lunedì 18 aprile 2011

CNV: le parole sono finestre

Mio figlio Francesco vive all'estero, lo vedo di raro, un tre - quattro volte all'anno e solo per qualche giorno, troppo poco e comunque non abbastanza, è notorio che le mamme sono insaziabili. Ogni volta che ci incontriamo mi insegna qualcosa, in genere delle nuove funzioni del computer che lui manipola con destrezza mentre io da imbranata. Questa volta mi ha regalato lo spunto per una riflessione sulla comunicazione non violenta.  Gli ho fatto vedere una lettera che avevo scritto, mi sembrava di esprimere dei pensieri serenamente e con chiarezza- ma è violenta- mi dice- prova a cercare cos'è la comunicazione non violenta, poi ne riparliamo-. Trovo del dottore in psicologia clinica Marshall B. Rosenberg e dei suoi studi, mi interessa, trovo in libreria il suo ultimo libro appena ristampato "Le parole sono finestre (oppure muri)" edizioni esserci. Gli americani sono specialisti nello scrivere manuali, una insopportabile pletora di manuali, suggerimenti vincenti e apparentemente ovvi per ogni risvolto del nostro vivere, ma se la parola, Sartre docet,  è una bomba a orologeria, la riflessione sulla comunicazione diventa imprescindibile, tutto è comunicazione, particolarmente in questo nostro mondo liquido e globalizzato, secondo la definizione del sociologo Baumann. L'empatia nell'ascolto e nella verbalizzazione sta alla base della CNV, la comunicazione non violenta che si articola secondo 4 componenti:
  1. osservazioni. articolare cioè la nostra osservazione della situazione senza introdurvi alcun giudizio ne valutazione. 
  2. sentimenti. esprimere il nostro sentire rispetto alla situazione osservata
  3. bisogni. quali nostri bisogni sono collegati ai sentimenti che abbiamo identificato?
  4. richieste. ciò che desideriamo dall'altra persona.
Parte della CNV consiste nell'esprimere queste quattro informazioni chiaramente e nel ricevere le medesime informazioni dagli altri. Se manteniamo la nostra attenzione centrata sulle aree suddette, ed aiutiamo gli altri a fare la stessa cosa, stabiliamo un flusso di comunicazione, in entrambe le direzioni, fino al punto in cui l'empatia si manifesta naturalmente: che cosa vedo, che cosa sento, di cosa ho bisogno, che cosa ti chiedo per arricchire la mia vita, che cosa vedi, che cosa senti, di cosa hai bisogno, che cosa mi chiedi per arricchire la tua vita..... ( Le parole sono finestre (oppure muri).
Giudizi moralistici che sornionamente si nascondono dietro affermazioni generali, l'uso di paragoni che avviliscono noi o "l'altro", la negazione delle nostre responsabilità personali (frasi come: dovevo farlo, ordini del capo, politica dell'azienda), l'espressione del proprio desiderio in forma di pretesa (i genitori  sono degli specialisti in questo campo),  sono i maggiori pericoli in cui incorre la nostra comunicazione con l'altro, la altera, la blocca, e noi magari auspicavamo un vero scambio. Leggendo il libro mi sono detta che mi devo trasformare in un cane da tartufo per riconoscere e stanare le insidie mimetizzate anche nella conversazione apparentemente più banale. Ho ripreso la mia lettera, era infarcita di frasi che risultavano "muri" e non "finestre", ho provato a riscriverla esprimendo le stesse idee ma "diversamente", con maggiore attenzione e consapevolezza, ha funzionato: ho ricevuto una bella risposta.
Grazie Francesco! 
     

3 commenti:

  1. questa e' una grande forma di meditazione ....molto interessante .... grazie pallina

    RispondiElimina
  2. Grazie Francesco e grazie Sara allora!

    RispondiElimina