giovedì 20 marzo 2014

Parigi: a filo dell'acqua, a filo delle rotaie

Già che Noam e Cartier-Bresson mi hanno riportato a Parigi, ci resto ancora un momento per parlare di due passeggiate talmente belle in pieno centro città che vanno condivise: quella del Canal Saint Martin che prosegue col Canal de la Villette e la Promenade Plantée dalla Bastiglia al Bois de Vincennes. La prima passeggiata tutta a filo dell'acqua l'ho fatta con Francesco e la sua famiglia durante una breve scappata di pochi giorni in ottobre, al meraviglioso mercato di boulevard Richard-Lenoir la domenica mattina si vedevano quasi solo coloratissime zucche, la seconda invece, la "promenade plantée" è di fine febbraio e allo stesso mercato un'esplosione di fiori della primavera che già si annunciava.

Sarà che ho una passione per l'acqua e per le chiuse, sarà che adoro camminare possibilmente non in mezzo al traffico, ma il Canal Saint Martin mi piace molto di più dei "quais" della Senna, è molto più silenzioso, intimo, raccolto. E poi i ragazzi mi hanno portato a prendere un caffè in un post particolarissimo e molto alternativo, il Comptoir Général- Ghetto Museum, cooperativa e Associazione Culturale. Entrata anonima proprio sul canale e poi dentro uno spaccato d'Africa perfettamente ricostruito, l'Africa dei colori, della creatività fatta di niente, delle contraddizioni, degli oggetti ammonticchiati e riciclati, delle speranze fallite, dei sogni delusi, di chi vorrebbe cambiare le cose, di chi, politici e affaristi, specula perché non cambino.
In una vecchia stalla riattata con gran gusto "cosy", spazi immensi, pubblico radical-chic e brunch affollato, in realtà un posto alla moda, ma fanno riflettere comunque il melting-pot di gente che lo frequenta, la carta dei valori dell'associazione affissa, le immagini di presidenti assetati di ricchezza e potere e quelle di coloro che sono invece stati assassinati perché tentavano altro, il piccolo museo della Françafrique, come viene chiamato quel complesso sistema di connivenze politico-economiche che prima negli anni della colonizzazione e ora nell'epoca "post" ha legato e lega comunque nella copertura di dittatori sanguinari, nella vendita d'armi, nella sottrazione e spostamenti di capitali, nello sfruttamento delle materie prime, la Francia alle ex-colonie africane.  

Bellissima e davvero romantica anche la prosecuzione della passeggiata lungo il Canal de la Villette con il Quai de Valmy, la Promenade Jean Vigo, il quai de Loire. Mancavano solo i canottieri e qualche pittore impressionista che li dipingesse.
Non più sul filo dell'acqua ma lungo il percorso delle rotaie l'altra "promenade", altrettanto bella.
"La promenade plantée" chiamata anche "Coulée verte" o "Le viaduc des arts" è stata creata sulla ex-linea ferroviaria che collegava la Bastiglia a La Varenne-Saint-Maur dal 1853 al 1969. Lunga quattro chilometri e mezzo e rigorosamente pedonale, la passeggiata utilizza tutte le infrastrutture ferroviarie del vecchio tracciato, vale a dire il viadotto, le passerelle, gli spalti, i tunnel e traversa praticamente tutto il XII° arrondissement dalla piazza della Bastiglia fino al Bois de Vincennes.
Magnifica, assolutamente magnifica, con quella cura del verde che a Parigi non difetta mai si gode di alberi e fiori appena piantati, si vede la città dall'alto con ogni dettaglio che ha la sua poesia come quella rete verde di mangime appesa a un albero per gli uccelli, l'architettura delle case, da quelle ultramoderne a certe maestose di fine ottocento e primi novecento, una Parigi insomma che non finisce mai di incantare con le sue ricchezze e diversità sempre valorizzate.
Si cammina su una strada sopraelevata lunga e stretta che sembra non finire mai e il paesaggio muta costantemente,  in pieno centro città e nel contempo fuori; e il pedone regna per una volta sovrano perché persino chi fa footing è  appena tollerato, un grande cartello gli ricorda che non deve disturbare i "camminatori".





1 commento:

  1. Hai il talento di scoprire anche nei luoghi più frequentati gli angoli reconditi che pochi conoscono, e ce li racconti con un gusto e un entusiasmo tali da farci desiderare di andarli a vedere di persona. Brava Sara.

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