albori, come una grande matassa che via via si srotola e si scompone.( foto di destra: scheletri in ceramica di Marzia Migliora)
Brockhaus Enzyklopedie  1995  -Odires Mlaszho

Lungo la carta sfilano, così per esempio, scritte in ebraico,  Adamo e Eva, sigilli mesopotamici di 4000 anni fa, la scultura "The Rock Drill" 1913-14 (fusione 1962) di Jacob Epstein (foto di sinistra),  
un frammento di statua di Amenophis IV°-Akhenaton del 1350 circa prima dell'era volgare, la riproduzione del manoscritto originale di "Così parlò Zarathustra" di Nietzsche, le sculture "Gli archeologi" 1969 di Giorgio de Chirico (foto di sinistra), una copia del libro "Farenheit 45" di Bradbury e molto, molto altro ancora...

                                             "Brick" 2005  - Peter Fischli & David Weiss
                       "Concetto Spaziale. Natura, 1959  -Lucio Fontana- Terracotta dipinta

In questo originalissimo excursus che ha certo il merito di far riflettere, mi è piaciuto ritrovare  la lettera che Einstein scrisse a Freud nel  luglio 1932 e "Perché la guerra?", il testo del carteggio pubblicato nel 1933 con anche la risposta del padre della psicanalisi. E' una riflessione che proponevo ogni anno di leggere insieme in classe ai miei studenti liceali ed è certo pleonastico sottolineare quanto sia drammaticamente attuale.  Secondo Einstein nazionalismo e sete di potere rappresentano senza dubbio dei fattori determinanti nello scatenarsi delle guerre, ma non sono sufficienti per capire come masse intere accettino la distruzione di altri e il sacrificio di se. Lo scienziato formula l'ipotesi che l'uomo sia aggressivo per natura e chiede se esistano dei mezzi per liberare l'uomo dalla fatalità della guerra "...Gibt es einen Weg, die Menschen von dem Verhaengnis des Krieges zu befreien?....."  Freud risponderà evocando la sua teoria delle pulsioni, quella di vita (Eros) e quella di morte (Thanatos). Poiché secondo Freud l'aggressività è parte insopprimibile della natura umana, bisogna rafforzare la pulsione di vita attraverso i legami affettivi all'interno della comunità e favorendo l'instaurazione di sentimenti comuni a tutti, processo comunque lunghissimo.(http://www.iisf.it/discorsi/einstein/carteggio.htm)


Sul sesto e ultimo tavolo i robot della serie "Paul A" continuano a disegnare in tempo reale per tutta la durata della mostra. Del resto tutti gli schizzi, i disegni, le formule matematiche e i diagrammi tracciati lungo gli altri tavoli sono stati tracciati con penne-biro dal sistema "Paul-n" realizzato da Patrick Tresset, artista francese attivo a Londra che sviluppa robot e sistemi automatizzati in grado di realizzare disegni, dipinti e video di soggetti tradizionali come ritratti, nudi e nature morte. Se lungo tutto il percorso appaiono libri, documenti, manufatti, opere d'arte di artisti e pensatori del passato e del presente, nell'ultimo tavolo le creazioni dell'uomo sono scomparse, è solo operativo il robot, unico protagonista. Forse questo sta a significare che qui si viene profilando il futuro, un futuro necessariamente in progress, ancora incompleto, Forse vuol dire che sempre di più la macchina, il robot, la tecnologia o come diavolo si voglia dire occuperanno uno spazio crescente dove non ci sarà più l'uomo. Un universo disumanizzato e silenzioso dove eccheggerà solo la voce dell'androide? Domande senza risposta, ma qui sta il bello, le vere domande non hanno mai una risposta.




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