lunedì 1 febbraio 2016

Bell'Italia: Burgus Finarii


Delle vacanze natalizie piuttosto lunghe, lo riconosco,  privilegio dell'età e della pensione, ma non senza approfittare nel viaggio del ritorno Nizza-Milano di due soste, bellissime entrambe, vale a dire Finalborgo e Noli e poi, per gli estimatori del genere, è notorio che a Finale c'è la miglior focaccia della Riviera di Ponente. Ed ecco Burgus Finarii, ovvero l'antica Finalborgo, presentato in un cartello come uno dei più bei borghi d'Italia, nato a fine del XII° secolo dal ripiegamento strategico da Savona del marchese Enrico II del Carretto per creare qui, nell'entroterra finalese, il centro del suo potere.

Con gli amici Marina e Giorgio, sempre d'accordo a girovagare, siamo entrati da Porta Testa. Presso questo varco si trovavano il mercato del bestiame e il dazio, le famose dannate gabelle, da qui passavano i prodotti dell'entroterra come il grano, la canapa e soprattutto il legname per i cantieri navali della Marina. La piazzetta antistante la porta era perciò una delle più animate di Finalborgo. E dalla vicina Finale Ligure, oltre alle navi da carico piene di mercanzie agricole, partivano ogni giorno le "sperunère", navi velocissime dirette a Barcellona con i dispacci che informavano i re di Spagna su tutto ciò che avveniva in Italia; evidentemente anche senza telefoni e internet ci si arrangiava benissimo. 
Subito varcata Porta Testa, semplicemente bellissimo il grande complesso monumentale del convento di Santa Caterina, eretto per volontà dei marchesi del Carretto nel 1359 sia per assicurarsi nel borgo l'influente presenza dei Domenicani, sia per procurarsi un grande mausoleo di famiglia. Antiche mura abitate da santi e carcerati perché negli anni il convento ha subito profonde modifiche, dal 1863 al 1964 è stato perfino trasformato in prigione. Integri per fortuna e da ammirare i due chiostri rinascimentali realizzati fra il '400 e il '500. 
Altra sorpresa le piazze di Finalborgo, un microcosmo di armoniose e variopinte architetture: la piazza del Tribunale e la piazza delle Erbe, intitolata ora a Garibaldi. Fin dal Medioevo piazza delle Erbe era il cuore pulsante intra muros, il centro dei commerci e della vita sociale.
Basta superare l'arco e pochi metri separano piazza Garibaldi dalla vecchia piazza del Grano, ora piazza Aicardi dove si trova l'omonimo teatro. Dall'esterno l'edificio è molto sobrio, sembra una casa e non un teatro, ma ho visto gli interni appena restaurati su internet e sono bellissimi.Ultimata a inizio '800 questa è la prima sala per spettacoli costruita il Liguria durante il periodo napoleonico ed è stata progettata dall'architetto finalese Giacomo Barella con l'aiuto dei fratelli. Una struttura capace di contenere 250 posti fra platea e due ordini di palchi, certamente una struttura d'avanguardia per l'epoca.
Francamente mi sarebbe piaciuto sostare a prenderci un caffè al Bar Centrale con la sua bella insegna o in piazza San Biagio dalla Contessa di Pernambucco perché il nome è troppo divertente oppure iscrivermi ai corsi di recupero per astemi, chissà, forse per un'acqua dipendente come me sarebbe stata la volta buona per imparare ad apprezzare il buon vino, ma ci aspettava l'uscita  da Finalborgo dalla Porta Reale, 

La Porta Reale è sempre stata l'entrata principale nel borgo per chi veniva dalla Marina. Questa porta nei secoli ha visto passare di tutto, mercanti, contadini e soldati, qualche volta anche re e principi, difatti viene chiamata Porta Reale perché è stata ampliata in occasione del passaggio del re di Spagna Filippo V nel 1702. Da questo varco si entrava in un borgo che controllava lo sbocco a mare delle vie di transito fra Liguria e Piemonte e questa di "sentinella del mare" è sempre stata la funzone di Finalborgo come venne pianificata nel XII° secolo dal suo fondatore, il marchese Enrico II del Carretto.
Burgus Finarii, piccolo si,  ma un bel concentrato di storia e di vicissitudini: dal lungo assedio dei Genovesi  e il borgo infine espugnato a metà '400 alle trasformazioni volute dai marchesi del Carretto e dalle successive dominazioni spagnole, genovesi e soprattutto sabaude. Per raccontare storie e traversie, più di libri e parole, eloquenti forse quelle insegne sbiadite e stemmi e blasoni  sui muri scrostati  che hanno però lasciato le loro tracce su portoni e case.


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