lunedì 22 giugno 2009

Nissa la bella e i pensieri immobili


Ebbene si, lo confesso, mi succede purtroppo di pensare anche da ferma. Scrivo purtroppo perchè i viaggi della mente sono altrettanto avventurosi di quelli dei piedi, ma non sempre parimenti forieri di immagini positive e gioiose di terre lontane e vicine. Quando i piedi vanno, gli occhi si fanno cannocchiali, i pori del naso si dilatano, spalancate le orecchie, le mani esplorano, il palato si apre a sapori sconosciuti, i 5 cavalieri del nostro rapporto fisico al mondo si mettono sull'attenti, la mente è solo una collaboratrice, serve a sintetizzare e rielaborare il festino dei sensi, non si occupa di sè, ma di quanto avviene intorno. Ma se stai ferma, se fai un viaggio immobile, è una fregatura solenne direbbe Chatwin e con parole ben più sapienti in realtà l'ha scritto in quel suo bellissimo libro "Anatomia dell'irrequietezza", capitolo "Questo nomade nomade mondo". Chiusa fra le quattro mura di una stanza, circoscritta in uno spazio delimitato, la protagonista, il deus ex machina diventa lei, la mente, strumento straordinario e terribile pieno dei suoi misteri che gli scienziati tentano da sempre di decifrare, nostra alleata o nemica di fronte agli accidenti della vita, potente o vacua a seconda dell'età e dell'allenamento dei neuroni. I monaci tibetani pare ne abbiano il controllo supremo, sono selettivi, scelgono i pensieri che vogliono, quelli negativi o dolorosi sanno come buttarli via, come incanalarli altrove, alla peggio un pò di meditazione, tecniche di respiro o visualizzazioni e oplà, si fa il vuoto in testa, pulizia generale natalizia e pasquale insieme. Beati loro, io non ne sono capace e subisco i capricci della mente, mosca irrequieta che vola qua e là e notoriamente non si posa solo sui fiori.

Il mio giardino nizzardo è il punto di partenza e di arrivo dei miei pensieri, un microcosmo che racchiude tutto, discreto, accogliente, rispettoso. Ci vengo da vent'anni, lo amo, la palma di un suo angolo, acquistata un tempo minuscola e rasoterra, è ormai diventata un albero che sfida il cielo. Quando ha voglia di parlare il mio giardino racconta tante cose, dei ragazzi con gli amici che giocano, delle feste per i compleanni della nonna, di quella memorabile del 2000 con la forma intera di grana eternamente in pista, dei pranzi al sole sul tavolo da ping pong tutto addobbato, delle fatiche tremende, ma piene di soddisfazione, per piantare, potare, togliere le erbacce, la sorpresa di una nuova fioritura, la gioia di una talea che ha attecchito; racconta anche di silenzi, di solitudine e di vuoti, della vita che fugace passa e cambia. Il giardino è insomma un testimone non muto di tutte le stagioni, quelle calde ed assolate, quelle gelide che intirizziscono. Stupenda la parola "testimone", racchiude l'altalena di una vita intera in 5 consonanti e 4 vocali.

Mi chiedo perchè ne parlo, perchè ne scrivo, perchè affido ad un computer, strumento tentacolare della modernità, riflessioni intime che appartengono solo a me. Cosa importa dei miei viaggi, emozioni e riflessioni? Dire di sè non è forse invadere lo spazio altrui, chiedere un'attenzione che non sempre si può o si ha voglia di prestare? Quanti rompiscatole bussano alla porta nell'arco di una vita, meglio non aprire. Una gran corsa per tutti, il lavoro, precarietà e perdita di sicurezze, aspirazione al successo e ritmi sempre accellerati per mantenerlo, fallimenti e sedute dallo strizzacervelli per rielaborarli come dicono gli addetti, gli oneri della famiglia a tre generazioni tra figli, nonni e nipoti, la salute che improvvisamente rimanda alla vulnerabilità della specie homo sapiens, per non parlare di madre natura che con un virus, un'onda anomala o un terremoto chiede attenzione e fa la voce grossa. Difficile in questo marasma fermarsi, fare una sosta per ascoltare sè stessi, per ascoltare gli altri. Il giardino di Nissa la bella, come la chiamano in provenzale, fa questo regalo a chi lo frequenta, offre una zattera in mezzo al mare.

Io credo che scrivo per condividere, condividere aiuta, da' un senso al percorso, quella camminata solitaria che è la vita con qualche compagno di viaggio, figli, amici, tutti coloro a cui vuoi del bene. A vent'anni il telefono è bollente, ore intere raccontandosi di tutto e di niente con i genitori che urlano perchè la bolletta sale alle stelle; alla mia età si tenta di pensare e si scrive, comunicazione forse più rispettosa e silente, ma un messaggio d'amore comunque. Un modo magari per dire, non ci sentiamo, non ci vediamo, troppo traffico sulle nostre strade, ma penso a te e ti regalo qualche mio pensiero.

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