venerdì 20 novembre 2009

Tel Aviv sweet home


Con Gastone siamo arrivate ad Eilat venerdì primo pomeriggio, passeremo la frontiera Itzak Rabin l'indomani all'alba per la nostra giornata a Petra. Di Eilat riconfermo la stessa impressione avuta nel mio viaggio del 2007, gli albergoni e l'architettura selvaggia fanno schifo, ma il sito è meraviglioso. Si attraversa il deserto del Neghev e si arriva sul mare, tutto intorno montagne rosse. A pochi kilometri sulla destra il Sinai e Taba in Egitto, vicinissima a vista d'occhio Akaba in Giordania sulla sinistra. Eilat ha il fascino che non so descrivere del luogo estremo, lì finisce Israele e comincia il Mar Rosso. Ho conosciuto altri due luoghi estremi, Kanyakumari, la punta sud dell'India e Key West, appendice finale della Florida nell'oceano. Che cosa hanno di magico questi luoghi, al confine ultimo fra terra ed acqua? Non lo so, ma qualcosa è diverso, ti senti in culo al mondo.


Credo che dalle mie note traspaia, Tel Aviv mi è piaciuta tantissimo, mi ci sono trovata come a casa, come se ci vivessi da sempre, sarà il richiamo delle radici, in fondo ci sono nata. E' molto vivace, cosmopolita, verdissima, puoi circolare senza pericolo anche da sola a tutte le ore del giorno e della notte, caffè, ristoranti, negozi sempre aperti, le strade, la spiaggia affollate e tanti, tanti giovani. Manco di senso di orientamento e di solito mi perdo, non a Tel Aviv perchè è squadrata come la vecchia Nizza, tutte le strade parallele o perpendicolari al mare, non si può sbagliare. Come dire, l'impressione di una città semplice da vivere, molto informale. Israele è un fazzolettino, dalla stazione degli autobus in via Arlorosoff, con due euro (l'età avrà pur qualche vantaggio) in un'ora sei a Gerusalemme o a Haifa o sul lago di Tiberiade, in mezz'ora a Cesarea. Come in tutte le città del sud e d'oriente si vive all'esterno, c'è colore, casino, disordine, rumore, l'impressione del provvisorio, del mai finito, dietro a un bell'angolo calcinacci e sterpaglie; nel contempo nelle pasticcerie sfilano sacher e torte di formaggio bianco come a Vienna, la filarmonica è di grandissimo prestigio, ricche proposte culturali, perchè l'80% degli abitanti delle vecchie generazioni proviene dall'Europa ed ha portato con se un pò del suo mondo. Trovo questo mix di oriente ed occidente pieno di fascino.


Tel Aviv, The White City, città giovanissima, festeggia quest'anno il suo centenario; è stata iscritta nel 2004 dall'Unesco sulla lista del patrimonio mondiale per i suoi edifici, pura architettura Bauhaus. Delle 4 mila case in questo stile, solo 360 sono state rinnovate a spese dei proprietari, mancano i fondi pubblici. Se le vedessi una per una isolate o in un altro contesto urbano, probabilmente le troverei povere e malconce, ma tutte insieme nei lunghi viali ora alberati attribuiscono alla città un suo carattere omogeneo ed accattivante. Quando ad inizi 900 Tel Aviv è cominciata a spuntare dal nulla, sulla sabbia, necessitava di un'architettura economica, semplice, veloce e che sapesse tradurre architettonicamente quegli ideali socialisti e egualitaristici dei nuovi pionieri arrivati dall'Europa in Palestina. La scuola del Bauhaus, fondata negli anni 20 in Germania da Walter Gropius, col suo stile geometrico, sobrio e funzionale rispondeva proprio a queste esigenze. Nella nuova Germania nazista degli anni 30 non c'è posto per queste idee innovatrici, la scuola deve chiudere, molti architetti emigrano in Palestina, Tel Aviv diventa l'occasione di sperimentare sul campo.

Un pò mi dispiace, ma è ora di tornare. Se tento un bilancio mi dico che queste 5 settimane sono state bellissime e varie.

sono stata sola:


con i ragazzi:

con le amiche Thea e Gastone:


con Miriam, compagna di scuola delle medie ritrovata 40 anni dopo:


ho potuto abbracciare il cugino paterno a Gerusalemme:


festeggiare con i cugini materni a Ramat Gan:


stupire davanti al deserto:


nuotare nel vecchio Mediterraneo:


godere dei tramonti:


ho visto cagnotti locali pisolare profondo:



Niente niente male, mi sa che....... prima o poi ci ritorno.

1 commento:

  1. Quasi quasi ci torno anch'io... magari con te?
    Ricordo Tel Aviv, collina della primavera, non come città verdissima, ma un agglomerato di palazzi seminuovi e mal tenuti in una zona spelacchiata senza alberi. Sarei curiosissima di vedere il quartiere Bauhaus, i parchi e i grattacieli che hanno cambiato la sua fisionomia. Però la vivacità c'era anche trent'anni fa, con la presenza di cittadini da di tutto il mondo, tutti giovani, tutti belli, tutti sfacciatamente simpatici. Anche allora lo spirito era piuttosto newyorkese: Tel Aviv, the city that never sleeps.

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