giovedì 24 settembre 2009

Londra, si fa per dire


Un lungo week-end a Londra, così, giusto per dire un riferimento geografico sulla carta, in realtà del Tamigi e di Piccaddilly Circus neanche l'ombra, arrivo e partenza dall'aeroporto di Luton e poi soggiorno a Shenley, una delle tante periferie medio borghesi della capitale. Ma va bene così, l'obbiettivo non era fare del turismo nella City, come tante altre volte in passato, ma rivedere il mio amatissimo cugino Eldad, conoscere finalmente sua figlia Tchelet e vivere per la prima volta in vita mia Rosh Hashanà, il capo d'anno della mia tribù in un ambiente prettamente ebraico e secondo la tradizione (nostalgia forse di riti mai celebrati). Obbiettivo raggiunto. Eldad è israeliano, abita e lavora a Londra da moltissimi anni ed ha sempre vissuto da laico con la moglie Hagar nata e cresciuta in un kibbutz comunista in Galilea. Ma adesso le cose sono cambiate: nella loro vita è entrata Tchelet (vuol dire azzurro in ebraico), una piccola guatemalteca che ha ora due anni, bella, intelligente, simpatica, mangiona e naturalmente viziatissima. Perché Tjelet si senta ebrea deve vivere in un ambiente consono e per essere accolta e riconosciuta in seno alla comunità, legittimo e coerente desiderio dei genitori adottivi, ci vuole l'assenso del tribunale rabbinico (particolarmente severo in Inghilterra, in Israele tutto sarebbe più facile) che vaglia la preparazione dei genitori a dare un'autentica educazione ebraica alla bambina. Morale della favola, la famigliola ha completamente cambiato le sue abitudini, in casa si mangia esclusivamente kosher (le regole alimentari dell'ortodossia): due frigoriferi, due lavelli, due servizi di pentole, bicchieri, posate e piatti per non mescolare gli alimenti di carne con quelli di latte, Eldad va a pregare tutte le mattine alle 6 in sinagoga, Hagar fuori casa si copre sempre la testa col cappello come deve fare una donna sposata ed entrambi prendono individualmente anche lezioni di Torah (il Pentateuco). Una vera rivoluzione per loro e modestamente anche per me che sono andata a trovarli, rischiavo per ignoranza e superficialità dei casini tremendi e chiedevo quale cassetto aprire prima di prendere anche una tazza di caffè o un cucchiaino, e poi ci si meraviglia che gli ebrei siano complicati e spacchino il capello in quattro. Tranne un giro venerdì a Saint Alban, deliziosa cittadina medievale a pochi kilometri, le ore sono passate tra giochi con la piccola, pranzi e cene festive e l'andare in sinagoga, a due kilometri di distanza, a piedi, perché Sabato è il sacro giorno del riposo e la macchina deve restare in garage. Quando mi sono vista camminare per strada con Hagar con la gonna lunga ed il cappello in testa che salutava in ebraico, inglese o yiddish le altre famiglie dirette allo stesso posto, ammetto che mi ha fatto un certo effetto. La comunità ebraica di Shenley (conta circa 600 persone, non tutte però sono iscritte) è molto simpatica ed accogliente, toilette da prima della Scala (d'accordo la festività importante), un defilé di cappelli da far sbiancare la regina Elisabetta, notoria estimatrice. A falde larghe, stretti, alti, bassi, di sbieco, baschi, alla pekos bill, fiocchi, piume, neri, colorati, bicolore, non sapevo cosa guardare per primo. Le funzioni sono alternate da canti, certi veramente molto belli, il rabbino a volte spiegava e faceva dei discorsi (mannaggia al mio pessimo inglese non capivo niente), per fortuna c'erano le delucidazioni di Eldad, per me era veramente tutto nuovo non avendo mai frequentato luoghi di culto. La sinagoga è piccola e allora fuori in giardino erano montate varie tende dove venivano organizzate attività e funzioni più corte a seconda delle fasce di età dei bambini. Per un pò mi sono infilata con Tchelet fra i più piccoli, è meno serio e più divertente. Si cantano molte canzoni in inglese e con qua e là parole ebraiche tipo
Dip the apple in the Honey
Make a Bracha loud and clear
L'Shana Tovah U' Metuka
Have a happy sweet New Year

(sulla musica di My darling Clementine)
oppure
Apples, apples, apples, honey, honey, honey
They're so yummy in my tummy
con la musica di Macarena
Viene infatti offerta una fetta di mela intinta nel miele perché l'anno che verrà sia dolce. Molto triste constatare che come in tutti gli altri luoghi del mondo, all'esterno della sinagoga sia organizzato anche qui un servizio di guardia (anche Eldad fa un turno), il rischio attentati è sempre dietro l'angolo. Bellissima invece l'atmosfera comunitaria che si respira, tutti si conoscono e si riconoscono nel loro essere riuniti là. Rifletto, da cane sciolto quale sono sempre stata, non ho mai partecipato ad alcuna collettività e non conosco la gioia del ritrovarsi, anche per i miei cugini è un'esperienza recente e ne sono felici. Domenica, dopo la funzione in sinagoga siamo invitati a pranzo da amici sudafricani, ma ci sono anche americani, israeliani, inglesi ed una coppia della Rhodesia, insomma il solito pot-pourri ebraico. Un casino tremendo, quantità di cibo pantagrueliche (in Israele si usa così alla american style), dico good luck ad una giovane signora con la pancia a punta che mi sembra incinta, scoprirò in seguito che è solo grassa, c'è persino il cane Max, un monello barboncino bianco che tenta di salire sui tavoli per fare self-service con gli avanzi e qualche volta ci riesce pure. Pranzo simpatico ma totalmente demenziale, sembrava un film di Groucho Max, forse però mi può servire da training per il mio prossimo viaggio in Israele ad ottobre.



Giustamente Tchelet mi ha fregato il posto, la cameretta ora spetta a lei, io piazzo le stanche membra in sala in una branda pieghevole da campeggio, quando l'ho vista mi è venuto un colpo, invece ci ho dormito benissimo, Urrahhh, sono ancora giovane. Ammiro Hagar ed Eldad perché non è facile assumere una scelta così impegnativa; mi rendo conto "dal vivo" che vivere secondo la Torah coinvolge veramente la vita quotidiana e richiede sacrifici e rinunce, ma cosa non si fa per una figlia tanto desiderata e per salvaguardare e trasmettere l'identità in cui si crede. Mi sono messa a raccontare questi giorni londinesi perché sono bloccata per 5 ore all'aeroporto e sono incazzatissima con Easy-Jet , dunque sbollo i fumi dell'ira…. scrivendo seduta ad una panchina e meno male che non piove.

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