martedì 12 marzo 2013

ancora Lanzarote, ancora César Manrique



Ci manca solo la ciliegina finale che sarà il Parco Vulcanico Nazionale di Timanfaya, ma se il centro dell'isola è naturalisticamente spettacolare e altrettanto l'ovest col suo Lago Verde, sorgono ovviamente curiosità e  desiderio di avventurarsi all'est per vedere cosa riserva.



Nell'estremo nord c'è Orzola, altro villaggio di pescatori da cui si può raggiungere grazie un regolare servizio di barche a motore la vicina Graciosa coi suoi crateri vulcanici così rotondi che sembrano fatti col compasso, la più piccola isola dell'arcipelago soprannominata da Jean de Béthencourt "l'isola buona" e paradiso per chi ama le immersioni, separata da Lanzarote dallo stretto di El Rio.


Era in programma di andarci ma c'è un vento che levati e l'oceano borbotta schiumoso piuttosto incazzato, perciò ci accontentiamo di ammirarla da una postazione d'eccezione, lo straordinario "Mirador del Rio" poco distante da Orzola a 479 metri sul livello del mare. Nel tempo in questa posizione strategica estrema c'era una postazione militare di osservazione, ma nel 1973 il deus ex machina César Manrique l'ha trasformata in un  belvedere che spazia a 360 gradi.

 Costruita totalmente nella roccia con un'enorme finestra lunga che contorna tutto l'edificio, è un bar-ristorante molto minimale con i muri interni tutti intonacati di bianco com'è nello stile del nostro; gli ambienti architettonici integrati e come fusi nella natura mi hanno fatto venire in mente per analogia Matrix e gli spazi museali ammirati sull'isola Teshima in Giappone. Pranzare davanti alla finestra con la bellezza del mondo intorno è stato davvero un doppio nutrimento per spirito e corpo.

C'è lo zampino di Manrique anche ai Jameos del Agua a pochi chilometri verso sud di Orzola. Alla fine degli anni 60 l'artista-architetto ha creato una serie di strutture all'interno di queste cavità naturali formatesi all'interno di una colata lavica.



 Tramite una scaletta si accede al ristorante e poi a una gigantesca lunghissima caverna dove si trova un lago salato collegato all'oceano, tutto popolato da rare specie di granchi ciechi albini che si vedono perfettamente camminare sul fondo attraverso le limpidissime acque. Il fondale del lago si trova al di sotto del livello del mare, per cui la profondità dell'acqua varia con le maree. Sopra alle caverne si trova il Jameo Grande, un cratere trasformato in una scenografica piscina tutta circondata di piante e fiori tropicali.



Ma lo spazio che mi ha più impressionato è la grotta dell'Auditorium sotterraneo, famoso per l'eccezionale acustica. Un cartello spiega che le grotte vulcaniche sono strutture molto fragili, per cui la grotta dell'Auditorio è stata sottoposta a un delicato processo di stabilizzazione (con resine, fibre di vetro, saldature chimiche) durato vari anni, costante l'attenzione alla salvaguardia dei valori estetici e naturali del sito. E' stato inaugurato nel 1977, ha una capienza di 600 persone e viene utilizzato per le grandi manifestazioni culturali dell'isola.

Nel complesso dei Jameos del Agua c'è anche un museo di vulcanologia molto ricco di informazioni, grafici, foto, strumentistica. Leggo che il vulcanismo sottomarino era praticamente sconosciuto fino a che nuovi strumenti e tecniche hanno permesso l'esplorazione a grandi profondità a partire dagli anni 70. Si è così potuto finalmente scoprire e provare che la maggior parte dell'attività vulcanica della terra è sottomarina.

Dai Jameos del Agua si accede a piedi a La Cueva de los Verdes, altro luogo in cui la natura la fa da padrone. Si tratta di un tunnel vulcanico sotterraneo lungo 7 chilometri, originatosi in seguito a un'eruzione del vicino Monte Corona circa 5000 anni fa. L'accesso è modesto, solo una grande apertura nella roccia, non ti aspetteresti mai di scoprire come una città sotterranea.  
E' uno dei tunnel vulcanici più lunghi al mondo, formato da un canale di lava solidificata. Già dal XVII° secolo la popolazione locale si riparava nel tunnel  per sfuggire ai pirati e ai trafficanti di schiavi. Negli anni 60 si è installata la luce elettrica che ha permesso l'apertura al pubblico di un tratto di due km. Incredibile un piccolo lago sotterraneo che sembra profondissimo mentre invece sono solo 20 cm. di profondità: è l'effetto della volta in pietra che si riflette nelle sue acque. Un'altra delle caverne accessibili è stata adibita a sala concerti ed è lì che la guida del luogo ci ha dato le spiegazioni. 
Finite le scoperte "sotto" la terra, ritorniamo "sopra" con l'ultima bellezza dell'itinerario del giorno, il Giardino di Cactus, anche lui poco distante continuando la stessa strada verso il sud-est e anche lui frutto della concezione artistico-architettonica arte-natura di César Manrique. 

Davanti all'ingresso un immenso cactus-scultura  di materiale plastico, ma sarà l'unico "finto" seppur artistico, perché tutte le altre piante saranno vere vere.


giovedì 7 marzo 2013

El Golfo: una magica sorpresa


E un altro giorno ancora lasciamo la chilometrica spiaggia di Puerto del Carmen con ombrelloni e sedie sdraio vuote in fila, e meno male, in direzione costa ovest dell'isola. Il paesino El Golfo è una sorpresa graditissima, piccolo, autentico, ruspante, nessun cedimento turistico, un vero borgo di pescatori affacciato sull'oceano. E lungo la strada per arrivarci come sempre a Lanzarote gli occhi si incantano.

El Golfo ha un asso straordinario nella manica, ma non lo fa vedere subito, se lo tiene oculatamente nascosto dietro una collina, qualche centinaio di metri da percorrere su una terra rossa rossa, come un percorso iniziatico perché le vere bellezze sono sempre un po' segrete, bisogna andarsele a cercare e qualche bancarella qua e là piena di sassi ricoperti di "olivina", una pietra semipreziosa di colore verde oliva di cui la zona è piena.
  


E poi, inaspettatamente, improvvisamente, magicamente, nientepopodimeno che questo spettacolo, da restare ammutoliti. Il "Lago verde", originatosi da un vulcano sottomarino con il verde smeraldo delle sue acque dovuto alla presenza di certe alghe; intorno scenografiche rocce vulcaniche, come un'onda pietrificata di tutti i colori, una spiaggia di sabbia nera e poi l'oceano.





Peccato non essere geologi, peccato essere ignoranti e non capire niente di come si è potuta formare nei millenni una simile meraviglia, ma per intanto ci godiamo lo spettacolo, restiamo lì a guardare non so per quanto tempo, difficile andarsene.


Ricco il bottino del viaggiatore quel giorno: a pochi chilometri di distanza dal Lago Verde, a sud lungo la costa incontriamo Los Hervideros (i bollitori). Come suggerisce il nome le onde "ribollono" all'interno delle grandi caverne che si aprono nella scogliera alta 15 metri. 

Continuando per questo itinerario mozzafiato ci saranno le Saline di Janubio di cui ho già scritto nel precedente post "un mondo di sale" e per finire la giornata l'estrema punta sud di Lanzarote, un tuffo nella civiltà a Playa Blanca, nel passato altro vecchio villaggio di pescatori divenuto con Puerto del Carmen una delle mete di soggiorno più frequentate e preferite dai turisti. Ci siamo andate anche per acquistare il biglietto e vedere il porto da cui parte il traghetto per Fuerteventura, nostra meta successiva. Ristoranti, negozi, bar in grande quantità, ma tutti raccolti intorno alla bellissima baia e relativa passeggiata, splendenti in un terso tramonto.






mercoledì 6 marzo 2013

Lanzarote: el paraiso de los recuerdos


 Nel nostro girovagare alla scoperta della parte centrale dell'isola, le strade si snodano fra palme piegate dal vento, pale eoliche che roteano a tutta birra, statue di Buddha in un giardino che ti chiedi cosa cavolo centrano  e soprattutto il magico incontro con questa terra nero antracite con il verde delle colture che risalta come in un quadro e le jerie, questi muretti protettori di pietra, alla base centrale dei quali la sola vite piantata aspetta di crescere e che si estendono, come un paesaggio lunare, particolarmente nell'area della località La Geria fitta di vigneti.

Yaiza, Harìa, paesini considerati fra i più antichi e pittoreschi dell'isola, case bianche a forma di cubo, i tetti piatti col terrazzo in cima, palmeti, vicoli addormentati e silenziosi, se non fosse per la cura, l'ordine e la pulizia estrema dei luoghi e l'immancabile piazza centrale con la chiesa di matrice urbanistica tipicamente spagnola, sembrerebbe di essere in Tunisia o Marocco. Pranziamo vicino a Mozaga per vedere la Casa- Museo del Campesino che oltre ad oggetti e ambienti rurali, ospita vari laboratori dedicati alle antiche attività contadine di Lanzarote.

Chiaramente percepibile la mano di César Manrique nella sistemazioni dei luoghi ma per quanto concerne l'adiacente immenso Monumento al Campesino, meno lo si vede e meglio è. Bellissima invece una doppia sedia particolare che scopriremo nei giorni successivi essere usata sui dorsi dei cammelli per le gite verso il parco vulcanico di Timanfaya e dei modellini delle varie "ermite", le chiese dell'isola.

E poi là adagiata lungo i fianchi delle colline si erge Teguise, città fra le più ricche di storia, fondata nel 1418 da Maciot, nipote e successore di quel Jean de Béthencourt, cavaliere normanno sbarcato per la prima volta alle Canarie nel 1402 e ritornatovi due anni dopo con il sostegno della corona di Castiglia. Vinta la blanda resistenza dei pacifici "guanci", la popolazione autoctona delle Canarie, i conquistadores si installarono stabilmente sulle isole.

Con le sue ampie piazze e le vie in ciottolato costeggiate da belle case accuratamente restaurate per secoli Teguise testimonia di antichi splendore e ricchezza, non a caso è stata la capitale di Lanzarote fino al 1852 quando ha ceduto il posto ad Arrecife e non a caso è stata più volte saccheggiata dai pirati. C'è una strada che si chiama La Callejòn de la Sangre che deve il suo nome proprio al più grave di tali episodi e commemora le vittime del massacro avvenuto nel 1596.  Potrebbe certo raccontare queste storie l'eclettica chiesa Nuestra Senora de Guadalupe in pieno centro del paese eretta a metà del XV° secolo. 

Sul lato opposto della piazza della chiesa si trova il Palazzo Spinola di fine 1700, splendida residenza con un patio e un pozzo interni. Fino al 1989 sede ufficiale del governo delle isole Canarie, dopo i lavori di restauro del nostro César Manrique  e adesso è solo un bellissimo museo. 

C'era una mostra didatticamente articolata sul "timple", la chitarra a cinque corde tipica del folclore musicale delle Canerie, "il simbolo sonoro di una comunità" come titolava una didascalia e altre chitarre, parenti  vicini o lontani del timple provenienti da tutto il mondo. Le corde prima di essere modernamente di nylon o di fibra di carbonio erano fatte tradizionalmente con le interiora degli animali e malgrado caratteristiche comuni ogni artigiano crea e personalizza lo strumento a modo suo. 
Interessante anche leggere dei "diabletes", personaggi tipici di Teguise, presenti nel passato sui carri rituali durante le festività religiose, particolarmente durante la festa cristiana del Corpus Christi, massima espressione religiosa nel mondo iberico, in Sud America e nelle Canarie. Si sono persi nel tempo quei cortei rituali con grande profusione di danze e opere teatrali, ma laicamente convertitisi in feste profane come per esempio il carnevale i diabletes sono rimasti  a macchiare e spruzzare scherzosamente la gente e ogni paese delle Canarie ha i suoi personaggi caratteristici.   

Il mio luogo preferito però a Teguise è stato una casa ai limiti della cittadina, che con grande poesia il proprietario, nessuna indicazione sul suo nome, ha chiamato El paraiso de los recuerdos. Un vero bric a brac, disposti fantasiosamente in giardino in compagnia di statue bianche tantissimi vecchi oggetti di tutti i tipi. Mi ha ricordato a Puerto Varas in Cile il museo di Pablo Fierro fatto con materiali di recupero. (http://nathansara.blogspot.it/2012/03/con-la-frangetta.html)