lunedì 22 luglio 2013

Ischia: Gioia Mia


Un altro luminoso esempio di fantasia locale è "gioia mia", non l'intimo appellativo fra una coppia di amanti, non un genitore che apostrofa il suo bambino, ma un favoloso canestro di sfogliatella a 3000 calorie ripieno di panna e fragoline di bosco; "la fine du munno", come si usa dire da queste parti.  Mio figlio Marco, invitato anche lui al matrimonio ischitano non ha saputo resistere alla tentazione e se l'è mangiato socchiudendo gli occhi per il piacere come fa lui quando apprezza tanto una cosa. Io, consapevole di tutti i miei chili di troppo, ho solo guardato e sospirato.



Eravamo a Sant'Angelo, come il Castello Aragonese, altra appendice di terra dell'isola. Questa volta però non si tratta di un'appendice carica di Storia con la s maiuscola, nessun carcere borbonico o residenza di principi e re, ma dell'Ischia lavoratrice che tutti i giorni ripara le reti, deve affrontare pesca e mare e poi quella da bere, mondana, festaiola, godereccia.


Certo siamo molto lontani da quell'800 in cui Stendhal con una punta di snobismo intellettuale che certo non condivido osava scrivere nei suoi appunti di viaggio: " Passo quattro ore con i buoni abitanti di Ischia. Sono selvaggi dell'Africa. Ingenuità del loro dialetto". 
Sant'Angelo è visibilmente un vecchio borgo di pescatori che ha saputo mantenere intatto questo suo carattere anche grazie al divieto di accesso per le automobili. Architettura tipica dei paesini di mare, carruggi stretti, scale e gradini, le case pittoresche a ridosso l'una sull'altra, dedali che s'inerpicano, invitano alla scoperta e riservano sempre sorprese di angoli pieni di poesia.  

Buttando l'occhio dentro cortili e terrazze si scoprono ristrutturazioni e arredamenti da sogno, altro che le povere case di pescatori di un tempo. In effetti leggo sulla guida che a Sant'Angelo, fra locali e localini si concentra la vita notturna estiva dell'isola; ritrovo fra i più eleganti di Ischia, qui il turismo di élite si sposta dalle spiagge agli yacht di lusso che trovano approdo nella splendida baia. E poi nelle vicinanze i giardini termali di Aphrodite e la spiaggia dei Maronti, in assoluto la più famosa che negli anni ha visto sfilare tutto il bel mondo della ribalta. Mi sono chiesta come mai non sia venuto qui anche Churchill che notoriamente viaggiava un sacco ed era un gran intenditore di bei posti, ma non ho trovato traccia.


Personalmente le due immagini che ho preferito a Sant'Angelo sono quelle di un etereo manichino biondo dietro a una vetrina e quella di un vecchio pescatore dallo sguardo austero che seduto nel suo minuscolo balconcino osservava lo spettacolo del mondo. Forse perché mi sembrano riassumere i due volti dell'isola, turismo, lusso, mondanità  e la dura vita degli isolani.

mercoledì 17 luglio 2013

Ischia: Gaudium et spes

Gaudium et Spes, gioia e speranza, che due belle parole! Sono le prime di un importante documento letto da Paolo VI  nell'ambito del Concilio Vaticano Secondo, ma mescolando arbitrariamente il sacro col profano le ho trovate scritte sull'insegna di un negozio di oggettistica a Ischia Ponte; chi lo sa, le vie del business sono infinite, forse la riflessione papale rassicura e si vende di più! Poco lontano, sulla punta estrema di Ischia Ponte per gli amanti di pizza, polli allo spiedo e di un tocco di leggerezza isolana, c'è la trattoria Sciuè Sciuè mentre accanto, su un balcone sgarrupato, due statue suonano imperturbabili il mandolino e il tamburello.

L'autobus locale preso a Lacco Ameno, gremito all'inverosimile fra una divertentissima babele di lingue che spazia dal giapponese al napoletano, fa la sua ultima fermata a Ischia Porto dove approdano traghetti e aliscafi grazie alla volontà di Ferdinando II di Borbone che nel 1854 fece aprire l'insenatura per ospitare il porto e da lì inizia una bellissima passeggiata lungo tutta la baia fino al Castello Aragonese, visione magica davanti a Ischia Ponte.

Cammin facendo si incontrano taxi ape, due leoni in terracotta che sovrastano il portone d'ingresso del Palazzo Reale, ora sede militare chiusa al pubblico, le vecchie terme annunciate da pompose colonne, la strada pedonale fra vecchie case restaurate e non, varie chiese e chiesette, scorci urbani e paesaggistici di grande poesia, una moltitudine di negozi, bar e ristoranti, buganvillee vermiglie e viola a profusione.


Lasciato il lungo pedonale corso Colonna di Ischia Porto ecco Ischia Ponte, la parte più antica e più ricca di suggestioni dell'isola con tanti palazzi nobiliari e una lunga storia dietro le spalle. Entrando dal borgo e andando verso il castello aragonese, le abitazioni nobiliari sono tutte collocate sul versante destro, mentre le altre, costruite più basse in modo da non disturbare la vista del mare, sono sul versante sinistro.
Mi fiondo nel Palazzo dell'Orologio, un edificio settecentesco che era la sede del Parlamento degli Eletti Isolani. Per la verità non è il Museo del Mare, ospitato nel palazzo e che offre una panoramica sulla vita dei pescatori, delle tonnare e sulla storia della marineria isolana ad attirarmi, ma le vetrine della splendida libreria IMAGAENARIA.

E' fornitissima: casa editrice di racconti, memorie e testimonianze sull'isola, le ultime novità italiane e internazionali, stampe antiche. Un gatto intelletuale medita sul sapere universale e due signore chiacchierano dietro il banco. Fra loro non parlano in italiano, ma in polacco e io che riconosco l'idioma materno, tanto per attaccar bottone, mi metto a dire quelle poche parole che conosco, soprattutto imprecazioni che mia madre esprimeva nella sua lingua d'origine quando era incazzata. La signora più giovane si chiama Barbara, la proprietaria della libreria, e l'altra Alina. Entrambe polacche sono state "rapite" molti anni fa da due marittimi ischitani che per amore le hanno portate a vivere sull'isola. E così la signorina Alina Adamczyk per volere dei misteriosi fili della vita  è diventata la signora Aiello.  E' appena uscito il suo libro, "Le radici della zucca"  (Edizioni Libreria Dante & Descartes) che racconta dell'infanzia trascorsa tra Varsavia e la campagna polacca passando per la catastrofe della guerra e dell'invasione nazista, la ricostruzione del suo paese devastato entrato improvvisamente a far parte del blocco sovietico e la partenza, alla fine degli anni '50 per Ischia. "...Lui navigava per gli oceani, visitava porti esotici, si fermava in luoghi i cui nomi erano rimasti impressi da letture remote, mi scriveva da paesi che dovevo cercare sulla carta geografica, non sapendo collocarli se non approssimativamente su qualche continente...".
   
Appendice finale di Ischia Ponte, un'appendice superba da qualunque parte la si guardi sia dal mare che dalla terra ferma,  il Castello Aragonese, congiunto da un lungo ponte vecchio come la storia che racconta. Ben cinque portoni sinonimi di altrettanti ingressi danno al borgo la sua fisionomia di cittadella fortificata e la prima costruzione voluta dal Greco Siracusano Gerone I risale al 474 prima dell'era volgare. Sono poi passati i Romani e nei secoli successivi, saccheggi e lunghe dominazioni di Visigoti, Ostrogoti, Arabi, Normanni, Svevi e Angioini. L'eruzione poi nel 1301 del Monte Epomeo, la vetta più alta dell'isola, ha costituito una spinta notevole allo sviluppo dell'insediamento sul Castello: meglio per gli ischitani rifugiarsi sulla rocca garante di maggiore tranquillità. Nel secolo successivo Alfonso d'Aragona ricostruisce il vecchio maschio di età angioina, congiunge l'isolotto all'isola maggiore con un ponte artificiale e dietro le poderose mura e fortificazioni gli isolano trovano una volta ancora rifugio e protezione contro le incursioni dei pirati.

Verso la fine del  XVI° secolo, il periodo di massimo splendore, il Castello ospitava ben 1892 famiglie, il Convento delle Clarisse, il Vescovo col Capitolo e il Seminario, l'abbazia dei Basiliani di Grecia, il Principe con la guarnigione, 13 chiese di cui 7 parrocchie. Nel secolo successivo, cessato il pericolo dei pirati e con l'esigenza di nuove terre da coltivare, la gente ha cercato più comoda dimora nei vari comuni dell'isola. A inizio '800 gli inglesi hanno assediato la rocca, tenuta dai francesi, e l'hanno talmente bombardata di cannonate da distruggerla quasi completamente. Nel 1823 Ferdinando I re di Napoli manda via gli ultimi abitanti e trasforma il Castello in luogo di pena per ergastolani, poi in prigione politica per gli oppositori al potere dei Borboni. Infine nel 1860 con l'arrivo di Garibaldi a Napoli il carcere politico viene soppresso e Ischia si riunisce al regno d'Italia.



Accanto a quel che resta di palazzi e chiese, stradine e gradoni s'inerpicano tra gli edifici che mostrano il loro assetto di case agricole, con i forni per la panificazione e i cellai per la conservazione del vino e di altre derrate alimentari. Dal Castello Aragonese si gode della vista straordinaria degli scogli di S. Anna e della spiaggia di Cartaromana. Un tempo gli scogli erano raggiungibili soltanto via mare e una volta all'anno i fedeli si recavano alla vicina chiesetta di S. Anna a pregare. La processione per mare aveva luogo a fine luglio in occasione della festa della santa.