sabato 26 novembre 2016

Haifa non brucia più

"I don't have another country even if my land is burning......" Non ho un altro paese anche se la mia terra brucia....." iniziava con questa parole una canzone di grande successo negli anni '90 in Israele e in questi giorni è ridiventata quanto mai attuale, tutti se la ricordano e la citano.  A scopo precauzionale  70.000 persone nei giorni scorsi sono state evacuate dalle loro dimore, 1616 non hanno potuto rientrare, 527 le case totalmente inagibili e questi dati si riferiscono solo a Haifa, ma il fuoco ha lambito anche i dintorni di Gerusalemme, il villaggio di Zikron, Carmiel in Galilea, Daliat, un villaggio druso anche lui sul monte Carmelo. Complessivamente nel paese si è parlato di più di 500 focolai d'incendio, certamente dolosi. 
Con l'allerta generale e una buona organizzazione, perché il Monte Carmelo il problema degli incendi lo conosce da sempre, l'aiuto di canadair locali e di altri stati, tutti i fuochi sono stati spenti, nessuna vittima e Haifa non brucia più. La città è tutto un agglomerato di case e di alberi, di costruzioni e boschi fianco a fianco, sono più di cent'anni che gli israeliani piantano alberi e verde per trasformare questa terra ostica e brulla, bastano drammaticamente pochi gesti e qualche istante di follia per distruggere tutto e curiosamente nessun villaggio arabo israeliano è stato toccato dal fuoco, nei loro villaggi non avviene mai nessuna calamità. I media stasera hanno comunicato di tenere in stato di fermo  23 persone fra arabi israeliani e palestinesi dei territori. 
C'è stata l'intifada dei sassi, quella dei coltelli, adesso sembrerebbe arrivato il turno della "Eshtifada", l'intifada del fuoco (esh=fuoco in ebraico) eppure questa è anche la loro terra e potrebbe essere bella per tutti; qui ci lavorano, ci vivono, per niente al mondo rinuncerebbero alla loro cittadinanza israeliana che garantisce loro diritti che non avrebbero mai in nessuno degli altri paesi del circondario.  Invece fan festa, Israele brucia e c'è chi fa festa, basta leggere i commenti, guardare i siti.
Sono fatalista e non superstiziosa, ma quando mi hanno annullato il volo diretto Milano -Tel Aviv all'ultimo momento per due giorni di seguito e che mi è toccato un viaggio avventuroso passando per Roma e una levataccia alle 4 del mattino, ho pensato che magari era un avvertimento del cielo. Un colpo di culo, altro che storie, se fossi arrivata come da programma due giorni prima mi sarei trovata in mezzo alle fiamme, non avrei potuto dormire a casa di mio cugino Eldad che con la famiglia aveva trovato ospitalità per la notte altrove. Giunta invece solo ieri sera, oggi abbiamo passato la mattinata andando in giro per la città a vedere i danni e i quartieri più sinistrati e come noi hanno fatto gli abitanti di Haifa; la città sembrava vuota, tutti si concentravano dov'era passato il fuoco. 
Nel pomeriggio abbiamo continuato per En Hod, un villaggio di artisti di cui ho già scritto in passato (http://www.saranathan.it/search?q=En+Hod). Ho guardato un gregge di capre, un cavallino fra gli alberi, qualche scultura qua e là, ma ero svogliata; la mia attenzione si è concentrata sulle manichette antincendio già pronte srotolate in vista dappertutto.


giovedì 24 novembre 2016

Walden Pond e Lincoln: dalle parti di Thoreau e Gropius

Non so come la pensino in proposito i giovani di oggi, ma è certo che per quelli della mia generazione lo scrittore Thoreau e le sue idee hanno rappresentato un mito. " Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontare solo l'essenziale della vita e vedere se potevo imparare ciò che essa aveva da insegnare e non dover scoprire, in punto di morte, di non aver mai vissuto". Così scriveva Henry David Thoreau nel suo memorabile "Walden, ovvero Vita nei boschi", pubblicato per la prima volta nel 1854 e poi sempre tradotto con grande successo in tutte le lingue del mondo.  In questo libro Thoreau racconta autobiograficamente di quei due anni passati in una minuscola casetta, costruitasi da solo, sul lago a Walden Pond dopo aver lasciato le comodità cittadine di Concord,  sua città natale. (http://www.cittadellaspezia.com/Verba-Manent/La-recensione-Walden-Ovvero-vita-nei-44723.aspx)
     
In quel libro c'erano tutte le idee che infiammano il cuore di un giovane sognatore, il desiderio di autonomia, il contatto diretto con la natura lontano dagli stress della città, la sete di integrità, la ribellione nei confronti di una società consumistica e mercantile, la voglia di sperimentare e la ricerca introspettiva per rispondere ai grandi quesiti esistenziali. La vera capanna di legno sulla sponda del lago non c'è più, ma a poca distanza, in mezzo al bosco, ne hanno costruita una perfettamente identica grazie alle accurate descrizioni delle pagine del libro e il lago, di origine glaciale, è un preservatissimo parco naturale.

 Non abbiamo fatto in tempo a visitare a Concord il museo che conserva gli oggetti appartenuti a Thoreau fra cui lo scrittoio usato a Walden Pond e neanche la fattoria della nonna dove lui ha vissuto, ma questoa casa rurale lo ha sicuramente influenzato offrendogli materia di ispirazione per tutta la vita. Non siamo neanche stati nella vicina cittadina di Lowell e mi è dispiaciuto perché a Lowell è nato un altro mito e certo non solo mio, anche dei giovani di tutte le generazioni, credo, ovvero quel Jack Kerouac che ci ha regalato sogni di avventura, libertà e in fondo un romanzo di formazione col suo "On the Road": "Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare...". Amo i cimiteri e ci sarei andata volentieri sulla sua tomba al locale Edson Cemetery, a quanto pare meta di pellegrinaggio per nostalgici come la sottoscritta.

Sempre nella stessa area geografica, nei dintorni di Lincoln come il parco di sculture DeCordova e poco prima di giungere al Walden Pond, capitiamo fortunatamente per caso senza la fatica di doverla cercare, alla casa di Walter Gropius, il fondatore del Bauhaus. Con gli amici dell'associazione http://eileengray-etoiledemer-lecorbusier.org/ di cui Magda è diventata presidente da quando il nostro Robert se n'è andato, avevamo fatto tutto un giro molto interessante in Germania fra Weimar-Dessau e Berlino cercando segni e radici di questo movimento così fondante per l'architettura moderna (http://www.saranathan.it/2010/06/il-parco-di-woerlitz-e-dessau.html)
Con l'escalation del movimento nazista e la sua instaurazione nel '33, spirava una brutta aria in Germania e tempi molto difficili per un movimento rivoluzionario come il Bauhaus e per il fondatore nonché primo direttore della sua scuola, Walter Gropius. La scuola del Bauhaus fu costretta a chiudere i battenti, peraltro Gropius ne aveva già lasciato la direzione nel '28 e nel 1937, dopo quasi tre anni passati a Londra, con la moglie Ise Frank Gropius arriva in America su invito dell'Università di Harvard che gli offre  la cattedra di architettura. alla facoltà di design.(Molti architetti del Bauhaus lasceranno la Germania, chi in direzione degli Stati Uniti e chi in direzione del futuro Israele, non a caso negli edifici di Tel Aviv il Bauhaus impera). Con la sua semplicità, con il  rispetto e l'integrazione della casa nell'habitat paesaggistico circostante, con gli ampi spazi dedicati alle finestre per lasciar entrare la luce naturale, con il continuo scambio fra interni ed esterni, la casa risulta altamente rappresentativa dei principi portanti del grande architetto modernista. Come la Phillips House a Salem, anche la Gropius House fa parte della HistoricNewEngland.org

PS: Non me l'aspettavo di scrivere oggi, secondo i programmi, a quest'ora avrei già dovuto essere a Tel Aviv come ogni anno di questa stagione, ma il volo di oggi è stato annullato causa sciopero dei piloti. Se da domani e per un po' non pubblico niente, vuol dire che ce l'ho fatta a partire e che le stelle mi sono state nuovamente favorevoli.


mercoledì 23 novembre 2016

DeCordova Sculture Park: magiche sinergie

Nei pressi di Lincoln nel Massachusetts (uno dei 5 Stati che con Connecticut, Rhode Island,  Maine e Vermont costituiscono la Nuova Inghilterra) si trova il deCordova Sculture Park, 14 ettari di verdi colline che fanno da spettacolare  cornice naturale alla mostra d'arte en plein air, una media di 75 sculture che cambiano a rotazione immerse fra alberi e prati . C'è anche un modernissimo museo dove si tengono mostre di arte contemporanea che spaziano fra scultura, pittura, fotografia, arti visive e sperimentazioni artistiche. E' bello tutto, anche l'architettura del casello d'ingresso, ma il posto straordinario è il parco e mi ha fatto  piacere leggere che il National Geographic lo inserisce fra i dieci parchi di sculture più belli al mondo, vuol dire che non sono matta del tutto ad entusiasmarmi per un nonnulla come pensano certi amici prendendomi in giro.
Alcune sculture emozionano, altre francamente lasciano perplessi, certe opere piacciono ed altre no, ma non è questo il punto, quello che è straordinario è il contesto generale, la magica sinergia fra le bellezze naturali del luogo e quelle artificiali della mano dell'uomo e se il sole accompagna la visita...bingo!!! Poche parole dunque, sarebbero pleonastiche, vorrei solo dire brevemente di Julian de Cordova, il mecenate e l'artefice di questo posto. Nasce a New York da madre inglese e padre giamaicano di origini ebraiche sefardite; autodidatta, fa fortuna come commerciante di tè e diventa poi manager di successo quale Presidente della Union Glass Company a Sommerville nel Massachusetts. Questa di Lincoln, divenuta per suo desiderio museo e luogo d'arte aperti al pubblico, era la sua casa di campagna.  
Jim Dine: "Two big black hearts" bronzo 1985
da sinistra: Jaume Plensa "Humming" 2011 marmo - Paul Matisse " The Musical Fence" 1980 alluminio 
John Wilson: " Eternal Presence" 1987  maquette di bronzo
Nam June Paik: "Requiem to the 20th Century" 1997 - Sol LeWitt: "Tower (DC) 1989/2009
Joseph Wheelwright: "Listening Stone" 1995  granito
Christofer Frost: "A Mile from Any Neighbor from Walden" 1999 bronzo - Marianna Pineda: "Eve Celebrant" 1991 bronzo
DeWitt Godfrey: " Lincoln" 2012  -  Flechter Benton: " Donut with 3 Balls" 2002
Jonathan Gitelson: "Are you here? 2016 - Ursula von Rydingsvard:" Elegantka" 2010-14 resina
Stephanie Cardon: "Beacon" 2015
PS: Il New England non centra niente, questa è semplicemente una foglia che l'amico Walter ha fotografato a Roma nei giardini di Villa Borghese pochi giorni fa. Chi lo sa, magari in bronzo, nel parco di sculture DeCordova trovo che ci sarebbe stata benissimo.