mercoledì 12 marzo 2014

Colombia: no quién tiene pero quién sabe

E poiché tutto mannaggia! finisce, anche i bei giorni a San Agustìn sono finiti. Ci congediamo dal  nostro albergo là sulla collina con le cisterne d'acqua dipinte e dagli altri ospiti neri neri che al mattino passeggiavano tranquilli e silenziosi lungo il patio da cui si gode di una vista stupenda sul paese e i rigogliosi dintorni.
Un ultimo giro in paese al coloratissimo mercato, un ultimo tuffo nell'atmosfera al rallentatore che vi si respira e capisci bene perché, come dice Hugo, qui non serve l'orologio, "fermento e lavoro dalle cinque alle undici della mattina e poi tutto tace, si riposa". Circondata e protetta dalle due Cordigliere, Centrale e Orientale, San Agustìn come Machu Picchu vive bella tranquilla e sonnolenta, per questo il luogo è stato scelto come insediamento da quelle sagge civiltà precolombiane per le quali la tesaurizzazione, l'accumulare, non aveva nessun valore, "no quién tiene pero quién sabe", per le quali era degno di nota non colui che possedeva cose ma colui che deteneva la conoscenza, come ci ricordava fieramente Miguel girando fra le tombe del parco archeologico.
Salutiamo Miguel con la moglie davanti al suo stracolmo negozio di "artesania" e lì faccio la conoscenza di Amid, un francese della Normandia, guida di rafting sul fiume Magdalena. Amid viveva prima nelle Hautes Alpes, ha imparato a cavalcare i fiumi sulla Durence e ora, da dieci anni vive da queste parti dove, mi dice, la gente è stupenda. Certo che Amid conoscerà bene le ripide giuste dove portare i suoi turisti in cerca di avventura, perché il canyon del rio Magdalena è inquinatissimo, un amico di Hugo l'ha percorso con la muta per dieci giorni e si è ritrovato tutto pieno di ulcere sulla pelle. 
Abbiamo tutto un giorno per ritornare a Neiva e prendere l'aereo che parte di sera per Cartagena de Indias via Bogotà, perciò ce la prendiamo con calma. Sguardi alla campagna, ai campi di canna da zucchero, sosta in una fabbrica che produce panelas. La "panela" seppur con altri nomi ("chancaca" in Perù e Bolivia, "piloncillo" in Messico) viene prodotta in tutta l'America latina, ma la Colombia ne è il più grande esportatore mondiale.
Si tratta di succo di canna da zucchero fatto bollire ed evaporare, ne risulta una melassa viscosa che viene poi versata e modellata in stampi rettangolari dove si solidificherà. Sempre in vendita nei mercati, sono mattonelle di saccarosio e fruttosio ricche di vitamine usate direttamente come cibo o come dolcificante e pare che la panela abbia anche proprietà terapeutiche per la pelle e contro infezioni o raffreddori. Insieme alla canna da zucchero si fa bollire anche la corteccia del balsa, albero sempreverde molto diffuso nel centro e sud america (il legno più leggero al mondo) perché aiuta a far galleggiare le impurità della canna che verranno così eliminate più facilmente.
Sulla via del ritorno sosta anche nei paesi di Timanà e Gigante. In entrambi i luoghi per ammirare due giganteschi alberi ceiba,  albero sacro per i Maya che l'avevano messo al centro della loro cosmologia considerandolo l'albero della vita che collega terra e cielo e "albero della libertà" per i colombiani che nel 1853, anno dell'abolizione della schiavitù, ne avevano piantati per festeggiare in ogni piazza dello stato. Questi due così vecchi e grandi sono gli unici superstiti di quel tempo e a Gigante di recente i cittadini si sono legati intorno al tronco come forma di protesta contro il sindaco che voleva tagliarlo visto che le sue radici si espandono molto lontano sottoterra per cercare l'acqua col rischio di lesionare le fondamenta degli edifici circostanti.
Nella piazza centrale di Timanà, fra le città più antiche fondate dagli spagnoli (1538) alla ricerca di quell'oro che li spingerà fino all'Amazzonia e all'Ecuador, oltre alla ceiba gigante  una statua dell'eroina Gaitana e una chiesa dalle bellissime decorazioni interne più volte distrutta dal terremoto. Un Cristo di colore invece nella parrocchia Sant'Antonio da Padova del tardo 1700 di Gigante e questo Santo è veramente amatissimo perché lo trovo dappertutto in giro per il mondo, una pletora nel Kerala, lo stato indiano a più alta  concentrazione cristiana.                                                                                                                      
Questo è l'ultimo panorama che ci regala la regione Huila poco prima di imbarcarci sull'aereo. Le due Cordigliere che in una strettoia dell'alto fiume Magdalena quasi si toccavano, adesso sono lontane chilometri. 


1 commento:

  1. Hola la cucaracha! Vicina di camera non proprio gradita, o sì?
    Piccoli problemi a parte, deve essere stato proprio un bel soggiorno, quello a San Augustin. Ciò che colpisce di più, dai tuoi articoli così come dalle impressioni raccolte nel corso degli anni da varie fonti, è l'estrema policromia della regione andina. Dalla flora, ai tessuti, alle decorazioni architettoniche, agli oggetti di uso comune, tutto è policromo, addirittura chiassoso. Come contraltare, le musiche locali sono esili ed eteree, un interessante abbinamento.
    Mi chiedo se la "panela" sia responsabile di un'alta incidenza di diabete tra la popolazione. Curiosa l'attribuzione di proprietà terapeutiche al saccarosio; chissà cosa ne pensano i nostri dietologi.
    Il cagnolone accoccolato al centro della navata è tenerissimo. Mi vengono in mente i dipinti secenteschi che ho visto ad Amsterdam un paio di settimane fa. Gli interni delle chiese sono sempre rappresentati con qualche animale - cane, gatto, capra o altro - liberamente circolanti o sdraiati, in mezzo a varia umanità intenta a varie attività. Bello.

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