martedì 23 febbraio 2010

L'isola che c'è: CUBA

Ecco l'isola che c'è: Cuba. Partenza il 13 gennaio per 5 settimane, in tasca solo il biglietto aereo, qualche prezioso indirizzo offertoci da Rossella, da anni molto attiva per l'associazione Italia-Cuba e l'obbiettivo di fare il periplo dell'isola. L'avventura comincia.......

Hola Cuba, dopo un viaggio epico tra annunci di terremoto ad Haiti, ritardi nostrani causa neve a Milano e Madrid, ore interminabili di attesa e volo, eccoci arrivate alle 5 del mattino dopo 16 ore di volo. Il solito auspicato culo di Gastone è latitante, niente caldo tropicale, alla Havana fa un freddo eccezzionale che non ricordano da 20 anni. Dormiamo in una casa "particular" (il bad and breakfast locale; i privati sono stati autorizzati dallo stato una decina di anni fa ad affittare massimo due stanze delle loro abitazioni per rimpinguare il portafoglio drammaticamente vuoto) a Vedado, con Miramar i due quartieri residenziali più belli della capitale. Specifico subito cosa intendo per bello, non i pochi palazzi restaurati pacchiano kitch dai verdi e rosa e blu accesi che sembrano dei bignè


(ce ne sono parecchi nella città Vieja, il centro storico riconosciuto dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità), ma le case coloniali, moderniste, eclettiche, barocco cubano, tutti i frutti, rimaste délabré, sicuramente malinconiche e malconce, ma autentiche e ricche di fascino.


Le due stanze in affitto hanno il bagno in comune. Prima di sedersi sul trono si chiude la porta dirimpetto, un pò di intimità perbacco, sembra la scenografia di un vaudeville francese. Siamo fortunate, la padrona di casa è stato un personaggio di rilievo, sulle pareti noto sue foto con Fidel Castro, Raoul, Gorbatchev e persino Formigoni. Chiaccheriamo a lungo l'indomani a colazione


(frutta tropicale,ottimo caffè nero, pane, marmellata di guyava); Vera è laureata in storia ed interprete in simultanea in russo ed in italiano per il consiglio dei ministri. Nella sua veste ha presenziato a numerosi incontri politici di altissimo livello e non solo a Cuba, ecco spiegate le varie foto. Aveva 16 anni nel 1959, allo scoppio della Revolucion e malgrado le difficoltà del suo paese che vede e riconosce, credeva e crede tutt'ora in quegli ideali. Ci racconta con fierezza che lo slogan adottato da Obama per la sua campagna elettorale "Yes, we can", non è altro che il "Si, podemos", pilastro del programma di alfabetizzazione ed istruzione della revolucion. Tempi epici, quelli, erano 100.000 giovani che dopo un corso di formazione di una settimana a Varadero, con uniforme, stivali e calze per proteggersi dal fango, 12 matite tagliate a metà per avere più mina, andarono nelle campagne, prima totalmente ignorate, ad insegnare l'alfabeto, A come amor, R come revolucion e l'Usted, il Voi, pronome di sottomissione, adesso non serviva più, sarebbero stati tutti uguali e fratelli, finite tutte le discriminazioni, non solo fra ricchi e poveri, ma anche fra bianchi e neri, fra creoli (spagnoli con indios) e meticci( spagnoli con neri), con la revolucion anche il linguaggio cambiava. Vera ricorda le sue paure di allora, il vento che insinuandosi nelle piantagioni di zucchero e caffè faceva dei sibili da film dell'orrore e lei si stringeva forte forte alla classe dei suoi bambini. Lei si definisce una figlia dello zucchero e chiama "zuccherocrazia" il potere coloniale del passato, spagnoli, francesi, americani che hanno sempre sfruttato le risorse del paese ostacolandone autonomia ed indipendenza. Il "fatalismo geografico", la posizione cioè dell'isola, ha sempre fatto gola a tutti e solo la revolucion che non è un cambiamento di un preciso momento storico, ma un'idea globale del vivere, ha permesso l'indipendenza nazionale. Come definire -le chiedo- il sistema di governo? Una democrazia rivoluzionaria, è la sua risposta (qualcun altro pronuncerà la parola dittatura, ma a voce bassa e vetri chiusi, guardandosi bene intorno). Come Fidel mi dice -siamo orfani di padre e di madre- (il papà America ha decretato l'embargo e la mamma Russia li ha abbandonati nel '91 con il crollo del blocco comunista). Proprio interessante questa prima conversazione cubana, grazie Vera.
Dal Parque Central (piazza-parco onnipresente in tutte le città cubane, anche nei minuscoli paesotti) iniziamo la nostra camminata per il, centro Habana e l'Habana Vieja. Subito una statua dell'onnipresente José Martì, letterato, politico, eroe nazionale poichè grande protagonista dell'indipendenza di Cuba dalla Spagna nel 1898, poi l'imponentissimo Capitolio (su modello di quello a Washington) ed ecco stupende viuzze, piazze, case coloniali, patii


alberghi e bar storici: caille Obisco, Mercadares, Lamparita, Colon, Sol, la libreria la Moderna Poesia, la Plaça della Cattedrale, la cattedrale stessa in barocco cubano del XVIII secolo , ricca ma austera, una delle più antiche dell'America che ha ospitato le spoglie di Colombo ora a Siviglia.


La Plaça de Armas con il meraviglioso patio dell'Intendencia Contaduria y tesoriera general del esercito, la Plaça Vieja con i suoi bouquinisti,


l'hotel Ambos Mundos con la stanza museo dove alloggiava sempre Hamingway, il Floridita, caffè stupendo, vecchio bancone di legno, atmosfera rétro e la Bodeguita del Medio, entrambi luoghi d'elezione delle sbornie memorabili dello scrittore. La solenne fregatura è che Gastone ed io siamo totalmente astemie, con la nostra sistematica bottiglia di acqua minerale naturale, non facciamo mai onore ai vari aperitivi Cuba libre, Daiquirì, Pigna Colada, Mojito che qui scorrono a fiumi per la gioia di cubani e turisti.
Il secondo giorno all'Habana lo dedichiamo al nostro quartiere Vedado con il monumentale cimitero Cristobal Colon (se non sei eroe di guerra o non hai la tomba di famiglia,da morto stai per due anni in una grande cassa e poi ti mettono in una cassetta di gesso e ti impilano fra mille altri),

la sua grandiosa avenida del Paseo, ville neoclassiche, coloniali e tutti gli altri stili, giardini e spazi a profusione che termina con l'ombelico mundi, la Plaça de la Revolucion, immensa ed oltremodo significativa (creata nel 1920 ai tempi di Batista, si chiamava allora Plaça civica). Se basso e defilato è l'edificio del Comitato Centrale del Partito, immensi sono invece la Biblioteca Centrale con una gigantografia di nonno Karl con aureola in testa che dice "Vas bien, Fidel", il Ministero dell'Interno col Che, hasta la victoria siempre


e il Teatro Nazionale. Nel mezzo della piazza solito monumento a Martì con Torre Museo. Questo secondo giorno all'Havana ci serve anche per cominciare a scoprire il significato profondo dell'espressione più usata sull'isola, vale a dire: " no es facil". Già, no es facil trovare un taxi, no es facil avere un'informazione in fretta, no es facil comprare del pane, no es facil trovare una scheda telefonica, mangiare un gelato, cambiare i soldi, trovare una cafeteria dove fanno il caffè, comprare i biglietti della linea di autobus Viazul, sapere se il treno parte o no, ore interminabili e code kilometriche, tutto superburocraticizzato e costa un sacco, di più per gli stranieri, ma anche per i cubani è molto molto dura.
La nostra attività sociale è frenetica: Norge (fratello del cubano milanese Juan) con la moglie Dalia (con loro ceneremo su una torre con vista a 360 gradi sulla città) e visiteremo sul Malecon (il lungomare della capitale)


il mastodontico storico Hotel Nacional, dove fra molte altre aleggiano le ombre di Churchill, Sinatra e Lucky Luciano. Fino a pochissimi anni fa i cubani non potevano accedere a questi alberghi riservati agli stranieri per arginare il dilagare della prostituzione (questa la spiegazione ufficiale). Portiamo dei pacchi a Pilar, madre di Renata (artista cubana milanese d'adozione), incontriamo Las 3 Segnoras de la Habana, gruppo canoro locale e Maria Elena Pena, cantante famosissima a Cuba, la regina del bolero. Maria Elena ha conosciuto all'epoca Franco Laganà, il chitarrista di Renato Carosone in tournée sull'isola; grande amore, lui resta, si sposano e mettono su un'orchestra. A casa di Maria Elena, a parte le foto di lei giovanissima e bellissima con i grandi papaveri della revolucion, mi colpiscono quelle con Gabo, suo grande amico, quel Marquez mitico autore dei cent'anni di solitudine che hanno infiammato la mia gioventù. Da ultimo il simpaticissimo Osvaldo con due lauree in tasca che fa il taxista perchè si guadagna di più. Tutte queste persone ci raccontano la loro Cuba, pareri diversi e talvolta contrastanti, indispensabili per comporre il complesso mosaico della realtà; in comune, il riconoscimento di luci ed ombre, l'orgoglio di essere cubani e l'amore per la loro terra


1 commento:

  1. CIAO SARA CHE BELLO TORNARE A LEGGERTI!SONO GIA' ENTRATA NELL'ATMOSFERA CUBANA,CHE MI AVEVI ANTICIPATO ANCHE STASERA QUANDO CI SIAMO VISTE,BELLE ANCHE LE FOTO...ASPETTO IL SEGUITO!ADRIANA

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