domenica 12 luglio 2015

la valle d'Itria e le sue meraviglie (3)


Con una lapide posta all'ingresso dell'imponente porta barocca chiamata Arco di Sant'Antonio che introduce nella parte storica più antica e proprio accanto al seicentesco Palazzo Ducale, Martina Franca ricorda e aulicamente ringrazia Filippo d'Angiò che "volle e seppe popolare le aspre e boscose balze della Murgia". Francamente un po' in ritardo, bazzecole di qualche secolo, ci sentiamo in dovere di ringraziarlo anche noi perché la cittadina è imperdibile, un autentico gioiello d'oro a 24 carati. Per la verità Martina Franca è stata fondata nel X secolo da profughi sfuggiti da Taranto invasa dai soliti bellicosissimi saraceni, "mamma li turchi" non è solo un'invenzione linguistica, ma è a Filippo d'Angiò, principe di Taranto, che si deve trecento anni più tardi la prosperità della città grazie all'esenzione da lui decretata di tasse e imposte; "Franca" poiché libera appunto da franchige e balzelli.
Per caso siamo capitati nel giorno del grande mercato mensile e un intero quartiere brulica di bancarelle colorate, mercanzie di ogni genere e donne vocianti, ma rinunciamo all'allegria di questo grande teatro della strada per  la scoperta del cuore più antico, il nucleo storico di Martina Franca. Si attraversano i giardini pubblici a fianco di piazza XX Settembre, un lungo viale alberato con il selciato che sembra lustrato a cera come nei pavé dell'Andalusia, il teatro cittadino G. Verdi e l'Arco di Sant'Antonio che segna l'ingresso delle meraviglie cittadine.
Esordio alla grande con la visita del Palazzo Ducale, voluto dalla famiglia Caracciolo, feudatari per tre secoli di Martina Franca. L'edificio sorto sul sito del precedente castello Orsini è incompleto perché progettato all'origine per avere 300 stanze, ma rimane comunque imponentissimo, dal di fuori come all'interno. E' sede di istituzioni comunali, che fortunato il sindaco di turno! ma godiamo dei fasti restaurati degli appartamenti reali affrescati da Domenico Carella.
Percorrendo poi Corso Vittorio Emanuele fino a Piazza Plebiscito sarà tutto un susseguirsi di palazzi nobiliari barocchi uno più bello dell'altro e fantastici scorci, davvero davvero non si sa dove iniziare a volgere lo sguardo. Nella Basilica di San Martino entra raggiante una sposa con una dolcissima damigella d'onore e poi gli invitati chic ce li ritroveremo al nostro stesso bar per un caffè doc, buono come solo al sud lo sanno fare. 
A giusto titolo chiamata "il salotto di Martina Franca" la piazza Maria Immacolata con tutti i suoi portici ombreggiati ideali per incontri e ciacole. Mamma che bella! A Lecce, che visiteremo in seguito, mi sarebbe probabilmente venuta la sindrome di Stendhal se non mi fosse già successo a Martina Franca e non esageriamo, impazzire due volte di seguito francamente è troppo.
Suggestivo anche il quartiere Lama che si sviluppa sul tracciato delle antiche mura difensive smantellate a fine 'ottocento. Strutture  abitative del tardo medioevo quelle casupole dal tetto spiovente con una sola finestra superiore e una canna fumaria presenti anche nelle realtà rurali di campagne e masserie. Il termine "lama" indica la parte più bassa di un terreno e difatti a Martina Franca questo quartiere era il punto più basso del centro storico e un tempo ci vivevano i meno abbienti in condizioni malsane perché durante le piogge tutta l'acqua affluiva qui trasformando piazze e vicoli in un pantano.

Ho iniziato questo post con la magnificenza delle sale del Palazzo Ducale e degli edifici nobiliari e lo termino con il proletario quartiere della Lama. Vabbè, impossibile essere tutti duchi, conti e principi, però la Lama si è riscattata alla grande trasformandosi da zona critica e degradata del lontano passato in un affascinante vivace quartiere e, nei mesi estivi,  cuore della movida culturale cittadina, un'originale quinta teatrale per spettacoli e intrattenimenti. Meravigliosa Martina Franca!!! Scarpinare per ore sotto il sole e nelle bellezze però stanca e a fine passeggiata consiglio vivamente di sedersi un po' a riposare, non su una banale panchina di legno s'intende, ma rigorosamente in ferro battuto.


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