lunedì 10 febbraio 2014

L'El Dorado a Bogotà


No, non è immaginario né introvabile, il mitico El Dorado esiste per davvero e si trova a Bogotà, in Carrera 6 al numero 15-88. Di ritorno alla base milanese attacco subito alla grande le mie note colombiane con l'incredibile "Museo del oro", esposizione mozzafiato,  senza dubbio l'esperienza più ricca e affascinante di Bogotà e forse dell'intero viaggio, mi ha ricordato lo stupore di alcuni anni fa di fronte al tesoro di Tutankhamon al Cairo. Oltre 55.000 pezzi in oro e altri materiali, per lo più rame, testimonianze di tutte le principali culture preispaniche della Colombia. Non si può stabilire con certezza la datazione di tutto questo suggestivo patrimonio, in genere solo i manufatti d'oro che contengono altri materiali possono essere datati con il metodo del carbonio 14, ma sono comunque passati un bel po' di secoli.
La metallurgia  nelle Ande centrali ha una storia lunga 4000 anni, da 5 secoli prima della nostra era e fino alla conquista spagnola del 1500 fiorisce in tutta l'area andina e nel litorale caraibico. Nei numerosi gruppi etnici delle varie aree colombiane dediti alla caccia, alla pesca e all'agricoltura con la coltivazione di mais e yucca, la ricca produzione metallurgica serve certo per utensili da lavoro e decoro del corpo, ma ha soprattutto finalità sacre e simboliche, rappresentative del potere e votive per le offerte rituali poiché traduce la visione del mondo del gruppo. Manufatti al servizio di chi governa, cacicchi politici e sciamani spirituali; monili, pettorali, orecchini, maschere, anelli da naso, corone, collane, la cui funzione principale è quella di sottolineare importanza e prestigio dei capi, di chi comanda, evidenziarne l'autorità.
Il "Museo del oro" si articola intorno a quattro temi: 1- Il lavoro dei metalli, dall'estrazione alla lavorazione. Dal Messico alla Colombia fino al nord del Cile e all'Argentina si lavorano i metalli e si crea, ogni etnia e ogni regione avranno un proprio stile; provvederà l'invasione europea a troncare drammaticamente di netto questa secolare tradizione e a decretarne la subitanea fine. I conquistadores non hanno tempo né interesse per le creazioni artistiche, ma esclusivamente per i metalli di cui sono fatte, i nativi diventeranno carne da macello, conosceranno malattie e morte, diventeranno forza lavoro come schiavi.

L'attività orafa caratterizzerà in particolare tutta la Colombia preispanica. Attraverso la trasformazione di oro, rame, argento, platino, sapienti mani creeranno migliaia e migliaia di oggetti di incredibile bellezza senza alcun valore mercantile o di scambio, carichi solo di sacralità e simbologie. Realizzazioni scolpite a mano in uno stampo di cera poi distrutto per l'estrazione dell'opera, ogni modello un pezzo unico e irripetibile.
2- Utilizzo e contesto dei metalli nelle società pre-ispaniche colombiane. Il metallo trascende la sua condizione di oggetto materiale, attraverso svariate rappresentazioni codifica regole, usi e tradizioni e entra a far parte del mondo della mitologia. Miti che riportano storie dell'origine del mondo e della cultura ritualmente tramandata di un passato remoto. Miti che danno senso e logica alla creazione, agli astri, ai fenomeni naturali, agli uomini, agli animali, alla vita e alla morte. Attraverso musiche e danze rituali, indossando ed esibendo monili e maschere, si fanno rivivere gli antenati in un flusso di continuità fra passato e presente.  


3-la terza sezione esplora l'espressione dei grandi temi mitici, cosmologia, sciamanesimo e simbolismo delle rappresentazioni dei vari oggetti, un mondo quanto mai articolato e ricco, impossibile ad essere riassunto in poche righe. Solo alcuni cenni: in una visione globale che integra tutto l'esistente, comune a molte etnie è una concezione duale della vita e del mondo, le cose come unione di parti opposte ma complementari e strettamente dipendenti l'una dall'altra, maschile femminile, male e bene, vita e morte, sole e luna, opaco e brillante, oro e argento. Il monile testimonia del potere di chi lo esibisce e nella gestione politica-sociale questo pensiero binario si è tradotto in una forma di diarchia, cioè la presenza contemporanea di due dirigenti, il cacicco e lo sciamano in seno alla comunità. Uno si identifica con segni distintivi di carattere figurativo, figure antropomorfe o rappresentazioni stilizzate di animali, uccelli, scimmie, giaguari e caimani in particolare( giaguaro e puma simboleggiano il pensiero amerindio delle forze maschili, come la destrezza e la sagacità del cacciatore e del guerriero). Negli ornamenti simbolici dell'altro, invece, predominano forme astratte e disegni geometrici per suggerire ordine, simmetria, armonia. Il percorso identitario di ogni gruppo passa attraverso i propri segni significanti.

I pettorali dalle forme femminili vogliono sottolineare i temi precipui della vita, la fertilità, la gestazione, la rinascita e nel pensiero indigeno i recipienti sono come le donne, contengono sostanze che si trasformano per dar luogo alla vita.
Centrale e mitica all'interno di questi sistemi valoriali la figura dello sciamano. Grazie alle sue capacità fisiche e spirituali lui solo ha il privilegio di viaggiare attraverso il cosmo, negli abissi della terra e nelle sommità dei cieli, lui solo possiede il dono della comunicazione profonda, sa vedere la faccia segreta delle cose, cogliere il visibile e l'invisibile della realtà. Per intraprendere i suoi "viaggi" e comunicare con gli spiriti, per librarsi in "altre regioni", lo sciamano deve raggiungere livelli di coscienza alterati ottenuti attraverso uno stato di trance: vi concorreranno assunzione di sostanze allucinogene, una meditazione profonda, dei movimenti corporali ripetuti, tecniche di respirazione, digiuni, danze rituali estenuanti, stimoli visuali e sonori, posture che favoriscono la concentrazione, in particolare quella  rannicchiata seduto sopra una panca (detta "de canasto" =postura cestino) in cui il corpo diventa come un recipiente atto ad accogliere. Gli aspiranti sciamani venivano allenati dai maestri anziani. Passavano anni interi chiusi in templi e grotte senza vedere la luce e con diete senza sale, senza peperoncino piccante (ajì) e molte altre restrizioni. Dovevano diventare esperti della flora sacra, delle sue varie proprietà allucinatorie e dei suoi vari usi culturali e saper riconoscere gli spiriti incontrati durante lo stato di trance.
Tabacco, coca (nella varietà "novogranatense"), yagé, yopo, ayahuasca, solo i nomi di alcune delle piante conosciute e manipolate con sapienza antica dagli sciamani, considerate sacre perché intese come fonti primordiali di saggezza e di potere. Vassoi per le foglie di coca tagliate e/o essicate da masticare, contenitori detti "poporos" per la calce  estratta da conchiglie marine triturate che unita alle foglie ne esalta gli effetti, bastoncini umettati di saliva per prendere la calce dal poporo, il Museo del Oro offre una gamma vastissima di questi strumenti indispensabili per il "volo" sciamanico in altri mondi e dimensioni. Un volo in cui la memoria e il pensiero si acuiscono, la parola si libera, fatica e fame si affievoliscono e la geografia sembra non avere più confini. Nel volo psichico avvengono le "trasformazioni", lo sciamano si identifica con certi animali, il giaguaro, il puma, gli uccelli, integrandone caratteristiche e qualità. In molte concezioni amerindie del cosmo in fondo non ci sono differenze radicali fra umano e non umano: rocce, piante, animali, uomini, oggetti, tutti sono dotati di una forma comune di anima o spirito. Le trasformazioni in uomo-pipistrello, uomo-giaguaro, uomo-aquila non rappresentano che una delle molteplici prospettive, un corpo-abito dalle possibili svariate identità che lo sciamano è in grado di assumere.
4- Ultima sezione del museo, l'offerta votiva. Il ciclo si chiude con il ritorno degli oggetti alla terra. Lavorati, trasformati e impregnati di significati profondi, queste stupefacenti creazioni umane ritornano alla fonte primaria sotto forma di offerta. Poiché la cosmogonia indigena attribuisce un'origine sovrannaturale agli avvenimenti del cosmo, uno spirito in collera per esempio la causa di una catastrofe naturale, uno sciamano nemico il responsabile di una malattia, attraverso doni e offerte d'oro, di smeraldi, di coca, di uccelli e anche di vite umane  si tentano di placare gli spiriti avversi o di ingraziarsi quegli favorevoli  per un abbondante raccolto, una ricca battuta di caccia, una buona salute. Di fronte a tutto questo ben di dio Arpagone potrebbe impazzire e non gli basterebbero né il baule nascosto in giardino, né cassette di sicurezza in banca né casseforti. Questi nascondigli da queste parti del mondo non servivano, le offerte sono per la natura, per l'acqua, per la terra, per la selva, per il mondo che ci accoglie e di cui facciamo parte. E se nelle antiche società amerindie la morte non ha valenza negativa, solo un'altra faccia della vita, una trasformazione e/o una futura rinascita, ecco che i Muiscas della Cordigliera orientale mummificano i loro cacicchi e li seppelliscono con tutti gli oggetti simbolo del loro ruolo. Altre etnie coprono di maschere d'oro e di ornamenti i loro capi per perpetuarne il potere e renderne immortale il volto. Ancora oggi certe comunità indigene rappresentano su sculture di legno gli spiriti che accompagnano lo sciamano o le malattie di cui soffrono. Terminata la cerimonia le figure, perso il loro carattere simbolico, verranno distrutte e messe dentro la terra affinché mali o malattie che vi si concentrano non possano attaccare un qualche altro membro del gruppo.



Mi scuso per questo post certamente troppo lungo, per le foto scelte senza precisazioni dei vari gruppi e tradizioni, per concetti sommari che impoveriscono un mondo molto più complesso e articolato di quanto non si pensi, ma il Museo del oro è veramente una fonte inesauribile. Concludo mostrando questo "poporo" fitomorfo per calce del primo periodo preispanico che va dal 500 prima dell'era volgare al 700 post, trovato nel dipartimento di Antioquia nel XIX° secolo. Imita una zucca le cui rotondità evocano un corpo femminile. Costituisce il primo pezzo della favolosa collezione del "Museo del oro" iniziata dal "Banco de la Republica" colombiano nel 1939.

1 commento:

  1. Bentornata a casa e grazie per questo post ricco in tutti i sensi. Sei riuscita a sconfiggere il jet-lag?
    Immagino che ti sia subito precipitata alla conferenza di Baharier. Trova però anche il tempo per un po' di relax :)

    RispondiElimina