mercoledì 9 novembre 2011

Gavirate: casa d'artista

- allora Sara, sabato appuntamento alle 10,15 alla Stazione Nord, si va in treno a Gavirate, invito a pranzo da Isabella Bai.
-Ma è brutto, umido, diluvia, cosa caspita ci andiamo a fare a Gavirate?
-Ci sono un sacco di cose da vedere, il lago di Varese, l'isola Virginia, la cinquecentesca Villa della Porta Bozzolo, dei castelli intorno e poi la sua casa è stupenda, dai...  fidati!

Eccole qui le amiche, guai senza......Dell'allettante programma turistico, nada de nada, e anche di Gavirate abbiamo visto pochissimo, giusto un viale autunnale, un antico lavatoio dipinto, dei vecchi edifici del borgo lungo il brevissimo tragitto dalla stazione alla casa di Isa, tutta ricoperta di vite vergine dal rosso brunito autunnale, passi bagnati sotto una pioggia battente che non è mai cessata.
Ho fatto bene a fidarmi, è stata una bellissima giornata e questa casa ereditata dai nonni  che chissà quale storia e quanti anni ha è proprio come una caverna di Alì Babà piena di sorprese. Mi è sembrato di entrare in una Wunderkammer, la Camera delle Meraviglie dice il tedesco, in qualche modo l'antenato dei  moderni musei, quei particolari ambienti in cui dal XVI° al XVIII° secolo mecenati e collezionisti erano soliti conservare raccolte di oggetti straordinari per proprio diletto e per stupire gli ospiti. 

Tanto per cominciare colpisce subito il labile confine fra  realtà e fantasia, l'artificio che gioca con il vero, viene subito da domandarsi, e qui sta il bello, -ma quel che vedo è forse finto? Quella finestra aperta e quegli stipiti ci sono per davvero o sono dipinti? E la bianca luna è una luna o solo il riflesso della lampada accesa? E nella parete in giardino in quale istante spaziale le piante reali si prolungano e si esauriscono nella semplice rappresentazione? Le imponenti colonne sono solo un sogno. Vuoi toccare la tappezzeria materica di certe pareti e ti accorgi che non c'è, troverai solo colore, le tende dai morbidi drappeggi sono fatte di tessuto che non ha spessore.
Non sorprende che Isabella abbia iniziato la sua attività artistica come "muralista" decorando residenze private ed edifici pubblici. Quanti trompe- l'oeil in giro per le sue stanze! Quella tecnica pittorica maestra dell'illusione che il barocco ha consacrato, ma di cui il Mantegna ed il Bramante e ancora prima l'antica Grecia e Roma facevano largamente uso.  Si deve essere proprio divertita la padrona di casa quando dopo aver girato il mondo, la giovinezza a Roma, il completamento della formazione artistica alla Nuova Accademia di Belle Arti a Milano sotto la guida di Luigi Veronesi, Emilio Tadini e Walter Valentini, i lunghi soggiorni in America e in  Australia a contatto con la sua natura rigogliosa ed incontaminata, ha deciso di tornare infine a vivere e lavorare qui, a Gavirate, nella vecchia casa dei nonni che ha firmato con le sue fantasie, riempito dei suoi fantasmi.

Nell'ordinatissimo atelier ben allineati tutti gli arnesi del mestiere per il divertimento, si, scrivo così per suprema invidia, perché gli artisti anche nelle difficoltà che non mancano mai per nessuno, mi sembrano avere  il privilegio supremo di far coincidere lavoro e passione, passione e vita. Sul cavalletto una tela bianca che aspetta di essere riempita, colori, fogli, acquarelli, pennelli, spatole, gomme, tavolozze, vernici, matite colorate.
Data l'omonimia del nome di famiglia, chiedo a Isabella se è per caso parente di quel Enrico, maestro ineguagliato di Patafisica Milanese. No, ne condivide solo il cognome anche se lei si è arbitrariamente mutuata la j lunga con una i semplice, però lo ha conosciuto e guarda caso c'è un'irriverente mademoiselle con due bottoni di diverso colore a mo' di sbilenchi capezzoli che fa capolino sopra il camino ( in suo onore mi è venuta persino la rima). 

In questa casa d'artista, è proprio il caso di dirlo, ogni angolo è una sorpresa, persino il mini bagno, troppo esiguo per gli obesi, è beige e verde e blu con tanto di vetro smerigliato art déco sullo sfondo e se mi sono  permessa di fotografare persino il water è perché ho degli illustrissimi precedenti, Marcel Duchamp docet.

 Ecco poi in cucina uno skyline di New York negli occhi dell'artista, un'opera degli anni '80. I colori mutevoli delle quattro stagioni che illuminano di luci diverse quelle svettanti  torri gemelle drammaticamente scomparse dal cielo americano.
Sedute intorno alla tavola aspettavamo rumorosamente impazienti l'ultima sorpresa della padrona di casa, questione di verificare la sua tenuta artistica in cucina, anche schizzi e pennellate di pomodoro e besciamella hanno una loro dignità, giustamente si ritiene che anche la cucina sia un'arte.....
Nessun trucco e nessun inganno, vere e squisite lasagne al ragù, vere e squisite polpettine sopra, niente a che vedere con i modelli di plastica cinesi o giapponesi, ma in odore di trompe-l'oeil  il pericolo era reale. Isa grazie, se ci inviti ancora, ti prometto che a primavera ritorniamo, davvero!
   




2 commenti:

  1. Brava Sara, davvero piacevole e originale questo post, sempre con delle belle foto, mi è piaciuto molto. Domanda "tecnica": ma ci lavori sulla scrittura, come i grandi scrittori!, o scrivi di getto?
    Comunque complimenti (e il termine non è formale nè riduttivo...ma affettivo)
    gabri

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  2. la sola domanda già mi gratifica...ma trattasi solo di modestissima blogger; comunque ci lavoro sulla scrittura, eccome, il "getto" iniziale va sempre domato, senza frusta s'intende, solo la tastiera del computer.
    comunque grazie, Gabriella.

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