domenica 6 dicembre 2015

Haifa: Giona con le valigie in mano

A Haifa con Eldad andiamo regolarmente a farci dei giri a Wadi Nisnas, il vecchio quartiere degli arabi cristiani situato nella parte bassa della città, fra il quartiere commerciale Hadar a metà della collina del Carmelo giù giù fino al porto. E' un labirinto discretamente scalcagnato di strade, stradine, vicoli e passaggi fra case abitate o abbandonate, finite a metà, più o meno sgarrupate, un'architettura squadrata molto essenziale, spesso come dei blocchi di pietra e sabbia.
Wadi Nisnas mi appare come un frammento di Napoli in Medio Oriente che offre spettacolo costante a cielo aperto e dove ci puoi trovare di tutto, dai carretti tirati dagli asini agli odori di cumino, menta e finocchietto selvatico, da un pianoforte abbandonato in un angolo  alle opere di strada di vari artisti  delle ultime generazioni, dalla vecchietta che fra un fagiolino e l'altro apre il thermos per offrirti il suo caffè profumato al cardamomo dopo che hai comprato frutta e verdura nel negozietto prospicente del figlio all' humus migliore di tutta la città, ovvero ceci, limone, olio di sesamo e sale frullati al momento davanti ai tuoi occhi e ti ci intingi dentro il pane. Fra dicembre e gennaio pare che molto saggiamente a Wadi Nisnas si celebri un'unica grande festa per il Natale, il Ramadan  e Hanukkah, tutti contenti insieme appassionatamente e che non se ne parli più!
In altra posizione, sulle colline del Carmelo con davanti una vista stratosferica del porto e dei declivi della Galilea, la casa museo del pittore ucraino Mané Katz, uno di quegli artisti dell'Ecole de Paris, il nutrito gruppo proveniente da tutta Europa sbarcato a Parigi nei primi decenni del '900 in cerca di libertà e fermento culturale (http://www.saranathan.it/2013/03/maudit-modi-e-compagnia.html). La città di Haifa gli aveva messo a disposizione questa casa, il pittore ci ha vissuto i suoi ultimi anni alternandola con Parigi e dopo la sua morte nel 1962 è diventata un museo con tutte le opere donate dall'artista.  
da sinistra a destra e dall'alto in basso opere di Mané Katz, Nathalie Kraemer, Reuven Rubin, Mané Katz 
Al di là della collezione permanente, l'attuale mostra temporanea si chiama "Wanderer" che potremmo tradurre con "Ebreo Errante", un tema arcinoto visto e interpretato attraverso la lente d'ingrandimento dell'arte. Nelle produzioni recenti si scopre che gli artisti più giovani israeliani non vedono più l'eterno ebreo ramingo per il mondo quale archetipo negativo dell'espulsione e della dispersione,  non si rappresentano più solo tristi vecchi dalla barba lunga e dai caffettani neri e lisi, l'ebreo errante si è trasformato in un "ebreo nuovo", un pioniere che si rimbocca le maniche e si mette a lavorare la sua terra. La progettualità del sionismo ha caricato le tele di libertà, si respira il vento di un nuovo inizio in Israele. Ho trovato divertenti un paravento "a piedi scalzi"e in chiave naif con evidenti  riferimenti biblici, un Giona bello sorridente che grazie a una comoda passerella sbarca sulla "terra promessa" dalla bocca della balena con due valigie in mano, buttati ormai alle ortiche volto emaciato e bisaccia del viandante.

Percorrendo la magnifica Louis Promenade e entrando nel Museo Tikotin di arte giapponese, oltre alla collezione permanente costituita da antiche pergamene buddiste, stampe,  ceramiche e ferri battuti del Sol Levante, saltando senza colpo ferire i millenni ci si ritrova catapultati nella Tokyo odierna con la mostra fotografica di  Kjeld Duits. L'obbiettivo del fotoreporter olandese vissuto a lungo in Giappone è puntato sul "Harajuku Style" ovvero lo "street fashion" della gioventù nipponica in quel quartiere molto "in" di Tokyo che si chiama Shibuya. Aiuto, che choc questa "contemporaneità", mi si è spalancato un mondo che non ho avuto tempo e modo di approfondire durante il mio viaggio da quelle parti.  
C'è in merito un ricco alfabeto, più stili e tendenze in continua evoluzione; il "fil rouge" che li accomuna tutti è forse il voler coniugare nella moda occidente e estremo oriente, passato e presente, tradizione e modernità. Lolita, Gothic Lolita, Sweet Lolita, Lolita Punk, Classic Lolita, Wa Lolita,  Oji e Kodona versioni maschili del femminile Lolita,  Gyaru, Ganguro, Decora, Shironuri, Bosozuku e molti altri ancora, non sono dei nomi ostrogoti come mi appaiono, ma corrispondono ognuno a una ben precisa tenuta vestimentaria in voga in quel del Sol Levante. Sarà...ma è disorientante, rassicuranti invece i classici Utamaro e Okusai


  
   

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