venerdì 3 giugno 2011

tagliar la corda

Ieri riflettevo, a volte mi capita. Ci sono persone sempre lancia in resta pronte ad affrontare le difficoltà con il dovuto coraggio, a trovare la risposta al momento opportuno, ad accettare le situazioni con la loro buona dose di incognite, a rimboccarsi le maniche e buttarsi nella mischia; cavalieri del quotidiano senza macchia e senza paura, si fa per dire, che sembrano saper vivere sempre in prima linea come spesso la vita richiede. Brave, le ammiro, bella energia, io invece (sic!) sono diventata specialista nel tagliar la corda; se fossi scrittore parlerei molto più elegantemente di "arte della fuga", credo anzi che in Francia sia uscito un libro con questo titolo, ma siccome purtroppo non lo sono, mi accontento di un prosaico "tagliar la corda". Già, come un buon segugio da tartufi ho imparato a fiutare da lontano la puzza di bruciato, il rischio di una possibile ferita, una situazione in cui rischierei di trovarmi a disagio, l'incontro con una persona che in perfetta buona fede e senza magari rendersene minimamente conto intuisco fonte di problemi, e allora evito, mi allontano, non mi metto in situazione, taglio appunto la corda. Non credo sia una scelta nobile e coraggiosa o un metodo strategico da imparare sui banchi di scuola, probabilmente anzi si tratta di codardia o pigrizia, ma è un manuale di sopravvivenza che negli anni sto mettendo a punto e poi, a forza di sentirsi dire che bisogna volersi bene e imparare a pensare anche a se stessi, si finisce per ascoltare e magari provare. Sarà anche colpa dei miei geni, di quella che Bruno Bettelheim definiva "la mentalità del ghetto", ma il fatto è che la violenza, anche nelle sue forme più blande e apparentemente innocue come un certo tono di voce, un modo non attento di rivolgersi, mi blocca. Non sono mai stata capace di urlare, di diventare paonazza rischiando di far scoppiare la giugulare, di sbattere la porta, di rompere i piatti, di brandire la scopa come Olivia contro Braccio di Ferro, di incanalare "fuori", come dicono gli addetti ai lavori della psiche, le mie pulsioni nefaste, la mia aggressività. Andare in escandescenze, nei limiti s'intende del lecito, forse non è poi così terribile come credevo, ti incazzi da morire, sbraiti per dieci minuti, ti sfoghi per benino e poi passa tutto. No, io sto zitta e immobile, mi viene il mal di stomaco e poi rimugino per anni, un disastro, figuriamoci se mollo la sigaretta, unico sublimatore esterno di ansie interiori. Da questa mia incapacità reattiva di "esternare" è scaturita la messa a punto del tagliar la corda. Certo gli si può attribuire una valenza totalmente negativa, chi non risica non rosica, non hai le palle, eviti invece di affrontare, magari chissà cosa ti perdi, ma le elucubrazioni della mente permettono anche una lettura opposta, quella in positivo, finalmente hai imparato a dire qualche no, riconosci ed accetti le tue fragilità e ti proteggi fegato e salute che non guasta.  

3 commenti:

  1. Coucou
    Tu n'es pas la seule à réagir ainsi, Sara, j'en connais une autre :) ! Et on se dit : Pourquoi je n'ai pas dit ça ? Pourquoi je n'ai rien dit ?!
    Mais il y a une voie médiane entre s'énerver tout rouge et ne rien faire : parler calmement, et dire ce qu'on a sur le coeur à la personne intéressée si elle est susceptible de nous écouter (sinon, ça peut être pire !), ou se le dire à soi-même (ça marche aussi). Même si ça ne change rien aux événements, ça a un effet très important : on agit, et on arrête de ruminer. C'est pas toujours facile, mais quel soulagement quand on le fait !
    Bacioni, Alex

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  2. Bello, Sara, bello-bello-bello ciò che scrivi: mi ci riconosco molto! Ma anche Alex esprime così grande saggezza nel suo commento che varrebbe proprio la pena per te di provare quanto suggerito. Per quanto mi riguarda, dopo anni e anni di mugugni e arrovellamenti e frustrazioni infinite, mi accorgo ora di aver imboccato questa nuova direzione: non lasciare più nulla di "non detto", non tenersi più sassolini nelle scarpe o macigni sul cuore. Potrei non avere più l'occasione di esprimermi, potrei perdere il contatto, potrei rimpiangere qualcosa... et alors, pourquoi pas? Franca Villani

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  3. grazie Alex e Franca per le vostre riflessioni, le condivido entrambe. Cicerone diceva "in medio stat virtus" e il venerabile maestro Buddha qualche secolo prima parimenti quando parlava di via mediana. Come per la ricetta di una torta, la difficoltà consiste nel trovare la giusta dose degli ingredienti. Ci provo, ma non sempre ci riesco. sara

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