martedì 29 aprile 2014

Bienvenidos al Canal de Panamà!

Riprendo un concetto che devo aver senz'altro già menzionato, ma a cui viaggiando e ripensandoci ritorno inesorabilmente, ovvero il perché delle emozioni che certi luoghi suscitano più di altri. A volte è semplicemente la bellezza del luogo, altre le persone che incontri, altre ancora magari le circostanze in cui si è stati in quel luogo. Può però succedere che nessuna di queste ragioni sia quella buona, è ciò che il luogo rappresenta, per posizione geografica o per la sua storia quello  che ti tocca veramente e scrivendo queste righe penso a Panama, ultima tappa del nostro viaggio e naturalmente al suo Canale che mi viene da scrivere con la C maiuscola da tanto è importante.
La storia del Canale parte da molto lontano. Già agli inizi del XVI° secolo, quando gli spagnoli sono arrivati nell'Istmo di Panama si è pensato alla necessità di costruire una rotta che collegasse gli oceani Atlantico e Pacifico che allora veniva chiamato Mare del Sud. Pedrarias Dàvila, il governatore che ha fondato Panama nel 1514, su disposizioni della Corona di Spagna, ordina la costruzione terrestre di una Strada Reale utilizzata per molti anni per trasportare ricchezze e mercanzie provenienti dal Perù e dalle altre regioni della costa pacifica fino a Portobelo nei Caraibi.
 Il primo vero tentativo di costruire una rotta acquatica attraverso Panama lo si deve ai Francesi a partire dalla fine dell'800. La Colombia, di cui all'epoca Panama fa ancora parte, firma nel 1878 la Convenzione Salgar-Wise che attribuisce a una società francese una concessione di 99 anni per costruire e gestire un canale nell'Istmo di Panama. Per l'impresa la Francia mette in campo grandi competenze e grossi nomi, a capo dell'impresa c'è quel Ferdinand de Lesseps che con grande successo ha ideato il canale di Suez inaugurato nel 1869 e al suo fianco, oltre a un esercito di17.000 manovali, uno stuolo di ingegneri e tecnici fra cui il celeberrimo ingegnere Gustave Eiffel. Ma il clima dei tropici non è uguale a quello asciutto e secco del deserto, le giungle tropicali panamensi poggiano su un suolo fragile che si sgretola con le piogge torrenziali distruggendo e vanificando in poche ore il lavoro di mesi e poi si aggiungono febbre gialla e malaria che decimano i lavoratori. I francesi costruiranno una grande parte del canale, ma fra ritardi, spese ingigantite, gli azionisti che non vorranno più finanziare, l'impresa non verrà portata a termine e leggo che complessivamente durante i lavori sono morte 25.000 persone; si sono scavate migliaia di tonnellate di terra, ma anche fosse per morti a mai finire e mi viene da pensare alla bellissima metropolitana di Mosca costata anche lei un numero spropositato di vittime. 
Il 3 novembre 1903 Panama si separa dalla Colombia e diviene indipendente e appena due settimane più tardi il nuovo stato firma una Convenzione con gli Stati Uniti per la costruzione del Canale che verrà portata a termine e inaugurata nel 1914. I termini dell'accordo fra Panama e Stati Uniti del 1903 verranno ripresi e corretti  più volte fino al documento definitivo Torrjios-Carter del 1977 in cui si sancisce che il 31 dicembre 1999 cesserà definitivamente la gestione americana del canale e inizierà quella panamense. La via acquatica è amministrata dall'Autorità del Canale di Panama (ACP- Autoridad del Canal de Panamà), un ente governativo autonomo.   
Il Canale è lungo 81,6 km. e opera mediante un sistema di tre gruppi di doppie chiuse ognuna lunga 305 metri e larga 33 m.che funzionano come ascensori d'acqua che elevano le navi al livello del lago Gatùn, a 26 metri sul livello del mare, per permettere l'attraversamento della Cordigliera Centrale e successivamente le fanno riscendere a livello del mare sull'altro lato dell'Istmo. Le chiuse di Gatùn sul versante Atlantico, quelle di Pedro Miguel e di Miraflores sul versante Pacifico, in mezzo, ma non il solo, il lago artificiale di Gatùn. Il Canale di Panama è operazionale 24 ore su 24 per tutto l'anno, passano all'incirca 35- 40 navi al giorno, la traversata del Canale dura circa 8- 10 ore ma con tutte le varie operazioni si arriva a una media di 24 ore. Attualmente le navi traversano 12 ore in un senso e 12 nell'altro, ma con  l'ampliamento previsto in atto e non ancora ultimato per problemi e interruzioni varie, si raddoppierà la capacità ricettiva del Canale e verranno aperti contemporaneamente i due sensi.
Vediamo le navi passare da un grande terrazzo alle Chiuse di Miraflores, tra l'altro, manco a farlo apposta, transita proprio allora una che si chiama "Cielo di Palermo". Molto interessante poi il Museo del Canale ai piani inferiori. Da una parte foto che documentano tutta la lunga e tormentata storia della costruzione del Canale, una massa incredibile di uomini che venivano dalle coste caraibiche e dai paesi limitrofi, ma anche spagnoli, italiani, greci, armeni; dall'altra una ricca documentazione di quei 326.000 ettari che rappresentano l'area. Molto complesso e articolato il bacino idrografico del Canale costantemente monitorato, al suo interno tre laghi, tre dighe e 26 corsi d'acqua fra cui l'importantissimo fiume Chagres che assicura la maggior parte dell'acqua indispensabile per la sopravvivenza del Canale ( una profondità minima di dodici metri e mezzo) tenendo conto del fatto che ingresso ed uscita delle navi provoca una grande dispersione d'acqua.

I proventi del Canale vengono suddivisi in tre parti: un terzo per gestione e manutenzione corrente  del Canale, un terzo per un fondo sempre a disposizione del Canale e un terzo per il governo panamense. La somma da pagare dipende naturalmente dalla stazza della nave, 419.000 dollari la cifra più alta riscossa finora e 36 centesimi la più piccola, quella di un tipo che il Canale se l'è fatto a nuoto impiegandoci 10 giorni. Certo 419.000 dollari per un'attraversata possono sembrare un prezzo faraonico, ma se si tiene conto di quale scorciatoia marittima rappresenti il Canale, evidentemente il gioco vale comunque la candela per il commercio mondiale. Sui canali di Francia, sul Volga, di chiuse ne ho viste e attraversate tante, ma il Canale di Panama è proprio un'altra cosa, una grande emozione.

domenica 27 aprile 2014

Panama City


La Lonely Planet scrive: "Sappiate che non è possibile guidare un veicolo dalla Colombia a Panama- la Panamericana infatti si ferma a Darién Gap. Non sono tuttavia mancati i temerari che hanno affrontato gli 87 km. proibiti in fuoristrada e persino a piedi, ignorando i pericoli e rischiando di incontrare guerriglieri, paramilitari o narcotrafficanti".
Non sono per nulla temeraria e ci sono arrivata in volo, ma ero molto contenta e curiosa di andare  a Panama, pensavo soprattutto alla visita del Canale e al Casco Viejo, l'antica e storica città vecchia, patrimonio dell'Umanità Unesco per le sue architetture coloniali, ma chi se lo aspettava di trovare una specie di Manhattan con grattacieli che levati? E già prima dall'aereo e poi nel tragitto in autobus che ci portava all'albergo nel Casco Antiguo  ho cominciato a capire che mi ero sbagliata di grosso, qui non si trattava solo di antichità più o meno restaurate e di vicoli acciottolati, c'era ben dell'altro. Palazzi e stucchi fatiscenti o splendenti che hanno un ricco passato da raccontare, certamente, ma anche una parte di Panama metropoli modernissima.
Il grande architetto e designer francese Philippe Starck a Panama City in Avenue Balboa ci ha fatto un grattacielo che sembra rivestito d'oro tutto pieno di appartamenti di super lusso da affittare; di fronte all'Oceano Pacifico e proprio all'ingresso del Canale l'incredibile Frank Gehry con le sue architetture decostruttiviste che sembrano origami di carta ha disegnato il progetto del Museo della Biodiversità;
Banche, uffici, business di tutti i tipi di società off shore che battono bandiera panamense. Tra le attività principali oltre naturalmente ai proventi del Canale, i servizi finanziari, turistici e logistici. Il settore industriale ha scarsa rilevanza con la maggior parte della produzione orientata ai prodotti agro-alimentari, voce comunque minore dell'economia panamense, ma il paese vanta ingenti riserve di rame e miniere d'oro poco sfruttate. Secondo i dati della Banca Mondiale, Panama ha il PIL pro capite più elevato di tutta la regione centroamericana e costituisce la terza economia dell'America Centrale dopo il Guatemala e il Costa Rica.  
Sarà così senz'altro, non sono un'esperta di economia, ma leggo che sperequità e disuguaglianze fra Panama City e il resto del paese non mancano, ho imparato da un pezzo che se ci sono due polli in circolazione non vuole assolutamente dire che abbiamo un pollo ciascuno come semplificano le statistiche e poi basta guardare dove e come viva la gente nel Casco Viejo, proprio di fronte e a un tiro di schioppo dalla metropoli, decisamente un altro mondo. 
Queste semplici intuizioni me le conferma Francesco, un amico carissimo che non vedevo da molti anni. Sapevo che era andato a vivere a Panama e appena arrivata gli ho subito telefonato. Alla sera mi è venuto a prendere in albergo, ho lasciato i compagni del gruppo e me ne sono andata a cena a casa sua. Bello rincontrarlo, conoscere la sua famiglia, ascoltare delle sue esperienze. Lui lavora per il World Food Programme, un dipartimento della Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite con sede centrale a Roma, che ha il mandato di aiutare ad accrescere i livelli di nutrizione, migliorare la produttività agricola e la vita delle popolazioni, combattere contro la fame nel mondo. Riaccompagnandomi a fine serata mi ha fatto vedere dove lavora e mi ha fatto notare come tutti i grattacieli di Panama City avessero le luci spente, dietro a quelle finestre non risiede quasi nessuno. Si vedono le speculazioni edilizie ma non gli inquilini che dovrebbero abitarle.
Due mondi: da un lato Panama City, dall'altro il Casco Viejo, la vecchia Panama, in mezzo zolle di terra lasciate dall'oceano.      

venerdì 25 aprile 2014

Johnny Cay, Haynes Cay e Acuario


Ebbene si, l'isola di San Andrés ha le sue dépendances,  le sue due isole, Johnny Cay e Haynes Cay,  belle e minuscole come due fazzoletti, ma per davvero. Venti minuti di attraversata e ci sei.
Lungo il percorso  si scorge la parte più moderna e costruita di San Andrés.



Johnny Cay è un isolotto corallino di quattro ettari tutto ricoperto di palmeti e circondato da una lunga spiaggia di sabbia bianca. Appena sbarcati, mettono i turisti in circolo sotto una tettoia, spiegano tutte le cose cui si deve stare attenti perché l'isola è un parco naturale, ci si ritrova in mano il buono per un aperitivo, il "coco loco", il "cocco pazzo" è quello che va per la maggiore, e poi uno, due, tre, liberi tutti. Fortuna che eravamo fuori stagione, chissà il caos umano per le vacanze!  Oltre alle palme, iguane a volontà e certe lucertolone blu di cui non conosco il nome.

Per gli scorci panoramici e per i vari colori stratosferici dell'acqua, una tavolozza di verdi e di blu, è molto più affascinante a mio parere la seconda meta del giorno, ovvero  Haynes Cay, raggiungibile in  mezz'ora di barca da Johnny Cay.
Si sbarca su Acuario, una lingua di terra se possibile ancora più piccola dove bambini e grandi si divertono a fare snorkelling nell'acqua bassa fra le rocce coralline e poi borsa in spalla si traversa a piedi un tratto di mare per raggiungere Haynes Cay. Forse esagero, ma ci si potrebbe trovare a Lilliput.  
Il personaggio più interessante di questa giornata marina visitando le isole dell'isola San Andrés mi è sembrata una gigantesca razza che per un'ignota cifra si fa fotografare e io ne ho approfittato gratis. Per fortuna da queste parti non ci sono gabbie o animali feroci da esibire e ognuno s'ingegna come può per sbarcare il lunario. Non so se la razza "addomesticata" sia contenta del suo lavoro e non sono nemmeno riuscita a capire come il suo padrone se la tenga vicina, comunque lei, povera, fa il suo dovere e sembra pure che, a modo suo, sorrida.