domenica 16 marzo 2014

Cartier-Bresson: l'occhio del secolo al Beaubourg



Faccio una sosta nelle note di viaggio sud-americane, tanto Cartagena de Indias e la Colombia non scappano e poi ci sono le foto scattate e il mio inseparabile quaderno di appunti a tener viva la memoria, per scrivere della retrospettiva appena vista di Cartier- Bresson al Centre Pompidou, la seconda grande sintesi del fotografo dopo "The modern century", quella del 2010 Al MoMA di New York.

Per la verità non scappa neanche Parigi da cui sono regolarmente attirata come da una calamita da quando ci sta il nuovo grande amore della mia vita, ovvero mio nipote Noam che ha appena compiuto sei mesi, ma le mostre si, quelle finiscono ed è meglio parlarne in tempo. Iniziata il 12 febbraio Henri Cartier-Bresson al Beaubourg avrà termine il 9 giugno. Più di 500 foto, disegni pitture, film e documenti per approfondire la conoscenza di questo gigante della fotografia che ha attraversato tutto il 900, per entrare nel suo composito universo fatto di tanti ingredienti , intuizione visiva e capacità di cogliere al volo l'attimo significante "l'instant décisif", sensibilità poetica e urgenza di testimonianza, impegno politico e solida preparazione artistica, esperienza nel cinema e nuova visione fotografica.

"L'occhio sinistro per il mondo interiore, l'occhio destro per il mondo esteriore. La grazia è la fusione dei due" scriverà Pierre Assouline  nel libro dal titolo eloquente  "Cartier- Bresson: l'oeil du siècle" che gli ha dedicato, pagine che si leggono tutte d'un fiato come un romanzo d'avventure e non come la fedele biografia di una vita pienamente vissuta. Pierre Assouline, narratore assolutamente appassionante anche della vita di Kahnweiler, il gallerista di Picasso (L'homme de l'art: D.H. Kahnweiler Folio N° 2018) e del collezionista Nissim de Camondo (Le dernier des Camondo. Folio 3268).
 La mostra segue un percorso cronologico della vita di Cartier-Bresson volendo offrire una visione globale delle numerose sfaccettature ed evoluzioni del suo percorso, non solo fotografie di strada e fotoreportage per le più grandi testate e riviste, la parte più conosciuta della sua immensa produzione creativa. Così anch'io ho preferito privilegiare altri aspetti rispetto alla solita iconografia della produzione dell'artista, mostrando cioè il fotografo ripreso mentre fotografa con l'inseparabile Leica sempre in mano "le Leica sera son objet mythologique. Il ne s'en séparera plus, tant dehors que dans l'intimité. Dans la rue, à la maison, chez les gens, partout et tout le temps...", il fotografo fotografato da altri, fra cui la moglie Martine Franck, e poi il fotografo-pittore. Ignoravo, e forse non sono la sola, che Henri Cartier-Bresson avesse iniziato la sua carriera come pittore. Una famiglia d'artisti la sua, pittore amatoriale il padre, pittore professionista l'amatissimo zio e Cartier-Bresson già a dodici anni comincia a cimentarsi con pennelli e tavolozza e passa ore intere ad ammirare i capolavori del Louvre.
Nel 1927 a soli 19 anni e per tre anni è allievo del pittore cubista André Lhote dipingendo nel suo atelier parigino dove impara le regole classiche della geometria e della composizione che applicherà in seguito alla fotografia, le sue prime immagini saranno infatti strutturate secondo la proporzione della sezione aurea. "Cartier-Bresson a contracté le virus de la géométrie dans l'ombre de Lhote qui en est viscéralement obsédé. A' croire que seule la structure donnée au monde permet de retrouver l'ordre dans le chaos". In quegli stessi anni si avvicina anche ai surrealisti di cui lo affascina lo spirito sovversivo, il gusto per il gioco, lo spazio lasciato all'inconscio, il piacere del girovagare a piedi per la città e HCB farà anche dei collage influenzato dall'amico Max Ernst.
HCB: Pour l'amour et contre le travail industriel  1931 Collage sur carte 

" En quelques années Cartier-Bresson est passé de l'académie Lhote au grand air, et de l'atelier à la rue, sans se renier ". Negli anni 30,  da una parte la frequentazione di artisti, galleristi e di amici americani che lo inizieranno alle innovazioni formali dell'americana Straight Photography e della Nuova Visione Europea, movimenti fotografici che propongono una rappresentazione diretta, "pura" della realtà senza alcune mediazione o manipolazione tecnica e dall'altra il suo primo grande viaggio in Africa dove non è certo il folclore ad interessarlo ma il gioco dei bambini per strada e la fatica dei rematori sulle piroghe, gli faranno abbandonare la pittura per la fotografia e per il documentario fotografico: " Voir en un millième de seconde ce que les gens indifférents côtoient sans remarquer, voilà le principe du reportage photographique...J'ai soudain compris que la photographie peut fixer l'éternité dans l'instant".  La macchina fotografica diventerà il suo nuovo quaderno di schizzi.
A partire dagli anni 70 HCB ha sempre la sua Leica a portata di mano, ma "ufficialmente " cessa di fotografare per tornare alla passione iniziale, ma questa volta il disegno e non più la pittura. Avrà modo di dire: " la foto è un'azione immediata; il disegno una meditazione". Per 30 anni, dal 1972 fino alla sua morte nel 2004 alla venerabile età di 95 anni, HCB disegnerà tutti i giorni in bianco e nero a matita, a carboncino, a penna, tre volte alla settimana in atelier ore di esercizio con una modella e poi  giornate intere passate al Louvre e a l'Orangerie a fare degli schizzi  seguendo le opere di Goya, Durer, Ingrès o Van Gogh, altre volte è al Museo di Storia Naturale a voler fissare sul foglio bianco carcasse e ossa di animali. 
Fra i giovanili anni 30 nell'atelier di Lhote e gli schizzi al Louvre a partire dagli anni 70, sono passati vorticosamente 40 anni di una vita straordinaria in giro come fotografo per tutti gli angoli del pianeta. Nel frattempo ci sarà stata la formidabile avventura della Magnum fondata con Capa, Seymur, Rodger e Vandivert nel 47, l'agenzia fotografica più prestigiosa al mondo, l'esperienza della prigionia in guerra, la fuga e le successive scelte di resistente antifascista e militante comunista, la scoperta che lo strumento della fotografia può diventare "un'arma di classe" per far vedere e dare voce a coloro che il sistema capitalista caccia ai margini del visibile. 
Nel frattempo ci sono i destini tragici dei repubblicani spagnoli, c'è l'esperienza con il cinema e quei tre film con Jean Renoir a cui HCB farà da assistente di regia, il dopo guerra, il ritorno a casa dopo l'apertura dei campi, l'assassinio di Gandhi quel 30 gennaio 1948 poche ore dopo aver avuto un'udienza con lui e Cartier-Bresson immortalerà le varie fasi del funerale, dalla pira della cremazione fino alla dispersione delle ceneri nel Gange; ci sarà la Russia del dopo Stalin dove lui sarà il primo ad entrare, la caduta del muro di Berlino, Cuba, il Giappone, le lotte sociali, la rivoluzione cinese, il maggio 68 in Francia e ancora... ancora e ancora.

Nel posto giusto al momento giusto, sempre a contatto con ciò che succede nel mondo. Cartier-Bresson ha ascoltato i consigli dell'amico Robert Capa che nel lontano 1947 gli aveva detto:  " Méfie-toi des étiquettes. Elles rassurent mais les gens t'en colleront et tu ne pourras plus t'en débarasser. Tu auras celle de petit photographe surréaliste...Continue dans ta voie, mais avec l'étiquette du photojournaliste et garde le reste au fond de ton coeur. C'est ça qui te plaira toujours au contact de ce qui se passe dans le monde".






Credo sia Henri Cartier- Bresson in persona ad aver fatto di se stesso la miglior sintesi che mi sia capitata di leggere: "Je suis visuel. J'observe, j'observe, j'observe. C'est par les yeux que je comprends".



PS: tutte le citazioni in corsivo del post sono del libro "Cartier-Bresson L'oeil du siècle" di Pierre Assouline.  Edizione Folio N° 3455 

1 commento:

  1. Sarebbe da vedere. Purtroppo io non sono mobile come la nostra invidiata reporter, così mi accontento dei suoi esaurienti reportages. Sono altresì grata al suo nuovo grande amore che la attrae fatalmente verso la Ville Lumière, dove si tengono mostre tra le più importanti al mondo, di cui lei è ghiotta e che generosamente condivide con i suoi lettori. Cosa desiderare di meglio?
    Henri Cartier-Bresson è certamente uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi e luoghi. Altri che mi vengono in mente sono Capa, Stieglitz, la Arbus, Dorothea Lange. E' interessante il ritorno alle origini espressive alla fine della carriera fotografica. Splendidi disegni.

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