mercoledì 20 dicembre 2017

Parigi: brunch, sprunch e soprattutto Gauguin

Tornando in albergo la sera prima dalla visita alla nuova chiesa russo-ortodossa mi ero fatta al tramonto la chiccosissima avenue de Montaigne con gli alberi illuminati e una mongolfiera gigante nel negozio Dior. Così l'indomani mattina ho deciso di continuare con la scoperta della Parigi natalizia. Sono pronta alle 10, una sveglia troppo mattutina non si addice alla mia pigrizia, la prenotazione della mostra di Gauguin al Grand Palais è alle 16,30, ho dunque tutto il tempo per farmela a piedi. Non è poco dalla Bastille fino al Grand Palais, saranno un cinque chilometri, ma è tutta dritta, rue de Rivoli, il Louvre, place de la Concorde, faubourg Saint Honoré, occasione e curiosità per una lustratina agli occhi nei quartieri alti.
Bellissimo il gioco di luci al Carrousel del Louvre, mi fa pensare allo stupendo soffitto di Fontana al Museo del '900 a Milano. Constato che ci sono code dappertutto, davanti al Museo delle Arti Decorative, per esempio, dove la mostra delle collezioni Dior suscita gran interesse, ma c'è la fila anche davanti al Caffè Angelina dove un "macaron" di tre centimetri di diametro credo costi un patrimonio, una bazzecola certo rispetto all'orsacchiotto del marchio Daum con i suoi 3970 euri, ma l'orso più piccolo te lo porti a casa a fare non so che cosa con soli 750, non era esposto invece il prezzo di questi magnifici e sobri scarponcini rossi con brillantini da uomo nella vetrina di un certo Philippe Plein che non conosco. Però è proprio vero che non si finisce di imparare, voi lo sapevate che oltre al "brunch" c'è anche lo "sprunch" ovvero  Spa + brunch, proposta dell'hotel Westin? E ci avevate mai pensato a mettere un paio di calzettoni belli pesanti di lana a losanghe con dei sandaletti d'oro, tacchi a spillo of course?
Ma siamo diventati matti? Non voglio fare la populista-terzomondista-pauperista, non ne ho i titoli, sono una privilegiata e ne ho la consapevolezza, ma quando è troppo, è troppo. Vedere delle improponibili scarpe presentate manco fosse la Monnalisa su un putto tutto d'oro, scarpe e borsette di Tod's con occhi, naso e bocca, scatole sagomate a forma di guanti o di osso di cane da Hermès, mi ha scandalizzata, messa davvero a disagio, è follia pura.
Lo so che l'industria del lusso tira l'economia e fa lavorare un sacco di gente, però faccio ugualmente fatica a capire, anzi, non capisco proprio. Gli amici che lavorano nel mondo della moda mi dicono che sono una sprovveduta, che è sempre stato così. Sarà, ma faccio bene a non andare mai nel quadrilatero della moda milanese, mi incazzerei, forse ci troverei come qui i "letti" sfatti dei senzatetto sui marciapiedi e, drammatica ironia, proprio di fronte c'è il cartello di una mostra al Louvre che si intitola "Théâtre du pouvoir", il teatro del potere. In lontananza si scorge la chiesa della Madeleine e sulle scalinate ancora tanta gente. Curiosi e fans che forse cercano tracce dell'idolo canoro Johnny Hallyday e della sua cerimonia funebre che si è celebrata qui ieri. Tutta la città era paralizzata, i Campi Elisi chiusi al traffico, pare ci fossero un milione di persone ad accompagnarlo.
Passiamo a cose serie, Gauguin certo non delude. Con opere provenienti dai più prestigiosi  musei del mondo e da collezioni private, la mostra al Grand Palais è ricchissima, fin troppo perché con tutto quel ben di dio a un certo momento la capacità di concentrazione scema e ho finito per guardare più velocemente l'ultima produzione, forse la più bella, quella degli anni in Polinesia e alle isole Marchesi. "Il diritto di osare tutto", così inizia la presentazione della mostra "Gauguin l'alchimista" che in breve sintesi  sottolinea la formidabile capacità dell'artista di sperimentare da autodidatta non solo le possibilità della pittura e della grafica, ma di altri materiali come il legno, la ceramica e poi la scultura e anche la scrittura. ("La Chanteuse" Portrait de Valérie Roumi 1880  legno di mogano e gesso parzialmente policromi  - "Cabinet" 1881 legno di ontano, policromie)
Vasi in grès in collaborazione col ceramista Ernest Chaplet  1886-1887-88
Vaso antropomorfo in grès. Ritratto di Gauguin a forma di grottesca 1889 -  "La toilette" 1882 legno di pero

Percorrere nuove vie, tentare ogni possibilità creativa, manipolare più materiali, associarli insieme e viaggiare in paesi sempre più lontani per curiosità, per fame di nuovi stimoli, per ricerca di se e di un paradiso perduto che il vecchio occidente non è più in grado di  offrire: quello di Gauguin è il percorso ricco e accidentato di un'anima inquieta e di un vero sperimentatore. Non a caso, in una lettera del 1889 al pittore Emile Bernard Gauguin parlerà di una "terrible démangeaison d'inconnu qui me fait faire des folies". Seguendolo nel percorso espositivo lungo le sue molteplici traduzioni artistiche emerge come "fil rouge" della sua vita un'eterna insoddisfazione, l'anelito ad andare oltre, di abbandonare il conosciuto per lo sconosciuto, di mettersi costantemente in gioco. Gauguin si vuole  selvaggio e barbaro, un ritorno agli albori della civiltà, quell'essenzialità della scintilla creativa che inseguono da sempre tutti i grandi artisti "Je vais à Tahiti et j'espère y finir mon existence. Je juge que mon art que vous aimez n'est qu'un germe et j'espère là-bas le cultiver pour moi-même à l'état primitif et sauvage" si trova scritto su una lettera del 1890 al pittore simbolista Odilon Redon. Il Perù dove trascorre i primi sei anni di vita con la famiglia e che lascerà un grande segno, la Bretagna, La Martinica, Arles, la Nuova Zelanda, Tahiti, le isole Marchesi, luoghi sempre più remoti per fuggire o forse meglio ritrovarsi, numerose tappe di un itinerario che certo non è solo geografico. ( "Giardiniera" inverno 1886-87, grès. Forse la prima ceramica realizzata da Gauguin, riprende l'incisione in legno "La Toilette" - "Tehura" o "Testa di tahitiana" o "Tehamana" verso il 1892)
"Soyez mystérieuses" 1890 legno di tiglio parzialmente policromo

"Deux femmes discutant" 1900 incisione su legno - Idolo tahitiano "La dea Hina" 1894-95 incisione su legno

Ho iniziato con qualche esempio della sua produzione in legno e in ceramica perché meno conosciuta ed esposta. Gauguin vuole dare dignità artistica alla ceramica che non deve essere solo artigianale o seriale produzione industriale. Il ricordo di vasellame peruviano collezionato dalla madre lo spinge, nell'atelier del ceramista Ernest Chaplet, verso nuovi modi di modellare la materia e creare nuove forme, nei suoi lavori ci saranno  motivi bretoni, ma anche andini- precolombiani, giapponesi visti alle esposizioni universali, martinichesi e più tardi polinesiani. Nel suo "Autoportrait au Christ Jaune" del 1890 l'artista sembra vedersi come un demiurgo. Indossa un maglione da marinaio perché è in procinto di partire, da un lato il vaso-autoritratto antropomorfo appena creato, dall'altro un Cristo in croce perché creare è sofferenza. Creatore come nel racconto biblico in cui  il gesto divino impasta l'uomo con una manciata di terra e di fango "avec un peu de boue on peut faire du métal, des pierres précieuses, avec un peu de boue et aussi un peu de génie!"
"Paysannes bretonnes" 1894 Olio su tela - "Joies de Bretagne" Suite Volpini 1889 zincografia

"Lavandières au bord du canal" 1888 olio su tela - "Femme Caraibe" 1889 olio su legno

E se guardiamo tutte le sue creazioni di donne,  diverse  risultano le situazioni e le geografie dei luoghi che vengono fissati sulla tela.  E   altrettanto diverse risultano loro: le bretoni con i loro costumi austeri e i copricapi tradizionali, l'esuberanza delle creole martinichesi, le polinesiane dai tratti marcati e la nudità naturale che non mostra pudore. Contadine e donne fatali intrise di sensualità, solo apparentemente diverse però perché, malgrado l'eterogeneità dei contesti, tutte sembrano rispondere alle stesse coordinate imprescindibili per l'artista, la semplicità, l'ancestrale quotidiano rapporto con la terra e con la natura, l'autenticità; è la ricerca di Gauguin di una vita degli albori, quasi archetipale. Le bretoni sono donne contadine, chiaccherano fra loro, lavorano i campi, curano il gregge di oche, le creole lavano i panni nel fiume e si ergono in mezzo a una natura lussureggiante, le polinesiani si gettano nelle onde e si lasciano osservare nell'eden della loro terra  ("Dans les vagues" 1889 olio su tela - "Tête de tahitienne" 1892-93 penna e inchiostro di china)
"Femmes de Tahiti" o "Sur la Plage 1891 - ""Ahaoe Feii? ( Eh quoi! Tu es jalouse?) 1892

Concludo con due foto del Carnet di "Noa Noa" perché è troppo bello. Si tratta del progetto di un libro che Gauguin voleva scrivere ed illustrare per raccontare la sua vita durante il suo primo viaggio a Tahiti e a questo fine realizza una serie di dieci incisioni su legno; una di queste si intitola Noa Noa che vuol dire "odorante" nella lingua locale, una parola che evoca il profumo inebriante dell'esotico fiore di tiarè. Il progetto non va in porto e nel suo secondo ed ultimo viaggio a Tahiti Gauguin porta con se l'album iniziale che continuerà fino all'ultimo a riempire di monotipi, foto, incisioni e acquerelli. L'amico pittore Daniel de Monfreid, entrato in possesso del manoscritto dopo la morte di Gauguin, ne farà dono nel 1927 al Museo del Louvre.  





2 commenti:

  1. Proprio bello: oserei dire uno dei migliori post della tua produzione! Bac

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  2. Sara, io sono nata nel mondo della moda e ho sviluppato un'allergia ad esso fin dalla più tenera infanzia. La mia mamma, di umilissime origini, ma di grande talento, ci si è trovata immersa fin dai 13 anni, cioè dalla morte del suo papà, e costretta a far quadrare le entrate di famiglia andando a lavorare come "piccinina" in una sartoria di Milano centro. Grazie alla sua maestria, da sartina è diventata un nome in via Montenapoleone. Nel suo intimo è però sempre rimasta una ragazzina proletaria timida, piena di senso di inadeguatezza e refrattaria alla vita del "quadrilatero". Io ho preso un po' da lei, temo.

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