martedì 15 aprile 2014

San Andrés: fra pirati e iguane

Per la verità avrei preferito andare ancora in giro per la Colombia, che ne so, visitare Medellìn, Calì, Santa Marta, Tierradentro o dei parchi naturali, c'era ancora talmente tanto da conoscere, ma il gruppo aveva concepito il viaggio diversamente e io mi ero semplicemente aggregata, dunque prendere o lasciare. Certamente aveva allettato tutti l'idea di terminare la vacanza con qualche giorno al mare e poi fra i compagni c'era chi faceva il sub, dunque cosa meglio di un'isola corallina in mezzo all'oceano per visitar fondali? Lasciando la Colombia per San Andrés, nemmeno in Israele così tanti controlli all'aeroporto, hanno ispezionato due volte sia il bagaglio in stiva che quello a mano, siamo sui percorsi della droga, ma io sono tranquilla, in viaggio non compro più neppure le spezie, manco l'origano, perché dopo qualche anno in bella mostra in un  barattolo finisco sempre per buttarle via.
 Bellissima fra acque, cielo e nuvole la vista dall'aereo di quella lunga linea di terra che è San Andrés.
Pare sia incontaminata e non ancora raggiunta dal turismo di massa la vicina isola Providencia, io posso dire solo di San Andrés che è bella ma non la fine del mondo, facilmente raggiungibile per i vacanzieri  del centro o sud-America, ma non la consiglio ai più lontani europei anche se stanno ingrandendo l'aeroporto perché pare che approdino sull'isola 1300 turisti al giorno, in particolare voli charter che arrivano dalla repubblica ceca via Cuba.
L'arcipelago di San Andrés e Providencia è storicamente legato all'Inghilterra di cui è stato colonia e fa politicamente parte della Colombia. San Andrés, centro amministrativo e commerciale dell'arcipelago è l'isola più grande con 80.000 abitanti che parlano spagnolo e inglese caraibico e con i suoi 27 kmq. di superficie. Si trova a 150 chilometri a est del Nicaragua e a circa 800 km. a nord-ovest della Colombia. E fra i due paesi esiste un contenzioso, complici forse  fonti  di petrolio trovate  in mare, e il Nicaragua insiste senza successo presso il tribunale internazionale dell'Aja nel rivendicare la sovranità sulle isole. 

Il boom del turismo e del commercio, sviluppatosi a partire dagli anni 50 del '900 con l' isola dichiarata zona franca e con i primi aerei che la collegavano alla terraferma, ha in parte snaturato la cultura "raizal" locale, un' etnia afro-caraibica ( schiavi neri importati dagli inglesi dalla Giamaica per coltivare tabacco e cotone) e oggi l'isola è una mescolanza di cultura latino-americana e anglo-caraibica. Si vive di agricoltura, poca, e di turismo, tanto. Per fortuna noi siamo a San Luis, la parte più ruspante e conservata nel suo spirito originario dell'isola, in un alberghetto modesto ma che accede direttamente alla spiaggia a qualche chilometro da "El Centro" dell'isola brulicante di cemento, edifici moderni e colorati ma comunque troppi, alberghi più o meno chic, un interminabile lungomare, negozi duty free uno via l'altro dall'inverosimile quantità di merce e alé, la possibilità di shopping turistico a mai finire. Sparse in giro per l'isola vediamo anche molte ville chiuse requisite dal governo ai narcotrafficanti che nei fasti degli anni '80 vivevano qui da nababbi.

Bella la passeggiata sulla spiaggia di prima mattina curiosando nei dintorni fra baracche e ville, i ristorantini piedi nella sabbia  aperti a tutte le ore, i bambini che giocano aspettando le onde e di fronte, a qualche decina di metri sempre presente una lunga riga di schiuma bianca, è dove l'oceano s'infrange contro la barriera corallina.



Andandomene a spasso da sola lungo una strada che fa il giro di tutta l'isola scopro la gentilezza dei locali, ti salutano sempre amabilmente tutti, scopro anche il cimitero locale. Tombe semplicissime coperte di fiori, a volte solo sabbia, i cari estinti ricordati  sempre in inglese.

Vari i punti di interesse, per esempio la Loma che è come chiamano la selva centrale dell'entroterra; case tradizionali di legno, l'acqua corrente che non è ancora arrivata nelle case, la prima chiesa battista fondata sull'isola a metà '800. Per esempio numerosi alberi del "noni", che non avevo mai visto dal vero. Come una pera bitorzoluta con la varicella, è un frutto ricco di minerali e vitamine che viene utilizzato da sempre dai polinesiani per le sue numerose proprietà benefiche e adesso comincia ad andare di moda anche da noi. L' "Hoyo Soplador" ovvero l'occhio che soffia, un piccolo geyser dove in determinate condizioni di vento e marea l'acqua del mare schizza in aria fino a 20 metri attraverso un foro naturale aperto nella roccia corallina.
"La coconut house", una casa fatta esclusivamente in cocco dal Signor Forbes con annesso un parco ecologico dove abbondano iguane e coccodrilli. Dulcis in fundo, la "grotta del pirata Morgan". Già, a causa della loro posizione strategica, le isole offrivano un comodo rifugio ai corsari notoriamente ghiotti dei galeoni spagnoli che tornavano nella madrepatria carichi d'oro e altri metalli preziosi e si dice che il tesoro accumulato dal bucaniere Henry Morgan sarebbe nascosto proprio qui.. La grotta per la verità è tutta piena d'acqua, si riesce a vedere solo l'imboccatura e una sirena scolpita nella roccia, ma a fianco la perfetta ricostruzione style Walt Disney della casa del pirata, cannoni, due navi, di tutto di più.
Certo abbiamo cenato al La Regatta, il ristorante più "in" di San Andrés che sembra di essere sulla tolda di una nave e dove naturalmente c'era una foto del proprietario con Ernest Hemingway che francamente era sempre in giro a spassarsela e  mi chiedo quando trovava il tempo di scrivere, ma dove mi è piaciuto di più è stato da "Mister Panino" tenuto da un siciliano verace che da dodici anni si è trasferito qui con la moglie e vi si trova benissimo. A parte un favoloso piatto di spaghetti alla norma , la cosa più bella era la sua cameriera: una creatura boteriana in carne ed ossa,  non dipinta o scolpita, ma stupendamente vera! 
       

1 commento:

  1. Ricordi tropicali: acque turchesi, calde e cristalline; spiagge di finissima sabbia bianca accecante; capanne sulla spiaggia costruite di frasche di banano e di cocco; esotici frutti dall'aspetto attraente o minaccioso, sempre dolcissimi; iguane, gechi, varani e altri tipi di rettili, di tutte le dimensioni. Ma soprattutto la gentilezza dei locali: frotte di ragazzini che ti corrono incontro, gridando "Hello, friends!" mettendo a repentaglio le loro vite e le tue quando passi in motocicletta scassata su strade alquanto dissestate. Mi ha fatto venir voglia di postare qualche blog sui viaggi nelle Filippine, tanto per tenere desta la memoria.
    Poi concordo con te sulla bellezza boteriana della cameriera. Stupenda!

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