domenica 16 febbraio 2014

la sedia delle donne

Devo aver sicuramente già scritto della mia amatissima compagna di liceo Cristiana che abita in quel di Mezzomerico in provincia di Novara, coltivatrice diretta di fiori per professione e "pasionaria" di tutte le cause per vocazione.
 
Stamani ricevo questa sua mail:
http://aquilinoaquilino.blogspot.it/2014/02/cento-donne-mezzomerico.html
Anche noi,come in tutto il mondo! Venuta bene! E poi ghirlande di biglietti di riflessioni sotto l'androne del comune.  Baci baci. Cris

 Sono andata a leggere e dentro c'era questo testo del suo amico Aquilino; mi è sembrato bellissimo!

"Che ci fanno più di cento donne per le strade di Mezzomerico, un paese di 1200 abitanti? Tutte vestite di nero con un una squillante nota rossa? Perché portano una sedia? Dove vanno? Vanno in piazza a fare “One Billion Rising – Fermati a pensare, fermati a ballare”.

La sedia è quella sulla quale per migliaia di anni le donne si sono sedute in attesa degli uomini di casa, la cui vita era fuori. La sedia per pulire le verdure, rammendare, allattare il neonato. La sedia per invecchiare. La sedia per mangiare in un angolo, quasi di nascosto. Ma anche la sedia per scambiare chiacchiere con le vicine sulle soglie o nel cortile. Ma non è pesante da portare? Certo, ma le donne sono forti. Sono forti da migliaia di anni. Ecco, raggiungono la piazza del municipio. Si siedono. Fanno un cerchio largo, così possono guardarsi in faccia. Donne che guardano donne. Che cosa avranno da dirsi? Si dicono il silenzio. C’è dentro tutto. Una musica ipnotica le trasporta in altri luoghi, in altre epoche, in altri scenari… eppure ovunque si vada e in qualunque tempo della storia ecco che questo silenzio ipnotico racconta le stesse cose: stuprata ammazzata picchiata schernita insultata rifiutata umiliata cacciata. Non sono belle cose. Quando una voce di uomo rompe il silenzio, vuole esprimere una partecipazione: fermati a guardare il dolore delle donne la paura e l’umiliazione la solitudine fermati e ascolta la solitudine il dolore delle donne la paura e l’umiliazione fermati a pensare alla paura e all’umiliazione alla solitudine al dolore delle donne fermati a pensare.

Le donne si alzano, lasciano la sedia vuota: via, via, bisogna muoversi, cambiare; ma sulla sedia rimane un fazzoletto rosso, una ferita. Ci si scambia il posto, io occupo la tua sedia e tu la mia, siamo donne, possiamo farlo, abbiamo una storia comune. Di nuovo sedute. Chi si ferma a osservare cento donne sedute in silenzio, nerovestite con una goccia di sangue, percepisce una potenza nascosta che si esprime nella comprensione e nella pietà, nella condivisione e nell’ostinazione a cercare la via della giustizia, e infine nella determinazione a ripetere agli uomini: basta, basta.


E poi esplode “Break the Chain”, ma è un’esplosione tenera e armonica. L’aria del crepuscolo è accarezzata dai movimenti fluidi, cento donne ballano, il ritmo aumenta, ci si passa una sensazione di vita che riaffiora comunque con l’energia di un germoglio o di una fioritura nella palude della prepotenza bruta. Cento donne ballano per dire sì alla vita, sì alla giustizia. Cento donne ballano in tutto il mondo. Su tutto il pianeta milioni di donne ballano per rompere le catene."

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