lunedì 7 gennaio 2013

Lambaréné e il dottor Schweitzer


Approfittando delle vacanze scolastiche natalizie con Francesco e Alex ce ne andiamo per due settimane in giro zaino in spalla per una parte del Gabon che i ragazzi non hanno ancora visitato, il centro-sud- est del paese. Protagonista del nostro itinerario è il grande fiume Ogooué che nasce nella parte congolese dell'Altipiano di Batéké e attraversa, non sempre navigabile, per 1200 chilometri il Gabon sfociando a Port Gentil, seconda città per importanza. Il corso dell'Ogooué ci farà visitare le sue regioni e le città che bagna: il Moyen-Ogooué con Lambaréné e Ndjolé, l'Ogooué-Lolo con Lastoursville e Koulamoutou (la sola città che non abbiamo visitato perché la strada per arrivarci era troppo impraticabile), l'Alto-Ogooué con il favoloso altopiano di Batéké e Franceville, l'Ogooué-Ivindo per finire, la regione più vasta e meno abitata con il parco nazionale della Lopé, l'unica area naturale, fra i vari parchi del paese, ad essere stata dichiarata patrimonio mondiale dall'Unesco nel 2002.

La prima destinazione è Lambaréné , a 237 chilometri dalla capitale. Ci siamo arrivati in 4 ore di taxibus, a parte i mezzi privati e la tratta percorribile in treno, l'unico sistema per muoversi ovunque nel paese, anche nelle città. Taxibus per 10 persone ammassate all'inverosimile o taxi: il taxi, sgangherato al punto giusto si ferma, gli dici dove vuoi andare e che cifra sei disposto a pagare, se è anche la sua direzione, se c'è posto, 1 o 2 persone davanti, 3-4 di dietro (è una tragedia quando salgono le grandi stazze) e se il prezzo viene considerato corretto, sali.

Per le corse fuori città partono da un luogo preciso sede spesso di mercato; gli orari sono assolutamente aleatori, un'indicazione di massima, a volte ti tocca aspettare ore sotto il sole e con un caldo-umido bestiale fino a che il mezzo si riempie, ma è un'occasione preziosa per comprendere che la nozione del tempo da queste parti risponde a coordinate totalmente diverse. Noi nell'attesa ci siamo fatti un bel panino, la signora al banchetto era gentilissima e ha accettato di buon grado di farsi fotografare.

Una lunga strada, a volta ben asfaltata a volte meno in mezzo alla foresta che domina sempre incontrastata, inizio a scoprire l'Amazzonia africana; talvolta si intravedono coltivazioni di manioca, di kapo', di noci di palma, casupole di legno e di latta e la gente, particolarmente donne e bambini, che cammina. Quanto camminano da queste parti, dei veri globetrotter e per forza, né biciclette o motorini, ma solo le vecchie solide gambe. Quando fendendo la fitta vegetazione sono state fatte le arterie stradali la gente ha lasciato case e villaggi in mezzo alla giungla ed è venuta a stare lungo il ciglio della strada dove comunicazioni e approvvigionamenti sono più facili.




 A un certo punto, e la cosa mi ha fatto una certa impressione, si incontra quella linea virtuale che è l'equatore e si cambia emisfero.

Prima che gli europei scoprissero questa regione, le Moyen-Ogooué, l'Ogooué centrale, qui abitavano popolazioni pigmee e varie altre etnie e vi si poteva accedere solo per via fluviale. E' il re Nkombé, chiamato il re Sole, che nel 1866 apre le porte ai primi europei nel suo villaggio di Adolinanongo, proprio dove ora si trova il villaggio-ospedale Albert Schweitzer e la relativa, tuttora attivissima fondazione che porta il suo nome.




 Lambaréné é il sito più conosciuto e visitato del Gabon, importante in realtà già prima dell'arrivo del dottore perché crocevia di scambi sul fiume e sui laghi circostanti, drammaticamente teatro di numerosi scontri etnici per averne il controllo e anche sede strategica all'epoca per la tratta degli schiavi, un ricco, terribile serbatoio umano fornito dalle etnie della zona. Con la morte di Nkombo, il suo villaggio cade in disuso fino all'arrivo di Schweitzer e dell'ospedale che vi costruirà.


 Il famoso dottore non ha bisogno di presentazioni: premio Nobel per la pace nel 1952, figlio di un pastore protestante, cugino da parte di madre di Jean Paul Sartre, nato in Alsazia nel 1875 e divenuto medico più tardi solo dopo un dottorato di filosofia e un altro di filosofia religiosa. Nel 1902 parte per la prima volta per quella che era allora l'Africa Equatoriale Francese, fonda il primo ospedale per 300 lebbrosi (nella foto sopra), altri ne seguiranno e nel 1927 si stabilisce definitivamente a Lambaréné dove muore nel 1965; è seppellito sotto un albero accanto alla moglie Hélène Bresslau.


Nell'ospedale-villaggio tutto parla di lui e del suo operato, dai quartieri storici in disuso con programma di restauro al museo che altro non sono che le stanze in cui viveva e lavorava, dall'ospedale tuttora funzionante, alla Fondazione, a un pellicano forse parente di quel Parsifal curato da Schweitzer e poi divenuto suo grande amico. Nell'ospedale lavorano attualmente 5 medici locali, ovvero due chirurghi, due pediatri e un generalista più volontari e stagisti provenienti dai paesi più disparati.

Dormiamo in due delle dieci stanze affittate per i visitatori, manca l'acqua e ci si lava attingendo a un grande mastello, ma il luogo trasmette grande pace e si gode della vista del fiume; nella grande stanza che funge da refettorio si fa ammirare un calendario creato dai malati e intorno al grande tavolo comune si conversa con i medici e con un giovane studente dallo smaccato accento svizzero tedesco qui per tre mesi e una americana della Carolina del nord; ci raccontano che un vaccino contro la malaria è la punta più avanzata delle attuali ricerche del centro medico.


 Nel pomeriggio una bellissima gita in barca nel fiume Ogooué e nel lago Zilé con Ya Ya e i suoi due bambini. Ya Ya lavora come guida al villaggio Schweitzer e vive come tutti gli altri dipendenti all'interno della struttura; E' molto fiero di questo lavoro che rappresenta una grande sicurezza, fiero di poter mandare i figli a scuola e di poter contare su un pediatra, privilegi che lui non ha certo avuto nella sua difficile infanzia, ma lui ha approfittato anche della grande fertilità di questa terra per coltivarsi un orto e oltre a provvedere ai bisogni della sua famiglia vende l'eccedenza al mercato.

I paesaggi fluviali e lacustri sono ricchi di fascino: "sull'isola degli uccelli" cormorani, aironi e egrette la fanno da padrone, i papiri formano siepi rigogliose, le donne pescano, foglie parassite si avvinghiano intorno agli alberi facendoli morire e le loro sagome sembrano uno spaccato di archeologia della foresta.


 Sull'acqua rimorchiatori trascinano verso Port Gentil e da lì partiranno per il mondo intero legni pregiati che una volta venivano spediti a tronchi interi mentre ora sono tagliati e puliti per dare lavoro alla manodopera locale.


La città di Lambaréné è divisa in tre agglomerati, di cui la parte centrale, Isaac, sull'isola, le altre due sulle sponde del fiume; sotto le volte del grande ponte migliaia di pipistrelli si riposano aspettando la notte, al mercato si vende il pesce e le navi attraccate al porto salperanno cariche di passeggeri e masserizie per Port Gentil, sul fiume anche un ospedale galleggiante.

 Per le strade di Lambaréné quel che resta di vecchie case coloniali e foto del defunto Presidente Omar Bongo (che si chiamava Bernard prima di convertirsi all'islam, guarda caso nello stesso anno dell'ingresso del Gabon nell'OPEC), padre dell'attuale Presidente Alì in compagnia di Papa Wojtyla, di un giovanissimo Fidel Castro e di Mao Zedong. Come sempre in tutte le democrazie che stentano a decollare una pletora di belle parole, slogan e massime etiche.

 In lontananza eco di musiche armoniose, forse sono canti e preparativi per il Natale o forse una festa di qualche villaggio sul fiume. Dalla notte presso l'ospedale-villaggio Schweitzer in riva al fiume si elevano mille voci misteriose che non so decifrare, sembra che tutti gli abitanti dell'aria si siano dati appuntamento, come se il cielo stesse per scoppiare. Ma forse le nostre paure sono come le stelle, ci sono sempre e sono sempre le stesse del giorno, solo che non oscurate dal sole e dalla sua luce di notte brillano di più.


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