mercoledì 9 settembre 2015

Giappone: AFFITTASI AMICO

Altro che due locali più servizi, villetta al mare nel mese di agosto, rent a car, bicicletta, l'apparecchio lava moquette o  vetri, orchestrina, il mago alla festa dei bambini, sedia a rotelle per una gamba rotta o vestito in maschera per una serata a tema, qui si tratta di affittare amico/a per qualche ora e senza fraintendimenti, patti chiari e amicizia lunga, passeggiata e chiacchierata in un locale pubblico e basta così, la locazione proibisce di vedersi fuori dal tempo contrattuale, di andare a casa del cliente o di incontrarsi sulla sua vettura, per questo genere di situazioni resta sempre valido il più antico mestiere del mondo o le moderne escort, ma questa è un'altra storia. 
Ho letto l'articolo "Comment j'ai loué un ami" su Figaro Madame dello scorso fine settimana, 4-5 settembre e sono rimasta basita. La giornalista Agnès Redon informa sulle ultime novità dal Sol Levante, ovvero la nascita e il prosperare di agenzie che per qualche ora e non so quanti yen mettono a disposizione un orecchio pronto all'ascolto, un amico/a in affitto a ore.
Sarà che gli italiani sono cuore in mano e di parola facile, ma da ragazza facevo la volontaria in un'associazione che si chiamava "Telefono Amico" e sono andata a controllare, è  sempre attiva in molte città della nostra penisola, l'ascolto è ovviamente gratuito. Non così evidentemente in Giappone dove time is money e le regole sono sempre di acciaio. Tokyo conta più di 30 milioni di abitanti e la solitudine è in crescita esponenziale; temutissimo in Giappone, scrive la giornalista, il "kodokushi", la morte in solitudine, esiste pure una parola per dirlo, quando i genitori non ricevono mai la visita dei loro figli troppo occupati nel lavoro e nella carriera: aiutoooo!
Alla giovane Megumi Furukawa, che prima lavorava in un istituto di bellezza e di gente ne vedeva tanta, è venuto in mente di aprire la sua agenzia "Support One", che va a gonfie vele e può contare su un centinaio di clienti al mese, perchè si è accorta che la gente ha bisogno di parlare. E quando la molla non è la solitudine, lo è la pressione sociale, quel dover sempre salvare le apparenze, il diktat di "cosa penseranno gli altri"  in una società rigorosamente formale che impedisce di aprirsi nel profondo, di vuotare il sacco come fanno le nostre mamme napoletane, di raccontare incertezze, paure, preoccupazioni anche alla famiglia più stretta. Non solo "amici', si fa per dire, di poche ore, c'è chi in vista di un matrimonio prenota membri di famiglia in sostituzione della propria che non considera all'altezza (alzi la mano francamente chi non ha un parente di cui farebbe volentieri a meno) o clienti tipo quel pensionato settantenne che puntualmente una volta alla settimana vuole discutere in santa pace della sua passione per il vino e i suoi cari si sono stufati di ascoltarlo.
E poi parliamoci chiaro, una vera amicizia è impegnativa, richiede fedeltà, reciproca disponibilità, approfondimento umano mentre così è molto più easy, per l'orecchio affittato basta aprire il portafoglio senza nessuna implicazione emotiva o affettiva. 
Non ho voglia di lanciarmi in seriose, sociologiche riflessioni, opto per un chi lo sa, forse per i giapponesi è una normale evoluzione dei tempi abituati come sono stati alla tradizione delle costosissime gheishe che studiano per anni canto, musica,  danza e l'arte della conversazione per intrattenere gli ospiti. Nel frattempo mi lecco i baffi perché ho amici veri e oltretutto completamente gratis, forse devo ringraziare la mia buona stella che mi ha fatto nascere sulle sponde del Mediterraneo.

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