Francamente non ce lo aspettavamo: prima di tutto di avere Jonathan, Zacharia, Joussuf, Amer, Bechir, ben 5 uomini a nostra disposizione, più seguite di un prezioso pacco DHL e poi avevamo pagato per un viaggio collettivo e non individuale (pare che la comitiva in partenza da Eilat fosse di 47 russi e gli organizzatori hanno pensato bene di non mescolare due italiane raffinate (sic) con i rustri del Volga. Questa spazzolata al nostro ego è certamente merito del solito culo di Gastone.
Due ore in macchina, prima attraverso la Desert road e poi la Kings road, sissignore, la strada dei re, tutt'intorno qualche accampamento beduino, qualche villaggio e soprattutto deserto e montagne a perdita d'occhio. I colori sono il giallo dello zolfo, il blu ed il nero del manganese, il rosso del ferro, il bianco del silicio, le stesse stupefacenti formazioni già ammirate nel parco naturale di Timna, alle miniere di re Salomone vicino ad Eilat due anni fa, ma in proporzioni centuplicate. Dopo le città nabatee di Shivta, Mamshit, Nizzana, Haluza, Avdat visitate nel Neghev, finalmente Petra, la capitale. La strada sale e sale, si inerpica fra sassi, sabbia e tornanti, la bellezza non è mai facilmente accessibile. Questi Nabatei, nomadi originari della penisola araba, nelle loro preregrinazioni saranno pur stati pirati e briganti, ma diventano ricchi perchè abilissimi commercianti di incenso, mirra e delle spezie più preziose. Iniziano una loro sedentarietà rifugiandosi nel deserto che per loro funge da fortezza. L'assenza di acqua lo rende in effetti inaccessibile agli estranei e solo i Nabatei riescono a viverci grazie alle loro straordinarie capacità di controllo delle risorse acquifere. Scavano canali, costruiscono acquedotti e serbatoi, posano tubature di ceramica, riescono a convogliare verso la loro città l'acqua di tutte le sorgenti anche distanti parecchi kilometri ed a conservare ogni singola goccia di acqua piovana: un vero capolavoro di ingegneria idraulica.
Lo storico Strabone nella sua opera Geografia, scritta nel primo secolo d.C. relata in modo ammirato del sistema civico dei Nabatei:
" Poichè hanno pochi schiavi, vengono per lo più serviti dai loro congiunti o si servono a vicenda da sè stessi, cosicchè l'abitudine si estende anche ai loro sovrani. Il re è così democratico che, oltre a servirsi da solo, qualche volta e quando è il suo turno, serve anche gli altri. Sovente egli rende conto della condotta dei suoi familiari nelle assemblee popolari e ogni tanto il suo modo di vivere stesso viene esaminato".
Uno stupefacente canyon lungo più di un chilometro con rocce di quasi cento metri di altezza. Bellezza non descrivibile, formazioni geologiche dalle forme più strane, scorci di luci ed ombre, riflessi di raggi di sole che illuminano i vari colori della pietra, canali d'acqua e nicchie votive scolpite nella roccia.
In qualche modo un cammino iniziatico verso l'improvviso splendore del cortile naturale col Tesoro, un monumento funerario per un re nabateo del primo secolo ante C.interamente scolpito nella pietra con una piccola camera totalmente vuota sul retro che probabilmente serviva per accogliere il feretro.
I beduini credevano che non solo questo monumento, ma tutta la città di Petra servisse da magazzino per le ricchezze del faraone depositate qui per magia; consideravano però che questo monumento, il più sontuoso, fosse quello che contenesse il nucleo più prezioso del tesoro.L'urna scolpita in alto era considerata il vero scrigno e ogni beduino col fucile sparava mirando all'urna ad ogni passaggio (tipo pentolone della cuccagna), sperando ardentemente che le ricchezze del faraone gli piovessero addosso. In realtà neanche l'ombra del tesoro e l'urna malamente butterata.
Vista questa credenza del tesoro, è facile capire perchè sospettassero di ogni viaggiatore straniero e quanto sia stato complicato per gli archeologici organizzare delle visite (venivano vestiti all'araba per non destar sospetti). Il Tesoro non sono monili d'oro e gemme preziose, ma lo straordinario lavoro dell'uomo e la bellezza della natura, secoli e secoli per comprenderlo.
Dopo il Siq ed il Tesoro, la strada si allarga, si accede ad un immenso anfiteatro naturale, molte altre tombe scolpite più o meno riccamente, il teatro romano, un lungo viale pieno di colonne circondato da templi ed edifici pubblici, una parte di pavimento di marmo ricostituito.
Il tramonto si avvicina rapido, lo spettacolo straordinario di qualche ora sta per finire, ripercorriamo a malincuore il Sik in senso inverso e ci chiediamo se tutto quello che abbiamo visto, emozionante, bello, troppo bello, era vero oppure un sogno.
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