martedì 19 giugno 2012

21, rue la Boétie

E' la vecchia passione per l'arte moderna e le storie di vita di mercanti e collezionisti che mi ha spinto ad acquistare il libro "21, rue la Boétie" (edizioni Grasset) di Anne Sinclair, brillante giornalista televisiva nonché moglie di quel Dominique Strauss-Kahn, ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, ora tristemente alla ribalta non per le sue performances da economista. Si da il caso che Anne Sinclair sia la nipote da parte materna di Paul Rosenberg, "Je suis la petite-fille d'un Monsieur qui s'appelait Paul Rosenberg et qui habitait à Paris, au 21, rue de la Boétie" fra i più grandi mercanti d'arte del '900, sua l'esclusività di vendita per anni di Picasso, Braque, Matisse, Fernand Léger, Marie Laurencin, la musa del poeta Apollinaire, e non serve aggiungere altro per sottolineare il calibro del personaggio. Con il fratello Léonce Paul prende nel 1905 le redini della galleria paterna avviata ai suoi albori con l'acquisto di un Sisley per 87,50 franchi, ma nel 1910 i due fratelli si separano e ha inizio la solitaria, straordinaria avventura di Paul Rosenberg in rue  la Boétie.
 Ai piani superiori dell'immobile gli appartamenti privati, sotto la galleria grande e stupenda (inseriti nel pavimento, per esempio, ad ogni angolo quattro rettangoli in mosaico di Braque, copia fedele delle nature morte dell'artista),  punto di passaggio obbligato per tutti coloro che seguono l'evoluzione degli artisti innovatori dell'arte moderna; nella grande sala al piano terreno mensilmente si susseguono appesi alle pareti i quadri di Braque, Matisse e Picasso, al mezzanino invece le opere che ormai il pubblico ha imparato a conoscere ed apprezzare, i Degas, i Renoir, i Rodin, i Géricault, i Manet, i Delacroix, solo pezzi da novanta perché l'eccellenza nella scelta delle opere da esporre è il criterio principe del gallerista. Il mercante sa fare bene il suo lavoro, quando intuisce lo sguardo perplesso del cliente di fronte a forme e colori rivoluzionari,  lo rassicura  portandolo al piano superiore dove sono esposti gli artisti ormai consacrati, compresi ed accettati.
Attirare con il " vecchio" per promuovere il "nuovo", offrire opere "vendibili" come all'epoca erano già gli impressionisti o la scuola di Barbizon con Corot e Theodore Rousseau in testa per sostenere i nuovi artisti contemporanei che dipingono case che vacillano, donne storte dagli occhi sbilenchi o alberi viola. Usando una parola in voga oggi si potrebbe dire che  grandi galleristi e mercanti sono gli "sponsor" degli artisti, formano e educano il gusto del pubblico sempre lento, investono su di loro iniziando a comprare le loro opere quando ancora nessuno le vuole per consentire un lavoro sereno senza la preoccupazione di sbarcare il lunario,  orientano i loro sviluppi creativi, per Picasso per esempio andare oltre il cubismo o tornare dall'astratto al figurativo come sa fare Rosenberg che nelle esposizioni della sua scuderia ha " toujours l'obsession de montrer que l'art est une continuité et que les oeuvres qu'il expose et qui font hurler les bourgeois s'inscrivent dans la continuité de l'histoire de l'art de son pays". E questo instancabile lavoro di "sensibilizzazione" al contemporaneo, al "nuovo" Rosenberg lo farà fino all'ultimo istante della sua vita, negli anni '50 firmerà un contratto con Nicolas de Stael e tenterà di lanciare con scarso successo la pittura "purista" di Le Corbusier.
 Fin dall'arrivo di Hitler al potere nel '33, molti artisti prendono la strada dell'esilio. Non solo non possono esporre o vendere opere, ma addirittura creare perché è proibito l'acquisto di tele e colori, il solo odore di terebentina o la vista di pennelli umidi a una visita improvvisa della Gestapo rappresentano causa d'arresto (come segnala Nicholas Lynn nel suo testo "Le Pillage de l'Europe"). Il 3 settembre 1939, giorno della dichiarazione di guerra, Rosenberg chiude la galleria parigina e con la famiglia ripara a Floirac, vicino a Bordeaux, traversando Spagna e Portogallo seguirà poi un soggiorno a Sintra, a 25 chilometri da Lisbona, e infine nel settembre 1940 tutta la famiglia sbarca a New York, grazie all'aiuto del vecchio amico Alfred Barr, conservatore del MoMa, che spiegando alle autorità americane l'utilità della presenza di Rosenberg per la diffusione dell'arte oltre oceano, riuscirà a fargli ottenere l'affidavit necessario per sbarcare negli States. Rifiutano l'opportunità di salvezza Alexandre, il diciannovenne figlio di Rosenberg (fratello di Anne Sinclair) e due cugini  che scelgono di combattere raggiungendo Londra prima ancora della chiamata alla resistenza del Generale De Gaulle.
Rosenberg nel 1930 con un quadro di Matisse
E la storia di un luogo o di un quadro può risultare altrettanto  avventurosa di quella di un uomo: a seguito della disposizione di Hitler del 30 giugno 1940 di "mettere in sicurezza" opere e oggetti d'arte appartenenti agli ebrei, viene subito stilata la lista dei nomi dei galleristi che scottano, Berneheim-Jeune, Alphonse Kann, Seligmann, Wildenstein e Paul Rosenberg e con tempismo straordinario il 4 luglio, a distanza di solo quattro giorni, i nazisti sono già presenti  in rue la Boétie per impadronirsi di luoghi ed opere. Sotto la tutela della Gestapo la galleria diventa la sede dell'Institut d'étude des Questions juives la cui missione è fare propaganda antisemita e dar seguito alle denunce dei delatori, la foto del maresciallo Pétain e affiche antisemite si impossessano dei bianchi muri che prima avevano visto sfilare i capolavori di fine ottocento e dei moschettieri avanguardisti del primo novecento. Le opere conoscono destini diversi, alcune si salvano perché Rosenberg le aveva provvidenzialmente già spedite in America, fondo per la sua nuova futura galleria in Madison avenue o perché le aveva prestate per mostre ai musei d'oltre  oceano, le altre, la maggioranza, circa 400, nascoste in luoghi diversi finiranno nelle collezioni tedesche, Goering notoriamente fra i gerarchi più avidi.
Picasso: disegno di Paul inverno 1918-19
 Uno dei bottini più grossi quei 162 quadri chiusi in banca  a Libourne nella cassaforte forzata e svuotata dai nazisti nel settembre 1941, requisite nell'occasione pure le più belle tele di Braque che l'artista, rifugiato a Floirac dai Rosenberg aveva pensato di "proteggere" mettendole in una cassaforte accanto. Nell'agosto 1944 un distaccamento di truppe della II divisione agli ordini di Alexandre, il figlio di Paul, ferma a Olnay l'ultimo treno a destinazione Germania di opere d'arte rubate: 148 casse di arte moderna fra cui anche delle opere appartenenti al padre. Ricordo di aver visto un film in proposito tanti anni fa e Burt Lancaster interpretava l'eroico macchinista del convoglio.  A fine guerra il grande sforzo di Rosenberg sarà quella di recuperare soprattutto in Baviera e Svizzera questo straordinario patrimonio artistico, ma non tutte le opere faranno ritorno a casa, chissà in quali pareti in giro per il mondo hanno trovato la loro collocazione segreta.   Spulciando in profondità nei vari archivi familiari inediti e non  Anne Sinclair offre una documentazione ricchissima, emergono un numero impressionante di scritti, la corrispondenza che Rosenberg ha tenuto per decenni con i mostri sacri dell'arte; 214 lettere per esempio, ora al museo Picasso di Parigi, scritte fra il 1918 e la morte del mercante nel 1959 con l'amico Pic (Picasso). Picasso era venuto ad abitare al 23 di rue la Boétie, chiamava il gallerista"Mon cher Rosi" e i due erano diventati inseparabili, chiamandosi dalle finestre delle loro cucine rispettive che davano sullo stesso cortile interno.
Anne Sinclair a 4 anni dipinta da Marie Laurencin
 Quali gli aspetti salienti della personalità del gallerista attraverso gli occhi della nipote? " l'obsession de sa vie: ses tableaux, qu'il aimait comme des êtres vivants, leur récupération qui lui donna tant de mal, la volonté de faire valoir ses droits et celle d'assurer à ses enfants une vie confortable". Quale il suo rimpianto più grande? Come risulta dalla sua corrispondenza con Matisse e Picasso, quello di essere stato solo un mediatore e non un creatore "...les regrets de n'être que le passeur, jamais celui qui crée...." e ancora  " si seulement je pouvais créer quelque chose, si Dieu m'avait donné ce don, je trouverais un plaisir sans limites à le faire. Mais, hélas, je dois me conter de jouir de l'admiration que j'ai pour les créations des autres.... "


PS. le foto sono attinte dal libro





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