mercoledì 14 dicembre 2011

Porto Santo


E una mattina presto, prima del sorgere dell'alba, ci siamo imbarcate sul traghetto Lobo Marinho per l'isola di Porto Santo. Odio le levatacce, ma è stata l'unica del soggiorno e non ho proferito parola, nello zaino una scatola francese di pillole di "mer calme", non fa dormire come la xamamina, entrambe navigatrici di terra e non di mare, temevamo la traversata oceanica di tre ore circa, ma no problem, l'acqua era quasi un olio.

Alla nostra sinistra Madeira vista dal mare, sulla destra la sagoma delle isole Desertas. Sulla nave cominciamo a scambiare due chiacchiere con Christine, una signora di Bath (città dell'impero romano in Cornovaglia con delle terme bellissime che ho visitato anni fa). Inaspettatamente per lo stile inglese sempre molto riservato, arrivate a Porto Santo farà con noi il giro dell'isola e ci chiederà di pranzare insieme, non le piace da sola, rimarrà con noi tutto il giorno.
Già da lontano Porto Santo fa vedere le sue principali caratteristiche, una lunghissima spiaggia ( 9 chilometri) di rena dorata, la principale cittadina dal nome omonimo (abitata da quasi tutti i 5000 abitanti dell'isola), chiamata anche Vila Baleira distesa lungo la costa, l'aspetto aspro e arido del terreno, una vasta pianura centrale con formazioni montagnose a est, il Pico do Castelo, con i suoi 500 metri, una delle cime più alte dell'isola, dalla forma conica e verdeggiante grazie al decennale riforestamento, pini di Aleppo e cedri del Libano in particolare.

Vecchia di 18 milioni di anni, così ci ha detto la guida con la quale abbiamo fatto in due ore il giro dell'isola appena scese dal traghetto, è la più antica dell'Atlantico e una volta era quattro volte più grande; rispetto a Madeira tutta nera, nelle rocce di varia formazione di Porto Santo si possono osservare tutti i colori delle stratificazioni dei millenni. Non a caso la sabbia di Porto Santo pare avere grandi proprietà curative per artriti e dolori reumatici proprio perché ricchissima di fossili e carbonato di calcio sotto forma di calcite dalle particolari caratteristiche termiche.
Cristoforo Colombo, che aveva sposato Isabel Moniz, la figlia di Bartolomeu Perestrelo, il primo capitano portoghese sbarcato sull'isola divenuta poi un suo feudo, ha soggiornato qui; avremmo dovuto visitare la sua casa divenuta museo con incisioni e carte evocanti la sua vita e i vari peripli dei suoi viaggi, ma sull'isola era giorno di festa e tutto chiuso.

 La storia dell'isola è tormentata, il saccheggio di pirati e corsari dal XV° fino al XVIII° secolo è stato frequente. Tutte le ragioni atlantiche dall'Algarve allo stretto di Gibilterra fino alle Canarie rappresentavano zone di conflitto tra portoghesi, spagnoli e mori. Con l'inizio delle navigazioni alla scoperta del nuovo mondo, l'arcipelago di Madeira e le Azzorre rappresentavano un luogo obbligato di transito per navigatori e pirati. Il saccheggio del 1617 da parte di corsari algerini pare sia stato il più terribile che gli abitanti dell'isola abbiano subito. 


Facciamo il periplo in autobus incontrando mulini e vari punti panoramici, stupenda in particolare la Ponta da Calheta nell'occidente estremo, di fronte l'isola disabitata Ilheu de Baixo, ricca di calce, un tempo conformata in pani e spedita a Madeira per la produzione di malta e concimi . A Porto Santo ci vengono i turisti stranieri d'inverno e a passarci le vacanze i ricchi abitanti di Madeira d'estate, difatti il 60% delle abitazioni dell'isola (vecchie ma restaurate e quelle nuove  a non più di tre piani) sono seconde case; fa gola il clima più caldo ed asciutto, ma soprattutto la meravigliosa spiaggia che Madeira non possiede. 

Il grosso problema dell'isola è l'acqua e la conseguente siccità. Qui non piove quasi mai e malgrado si siano piantati un milione e mezzo di alberi, il suolo è roccioso ed arido. Per bere desalinizzano l'acqua del mare, hanno costruito molte dighe per convogliare le acque e andando in giro si vedono ovunque bacini di irrigazione per le culture, muretti a calce viva delimitano le zone coltivabili e fungono da protezione contro il vento.

Per questo  colpisce particolarmente il green di un campo da golf,  un insaziabile vampiro di acqua, ma il business ha le sue esigenze ed il campo da golf attira il turismo internazionale, principale risorsa dell'isola. E' stato concepito da Severiano Ballesteros, golfista spagnolo di fama mondiale scomparso di recente. L'economia dell'isola si regge anche  sulla produzione del vino ad altissima alcolicità, il 22%, la vigna cresce sulla sabbia. 
Sull'isola una grande attenzione ecologica: i rifiuti sono riciclati a Madeira dove vengono spediti una volta alla settimana. Per l'elettricità, oltre i pannelli solari e le pale eoliche, per la prima volta in Europa si sperimenta un'energia biodiesel completamente pulita prodotta con le alghe del mare. (Non ne capisco niente, ma ho preso appunti mentre la guida parlava)

Christine è una donna molto tosta, "con le palle" come si suol dire confidenzialmente, parla un portoghese fluente e chissà quante lingue ancora. Al ristorante e nella lunga passeggiata sulla spiaggia racconta che ha vissuto in Angola, Nigeria, Nicaragua, Cambogia, Afgahnistan, adesso sta per partire per la Libia. Aiuto, questi paesi sono stati o sono  gli angoli più "caldi" del pianeta, ma che caspita di lavoro fa? C'è scritto sul suo biglietto da visita e mi fa una certa impressione: Landmine Risk Consultant. Sissignore, Christine ha sempre lavorato per grosse ONG internazionali e si occupa di formazione "sul campo" per il rischio mine. Di sua competenza studio e analisi di territori martoriati da ingegni bellici, coordinamento e preparazione della gente locale e volontari per affrontare pericoli e difficoltà che terribili guerre hanno lasciato in eredità. Interessantissimo discutere con lei, è l'occasione per me di chiederle conferma su quello che mi è sempre sembrato il grosso punto debole delle organizzazioni internazionali governative e non, la mancanza cioè di coordinamento e di scambio di informazioni; perdita di denaro, energia, vanificazione degli sforzi per una mancata sinergia fra le strutture. -"In 40 anni di lavoro sul campo, più vado avanti e meno capisco"- è la sua sconcertante e lapidaria risposta. 

Fotografo la mia ombra sulla spiaggia, alle sei il Lobo Marinho leva l'ancora, la scultura di un marinaio che scruta il mare accanto ad una palma vuole forse ricordare la grande tradizione dei navigatori portoghesi o più dolorosamente tutti quegli uomini che soprattutto negli anni 60-70 hanno dovuto emigrare dall'isola in cerca di fortuna verso Canadà, Stati Uniti ed Australia. Porto Santo si congeda regalandoci  un suo tramonto. 



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