lunedì 15 ottobre 2018

il trasloco: dostadning per davvero

Nelle mie riflessioni di fine 2017 ragionavo fra il serio e il faceto di dostadning e concludevo egoisticamente mollando l'osso a figli e nipoti, che se la sbrogliassero loro fra rigattieri e falò a sbarazzarsi di tutte le mie cianfrusaglie post mortem meam, il più tardi possibile s'intende. (http://www.saranathan.it/2017/12/per-un-2018-minimalista.html). 
Non sta andando così, non per scelta, ravvedimento ideologico o un sussulto d'iperattività, ma per le cosiddette circostanze della vita, ovvero e banalmente "il trasloco". Chi l'avrebbe detto che avrei dovuto separarmi dal mio buen retiro sulle colline nizzarde dove ho accumulato trent'anni di vita, di ricordi e carabattole? Non solo le mie a dire il vero, la casa era grande, il posto c'era e allora alè, rifugium peccatorum di tutti, con la scusa che  prima o poi ogni cosa avrebbe potuto ancora servire.
Col cavolo, la casa non è mica un hangar o un mausoleo di anticaglie, e adesso che la devo lasciare per un appartamentino in città dove poter fare tutto a piedi e semplificarmi la vita, non so da dove cominciare, difficile congedarsi da tante avventure passate e dalle cose che in svariati modi le rappresentano. 
Già, volenti o nolenti il trasloco è un'occasione terribile e nel contempo formidabile per fare dostadning, ancora di più se da una superficie grande si passa a una ben più piccola, l'ho sempre pensato che lo spazio è un lusso. In teoria traslocare significa trasportare cose da un posto a un altro, ma in pratica risulta che è solo un inventario troppo carico che va alleggerito, il trasloco costringe alla scelta, alla separazione, all'eliminazione. Malgrado gli stereotipi sugli ebrei e la loro abilità commerciale non ho mai venduto un chiodo in vita mia e preferisco regalare a piene mani a figli, nipoti e amici, mobili, quadri, libri, mi fa piacere pensare che nelle loro case rivedrò frammenti della mia, vuol dire che la storia va avanti, in qualche modo è una trasmissione. Ma delle pagelle del mio excursus scolastico- dell'album dei ricordi delle elementari in cui ogni compagno metteva un disegno e un pensierino tipo "ho chiesto a un poeta cosa scrivere per te e lui mi ha risposto non ti scordar di me"-della "Perpetua", il giornalino liceale che conservavo gelosamente-degli appunti universitari di letteratura francese- di vecchie lettere d'amore e di amicizia che risalgono alla notte dei tempi-di foto, centinaia di foto e certe proprio brutte ma una volta non c'era il digitale e si stampava tutto- di cartoline e ritagli di articoli di giornale.....di tutta sta roba giustamente non gliene frega niente a nessuno. Cosa ne faccio? Ho passato due giorni interi a riguardare, rileggere, ridere e piangere e poi la grande decisione: nella pattumiera no, in promiscua compagnia in mezzo ai rifiuti di altri sconosciuti, no, il falò me lo sono fatto da sola in giardino e tutto è restato in famiglia. Sono contenta che siano andati in fumo i quaderni con le poesie della mia adolescenza turbolenta, mi è venuta la pelle d'oca a rileggerle, facevano schifo esaltate com'erano e pensare che all'epoca quei versi mi erano sembrati dei capolavori; mi sono tenuta invece una bella lettera di mio fratello, mi chiamava "peter sister", non ricordavo proprio che mi avesse mai scritto. Resta il problema non indifferente delle vecchie enciclopedie, eredità di famiglia, perfette per riempire i ripiani vuoti della libreria, ma oggi totalmente inutili, basta qualche clic sulla tastiera di un computer e poi non sono neanche in francese.
Insomma voglio dire che alla faccia della saggezza, fare dostadning è una gran faticaccia, in senso proprio per via degli scatoloni da riempire, in senso figurato per via di tanti addii.

Come invidio quel gabbiano che ho fotografato....bello leggero "si trasloca" dove gli pare.    









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