mercoledì 16 novembre 2011

Shukin e Morosov a Brera

La Pinacoteca di Brera accoglie fino al 5 febbraio 2012  delle opere del Museo Puskin di Mosca, 17 famosissime tele di nomi altrettanto prestigiosi, Cézanne, Monet, Renoir, Pissarro,  Sisley,  Il Doganiere Rousseau, Gauguin, Van Gogh, Matisse, Picasso. Ho già avuto il privilegio di vederle a Mosca, ma non mi sono certo lasciata scappare l'occasione di averle nuovamente davanti agli occhi anche se, quando ho letto la notizia sui giornali, mi ha stupita il numero esiguo, 17, solo 17. Accidenti - mi sono detta- con tutto quel ben di Dio che hanno, è un vero peccato così poche. E invece no, perplessità inopportuna, è andata benissimo così.

Per forza che ai Musei Vaticani, al Louvre, all'Ermitage, a Palazzo Pitti, al Moma, in tutti quei luoghi che debordano di infinite ricchezze artistiche può venire la sindrome di Stendhal, quel malessere di fronte al troppo di bellezza ed abbondanza e poi quando attenzione e sguardo sono così pletoricamente sollecitati, a un certo punto vengono meno, tutto finisce per scorrere distrattamente, si perde la concentrazione dovuta. Con 17 quadri no, questo non succede, puoi sostare tranquillamente davanti all'opera e hai il tempo di godertele tutte, una per una.
Sergej Ivanovich Shukin e Ivan Abramovich Morozov: a certe orecchie questi nomi potranno risultare sconosciuti, ma sono vere punte di diamante del collezionismo mondiale, in pole position accanto ai fratelli Leo e Gertrude Stein, l'intrattabile dottor Barnes, i Rothschild, i von Thyssen, i Phillips, i Getty, i Guggenheim fino al nostro contemporaneo François Pinault, giusto per citare qualche nome mondialmente conosciuto. Merito di questi collezionisti dalle vite spesso eccentriche e straordinarie è di aver funzionato da mediatori culturali, per usare una definizione che adesso va di moda, favorendo nei loro rispettivi paesi la conoscenza e la diffusione di esperienze artistiche dell'altrove, fonte di scambi e sinergie di pensiero.

1913. La galleria di Monet nel palazzo di Sergej Shukin
"Collectionner ce n'est pas acheter dans un petit coin et entasser, c'est également participer à la vie artistique de son temps" ha detto un amatore d'arte. E difatti mentre le raccolte statali dell'epoca erano di stampo profondamente conservatore, Pavel Tretijakov, fondatore dell'omonima leggendaria galleria da lui offerta alla città di Mosca nel 1894, ha funto da apripista per il collezionismo privato russo e per l'incontro con le avanguardie straniere da parte dei giovani artisti moscoviti. I grandi imprenditori riterranno che la creazione di un proprio museo sia un dovere sociale di cui anche la collettività dovrà poter approfittare e non un semplice capriccio da riccone.

La sala di Cézanne nel palazzo di Ivan Morozov
Nel percorso della storia dell'arte gli artisti, quelli forieri di idee e sensibilità nuove, hanno avuto sempre difficoltà nell'essere compresi, riconosciuti  ed apprezzati nel proprio tempo. Nella ville lumière della seconda metà dell'800, per esempio, era "l'art pompier" a dominare la scena delle esposizioni, quell'arte ufficiale, accademica e vuota che riveste per noi oggi solo un interesse storico. Niente di sorprendente in fondo, che nello spirito del tempo  un  quadro come "Le déjeuner sur l'herbe" di Manet, non divinità, non una figura mitologica ma una donna qualunque nuda su un prato in una scena di picnic borghese suscitasse scalpore e fosse presa a pomodorate dal pubblico presente, persino il Louvre, a suo tempo, ha rifiutato un'offerta di opere impressioniste. "Madame Bovary" e "Les fleurs du mal", capolavori assoluti della letteratura mondiale fanno subire ai loro autori un processo per oscenità e siamo nel 1857, non all'età della pietra.

Paul Cézanne: Acquedotto, 1886
  Non è solo questione di soldi ed eccentricità, ci vuole chi sappia rischiare, intuire, vedere lontano, avere la lungimiranza ed il coraggio dell'intuito, precorrere gusti e sensibilità come solo certi galleristi e mercanti d'arte hanno saputo fare, i Vollard, i Durand-Ruel, i Druet, i Bernheim, i Kahnweiler, i nomi più prestigiosi della Parigi di quegli anni, o in seguito un Leo Castelli il più grande gallerista in assoluto dei talenti americani, come solo certi collezionisti hanno osato circondandosi di opere definite da pubblico o da miopi esperti "intollerabili per insolenza" e "insopportabilmente volgari", opere divenute poi, a giusto titolo, occasione di grande orgoglio per gli stati che le possiedono nelle loro collezioni museali. Niente a che vedere con le banche di oggigiorno che sborsando cifre da capogiro comprano come speculazione, decenni dopo, l'opera e l'artista già consacrati dalla storia.

Claude Monet: Ninfee bianche, 1899
     Tutti amanti  dell'arte e collezionisti i quattro fratelli Shukin, Ivan si stabilisce addirittura a Parigi, entra nella cerchia della bohème artistica, sarà lui a condurre per la prima volta il nostro Sergej, dall'occhio e dal fiuto formidabili, nella galleria di Durand-Ruel. Dapprima "l'innamoramento" per la pittura degli impressionisti, tutto un salone dedicato a Monet.

Paul Gauguin: Aha oe feii? (Come? Sei gelosa?) 1892
 Seguirà poi la serena quiete dell'universo esotico di Gauguin e Sergej Shukin ne aveva bisogno dopo il suicidio del figlio e la perdita della moglie morta per il dolore. Il pittore Leonida Pasternak, padre dello scrittore, racconta che durante una visita al magnate russo questi sposta una tenda e gli mostra i primi Gauguin acquistati dichiarando ridendo: " Voilà ce qu'un fou a peint et qu'un autre fou a acheté!", bella prova di autoironia, ecco cosa ha dipinto un folle ed un altro folle ha acquistato!

Henri Matisse: Pesci rossi, 1911
Infine, tra il 1900 e il 1914, la passione per Matisse e Picasso. Decine  sono le tele che Matisse ha dipinto per l'industriale russo, gli da consigli per lettera, nel 1911 si reca persino a Mosca per aiutarlo nella sistemazione espositiva delle pareti. Anche per il collezionista conoscere ed apprezzare la nuova arte è un percorso lungo e tortuoso. Quando Shukin riceve da Matisse i due pannelli de "La danza e La musica" rimane perplesso, ma gli risponde: " Nel complesso li trovo interessanti e spero che un giorno inizierò ad amarli. Di lei mi fido ciecamente. Il pubblico è contro di lei, ma il futuro le è favorevole".

Pablo Ruiz Picasso: Regina Isabeau, 1909
I due miliardari appassionati d'arte lasciano spesso Mosca per Parigi, in giro per mostre, gallerie, esposizioni,  assidue frequentazioni con galleristi e mercanti, rapporti personali e ravvicinati con gli artisti nei loro atelier. E' Matisse ad introdurre Shukin al Bateau Lavoir dove lavora e fa duramente la fame Picasso, Shukin a sua volta vi porterà l'amico Morosov. D'accordo che Picasso ha vissuto più di novant'anni ed ha creato una produzione sterminata, ma Shukin compra ben 51 suoi quadri e dei periodi migliori. Fra nudi inverecondi, choc cromatici, scomposte immagini cubiste a volte non sa nemmeno lui dove poter piazzare le opere nella sua casa, ma bulicamente acquista ed acquista, nel giro di poco più di un anno metterà insieme la più grande collezione di Picasso al mondo. Eppure, benché sconcertato davanti  a "Les Demoiselles d'Avignon", "Probablement c'est lui qui a raison, pas moi!" -  pare abbia detto- finisce per portarsi in patria un "Buste de femme nue" facente parte degli studi della versione finale della celeberrima composizione.

Vincent va Gogh: La ronda dei carcerati, 1890
  Shukin e Morosov hanno in comune la ricchezza costruita sugli stabilimenti tessili e la passione per l'arte, ma sono molto diversi per temperamento e modi di procedere. Il primo è estroverso, dinamico, istintivo, compra spesso più tele in una sola volta assecondando i suoi colpi di fulmine, è coinvolto nella vita artistica ed intellettuale moscovita con grandi balli e serate ambite nel suo palazzo Troubetzkoi, ama discutere, mostra volentieri le sue collezioni aprendo al pubblico la sua casa un giorno alla settimana. Certo, non per l'uomo della strada, saranno relazioni, gli amici, gli amici degli amici, ma anche e soprattutto i giovani artisti russi che grazie a lui avranno un accesso diretto e privilegiato alla pittura moderna occidentale.

Pierre-Auguste Renoir: Au jardin du Moulin de la Galette, 1919
Il secondo, al contrario, è riservato e di indole pacata, soprattutto agli inizi si fa consigliare nei suoi acquisti, ci mette delle settimane prima di decidersi, le sue scelte sono molto ponderate, tiene una fitta corrispondenza con mercanti e artisti. Inizia la sua collezione con paesaggi impressionisti di carattere intimista, apprezza Renoir e non si fa mancare quello straordinario "Au jardin du Moulin de la Galette". Per i decori della sua casa "osa" di meno, si affida all'universo pittorico silente ed armonioso, privo di conflittualità dei Nabis, Maurice Denis e Bonnard in particolare, ma anche Felix Vallotton e Vuillard. Amerà il fauvismo con i suoi Vlaminck, tanti paesaggi di Manguin, Valtat e Derain, ma anche lui si lancia nei più rivoluzionari  Van Gogh, Matisse e Picasso.

Henri Rousseau: Veduta del ponte di Sèvres, 1908
Allo scoppio della Rivoluzione del 1917, i nuovi capi della nuova Russia riconosceranno pienamente il valore inestimabile di queste collezioni e sarà Lenin stesso a sottoscrivere per la salvaguardia della Galleria Shukin un decreto speciale che in qualche modo ufficializza storicamente l'importanza dell'arte moderna. E poiché secondo i nuovi principi della rivoluzione l'arte deve essere al servizio del popolo, nel 1918 le collezioni Shukin e Morosov verranno nazionalizzate, un eufemismo per non dire espropriate. Invece della Medaglia d'oro all'ordine di Lenin, la più alta onorificenza civile di tutta la storia della grande madre russa per alti servigi culturali resi alla patria, i due "capitalisti" saranno costretti a partire in esilio, Morosov in Cecoslovacchia dove muore 3 anni dopo, Shukin si spegnerà a Parigi nel 1936. Ormai pacificamente sottoterra dovranno aspettare entrambi gli anni 70 per vedere iniziare, sotto l'egida del Museo Puskin, quel processo di riabilitazione del loro prezioso apporto culturale alla Russia.

André Derain: La città vecchia di Cagnes, 1910
Ernst Beyeler, mercante, gallerista, collezionista dalla prestigiosa omonima Fondazione a Basilea, alla domanda" Quali sono per lei i criteri di selezione di un quadro, cosa gli conferisce forza?" ha risposto: " Per prima cosa devo esserne conquistato. Questo passa necessariamente attraverso lo sguardo, lo spirito e tutto il corpo. Mi sono sempre fidato di una sorta di istinto che con il tempo si è affinato, a forza di guardare e scrutare le tele: l'armonia, i giochi di colori...Lascio i commenti ai docenti universitari e agli storici dell'arte.Non ho modelli preconcetti....L'opera produce un'eco dentro di te e tu sei in grado di proiettarti in essa..."

All'uscita dall'esposizione e giusto per restare in tema,
si deve obbligatoriamente passare per la straordinaria donazione di Emilio e Maria Jesi, altri illuminati e generosi collezionisti. E' l'occasione per rivedere opere, alcune bellissime, dei maggiori artisti del novecento italiano, quali Modigliani, Boccioni, Carrà, De Pisis, Severini, Morandi, Campigli, Marino Marini.






-Pierre Cabanne: Les grands collectionneurs. Tome II les Editions de l'Amateur
-Collezionismo russo tra Renoir e Matisse. Edizioni Skira
-Pierre Assouline: L'homme de l'art. D-H Kanhnweiler. Editions Folio
-Ernst Beyeler: La passione per l'arte. Conversazioni con Cristophe Mory. Edizioni Skira

  

3 commenti:

  1. 17 opere da ammirare senza soffrire della sindrome di Stendhal e 20 minuti scarsi per farlo fanno.. un minutino abbondante tra contemplazione e lettura della didascalia (sempre che la salettina non sia piena) ed eventuale commentino. Poi l'addetto ti invita ad uscire per lasciare spazio al gruppo dei successivi 20 minuti. Ovviamente una volta terminato il tempo a disposizione non è più possibile rientrare :-) Ma vabbè, almeno a questa esposizione c'era anche la traduzione in inglese!
    Un abbraccio Sara!

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  2. Milo, devi essere andato all'ora sbagliata, all'ora di pranzo io questo speedy gonzales non l'ho avuto, ma tempo a volontà

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  3. all'ora di pranzo mangio! ahah
    Si, in effetti era domenica :-(

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