mercoledì 19 dicembre 2012

Gabon: dall'equatore


Per non fare confusione fra idee, foto, appunti e pensieri ho scelto di non mescolare i continenti e di terminare prima le mie note di viaggio nipponiche; adesso che la cosa è fatta posso confessare che gli ultimi due post sull'impero del sol levante non ho fatto in tempo a scriverli al mio ritorno milanese, ma dall'equatore. Già, ve lo ricordate quel figlio ecologista, terzomondista, idealista, saccopelista che da Parigi se n'era andato ad insegnare la matematica nell'Africa profonda?

Si, Francesco, proprio lui! Mettendo in pratica quel vecchio proverbio  "Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto" ho pensato che se non superavo le mie paure di clima, vaccinazioni, zanzare assassine, avrei passato altri dodici mesi senza vederlo come l'anno scorso fino alle vacanze estive e francamente è stato troppo, a giugno durante due chiacchiere su skype ero scoppiata a piangere come una matta, scherzi della nostalgia. Così venerdì 14 dicembre ero su un volo Air France per il Gabon.

Viaggio epico, a Milano 50 centimetri di neve, tre ore di ritardo e cara grazia che siamo partiti, ho naturalmente perso la coincidenza a Parigi per il volo diretto a Libreville e sono arrivata via Casablanca con Air Royal Maroc alle tre di notte. Poco importa, sono quisquilie, conta che adesso sono qui seduta sul suo balcone in riva all'oceano con il rumore delle onde nelle orecchie e alberi e palme di tutti i tipi davanti agli occhi e poi in volo le ore sono passate veloci grazie alla conoscenza della simpaticissima Karina.

Compagna di sventura, è una gabonese tutta pepe che si è sposata, i casi della vita, con un mobiliere di Cantù e vivono tra Libreville dove hanno un negozio di mobili e la Brianza dove vanno regolarmente ad approvvigionarsi per la loro attività di import-export. Con intraprendenza tutta italiana, Karina al mattino sta in negozio col marito tra divani e comò e il pomeriggio si è creata uno studio estetico dove sbianca i denti alle signori locali. Sono già andata a trovarla qui a casa sua ed è veramente una forza della natura.

Certo passare da tempi e performances giapponesi a ritmi e modus vivendi equatoriali con un intermezzo milanese tutto bianco di neve è stato uno choc mica da ridere e anche se non sono Einstein me ne sono accorta subito, due ore all'aeroporto per denunciare il mancato arrivo della mia valigia da immigrato, non di cartone e senza lo spago intorno, ma comunque piena di parmigiano, cioccolato, tè, caffè, pomodori secchi e capperi sotto sale e meno male che non ho portato le mozzarelle come ha fatto Karina che anche lei come me le sue tre valige piene di leccornie e doni per i suoi due figli le ha ricuperate solo l'indomani.
Osservando il personale seduto immobile che ti guarda indifferente mentre ti agiti davanti allo sportello, le ore impiegate per una qualunque operazione che necessita non più di cinque minuti, il lungomare costellato di gendarmi chiuso al traffico per mezz'ora due volte al giorno, mattino e sera, perché deve passare il Presidente che va al lavoro, la fortuna di avere l'acqua in casa a tutte le ore perché il sindaco abita da queste parti, l'unico bar della spiaggia a nome Nescafé che il caffé non lo può fare per mancanza di gruppo elettrogeno, ho capito che  dovevo operare una rapida e necessaria trasformazione mentale.


 Per non incazzarmi, godermi tranquillamente il soggiorno con i ragazzi (si en passant c'è anche lo sforzo di non fare la suocera rompipalle) e vivere questa nuova realtà che mi sta intorno, urge rotazione del coppino di 360 gradi e abbandono totale di tutti i miei soliti parametri logico-interpretativi, in pattumiera i riferimenti abituali. Sara, rinuncia a capire, apri gli occhi, guarda e stupisci, questo è un altro mondo e comunque di colore ce n'è a bizzeffe!

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